Il primario di Terapia Intensiva del San Raffaele a “L’aria che tira”
- “Ho dato da mangiare per un anno a personaggi in cerca di ribalta”
- “Se incontro uno con una mascherina in un bosco, penso sia un potenziale paziente psichiatrico”
- “Non vado da Lilli Gruber perchè mi troverei davanti il plotone d’esecuzione”
A distanza di un anno dal polverone sollevato dalla sua dichiarazione “il Coronavirus clinicamente non esiste più”, Alberto Zangrillo torna a “L’aria che tira” e non si pente della sua affermazione.
“Io oggetto di miserabili speculazioni”
“Non sono stato per nulla audace, ho semplicemente fotografato la realtà – sentenzia – Il clinico fotografa la realtà, che sia bella o brutta. Se è bella si sente maggiormente spinto a renderla pubblica. Un anno dopo, di quella frase non mi rimangio una virgola, è stata oggetto di miserabili speculazioni da parte di tristi personaggi in quotidiana e affannosa ricerca della ribalta mediatica. Ho dato da mangiare loro per un anno. Un anno dopo siamo qua e le dico che oggi accade esattamente quello che è accaduto un anno fa con la differenza che adesso abbiamo un presidio fondamentale rappresentato dai vaccini”.
“Noi non sappiamo quanto ci tuteleranno i vaccini – aggiunge – auspichiamo tutti in grande misura ma siccome le varianti circolano conviverci vuol dire identificarle nelle persone malate e curarle tempestivamente. Io resto ottimista se noi diamo spazio a tutte le misure che hanno reso il nostro sistema sanitario grandioso nel mondo perchè ci siamo fatti del male da soli dipingendo un numero di morti che non è assolutamente superiore a quello di altri paesi europei, come Francia e Inghilterra. Semplicemente li hanno contati in modo diverso”.
Zangrillo a Myrta Merlino: “Ecco perché vengo da lei e non vado dalla Gruber”
Il primario del reparto di Terapia Intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano spara a zero contro Lilli Gruber, anche lei volto di La7 come Myrta Merlino, conduttrice de “L’aria che tira”. “Non accadrà mai ma se io dovessi andare di fronte a Lilli Gruber una sera avrei davanti il plotone di esecuzione – spiega – Forse vengo da lei perché la considero leggermente più buona, meno animosa nei miei confronti. Io non sono né di destra né di sinistra. Sono un medico”.
La frecciata a Galli: “Ho curato suoi pazienti che altrimenti sarebbero morti”
Alberto Zangrillo ne approfitta anche per lanciare una stilettata a Massimo Galli, direttore dell’ospedale Sacco di Milano, con cui si è trovato spesso a battibeccare in passato. “Io non ce l’ho con nessuno, voglio soltanto essere lasciato in pace e se dico che non vado in televisione riesco a stare via dalla televisione per 6-7 mesi – dice – Faccio un mestiere in cui curo i malati e soprattutto curo i malati gravi, quelli più difficili. Curo quei malati che mi vengono anche dall’ospedale Sacco. Ne ho presi almeno cinque che sarebbero altrimenti deceduti. Lo vada a chiedere ai miei colleghi dell’ospedale Sacco di cui ho grande stima, quelli che come me fanno i rianimatori. Fare il rianimatore non vuol dire intubare o stubare una persona, significa curare le disfunzioni d’organo e occuparsi dei malati più gravi perché altrimenti muoiono. Per fare il mio mestiere bisogna essere dei medici molto completi, responsabili, umani. Qualche volta sbagliamo perché siamo essere umani ma sbagliamo in buona fede”.
“C’è differenza tra essere un popolo di beoti e persone responsabili”
Nel finale, Alberto Zangrillo ci va giù pesante e sentenzia: “Quando sono in montagna su un sentiero in mezzo ai boschi e vedo che in lontananza c’è uno con la mascherina, penso che quella persona sia un potenziale paziente psichiatrico. Convivere con il virus vuol dire comportarsi con molta intelligenza, avere rispetto degli altri, che i giovani non devono fare gli stupidi e comportarsi da parte responsabile della comunità sociale. In questo momento ci sono decine di migliaia di anziani tramortiti e spaventati, che non escono di casa da quindici mesi. È la differenza tra essere un popolo di beoti e un popolo di persone responsabili. Probabilmente facciamo più presa se pensiamo di controllare un gregge di beoti, invece io mi aspetto molto di più dai miei concittadini”.
Quando disse “il coronavirus è clinicamente morto”
Un anno fa, Alberto Zangrillo azzardò che il Covid non esistesse più da un punto di vista clinico. “Fare l’affermazione che ho fatto io non vuol dire esortare le persone a essere in qualche modo sconsiderate e poco responsabili – dichiarò a “L’aria che tira” – Ritengo, e in questo sono assolutamente in linea con tutti i miei colleghi che se ne sono occupati, che le misure di distanziamento, di lockdown, di prevenzione siano servite per portarci a questo punto e ora vanno mantenute. Non voglio essere assolutamente strumentalizzato dal punto di vista politico perché ci hanno tentato in tanti a farmi entrare in politica negli ultimi anni e morirò da medico. Come ho sempre affermato, il virus è con noi e noi dobbiamo imparare a conviverci. Se ci sarà una seconda ondata in autunno? Chiunque si possa permettere di dire che ci sarà, dice delle cose che non hanno senso da un punto di vista scientifico. E’ come se io venissi a dire ‘penso che a Milano, il giorno di Sant’Ambrogio, nevicherà. Questo per dire che dobbiamo mantenerci aderenti alle evidenze che ci dicono che la cosa sta prendendo una piega positiva. Di questo tutti noi dobbiamo essere felici, dobbiamo continuare a mantenerci prudenti, osservare disciplinatamente quello che ci viene indicato ma prepararci a rivivere e riprendere in mano il nostro futuro, soprattutto da un punto di vista sanitario perché abbiamo trascurato tantissime patologie che non devono essere trascurate a lungo, altrimenti si apre un altro gravissimo problema”.