Vincenzo Spadafora: “Il primo fidanzato a 35 anni. Mia zia Nina mi aveva predetto tutto”

14 Marzo 2024, 15:07

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Vincenzo Spadafora compie 50 anni e fa un bilancio della sua carriera e della sua vita privata. L’ex sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ex ministro per le Politiche giovanili e per lo Sport in un’intervista al “Corriere della Sera” rivela: “Ho vissuto esperienze umane e professionali che mai avrei sognato. Sono partito da Cardito, periferia di Napoli, poco più che adolescente e non mi sono più fermato”. Una battuta d’arresto, in effetti, c’è stata: il 25 settembre 2022 quando alle elezioni politiche anticipate non è stato rieletto. “Sono decaduto da parlamentare il 17 ottobre – ricorda – ho avuto un forte calo di adrenalina, ‘curato’ subito con un viaggio in Colombia ed Ecuador per Terres des Hommes, con cui collaboro ancora oggi. A dicembre ho realizzato il sogno di un Capodanno a New York. Solo a gennaio ho detto: e ora? Ricordo i pomeriggi sdraiato a fissare il soffitto”.

“Mio padre era un uomo perbene ma aveva la fissazione del posto fisso”

Con l’oblio spariscono anche molte persone. “Lo avevo pronosticato già nel mio libro ‘Senza Riserve’ – dice – c’è un 40 per cento di persone che spariscono, un 30 che continua a farsi vivo perché ‘non si sa mai’, un 30 che per fortuna rimane”. Vincenzo Spadafora fa un passo indietro, più precisamente alla sua infanzia, alla famiglia, alle origini. “Padre ferroviere, mamma casalinga – racconta – Sono il terzo di tre figli, mio padre mi ha avuto a 50 anni e questo ha pesato sulla nostra comunicazione. Mi diceva: ‘ma da dove te ne sei uscito’. Non capiva il mio impegno: mentre frequentavo il Liceo classico organizzavo i convegni per l’Unicef, raccoglievo le firme. Lui mi chiedeva: ‘fai tutto in cambio di niente?’. Era un uomo perbene, ma aveva la fissazione del posto fisso. Quando l’Unicef mi ha chiesto di trasferirmi a Roma era contrario”.

“Con Rutelli ho capito che per governare bisogna essere un amministratore: leggeva tutte le carte”

Con Roma è stato amore a prima vista: “Decisi che non l’avrei lasciata mai, anche quando il presidente della Regione Campania Andrea Losco mi volle con sé. Si iniziava alle 7, davanti al Palazzo c’era ogni tipo di manifestazione. Più che una vetrina, fu una palestra. Nel 2006 Francesco Rutelli, all’epoca Ministro della Cultura, mi ha voluto a capo dello staff. Ho visto mio padre rincuorato. Con Rutelli ho capito che per governare bisogna essere un amministratore: leggeva tutte le carte”. Il suo impegno con l’Unicef si corona nel 2008 quando ne diventa presidente. “Ho toccato la sofferenza di un genitore che non può dare ai figli quello che vorrebbe – svela –  sono stato nominato primo Garante per l’infanzia e l’adolescenza, ma nel 2016 Laura Boldrini ha deciso che ci voleva una donna. All’epoca la vidi come un’ingiustizia, invece ora la ringrazio: il giorno dopo mi chiamò Luigi Di Maio”.

“Di Maio è di Pomigliano d’Arco – aggiunge – un’uscita di autostrada prima di casa mia. Riuscimmo subito a stabilire un legame: l’idea originaria era che i Cinque Stelle dovevano essere un movimento di protesta e non di governo. Luigi aveva visto più lungo e mi chiese aiuto. Avevamo stima reciproca: lo convinsi a fare il ministro degli Esteri anziché del Lavoro, aveva i numeri giusti. Abbiamo fatto coppia fissa fino al limite delle illazioni di Vittorio Sgarbi, che poi si scusò”.
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“Solo a 49 anni ho trovato tempo di prendere la patente”

Riguardo al suo impegno come ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora dice: “Senza presunzione mi do un 8. Ho fatto approvare una riforma che avrebbe dato più diritti e tutele a migliaia di lavoratori ma i miei successori l’hanno annacquata. Pe me essere un grillino è una grande opportunità: il Movimento ha riportato il Paese alla partecipazione attiva alla politica. Un valore e un limite: molti non erano preparati. E io, con la mia esperienza, ero visto come non puro”. Poi aggiunge: “Il potere non vuole dire godere di privilegi: ho fatto la gavetta, ho lavorato fino a 14 ore al giorno rinunciando alla vita privata. A 49 anni ho trovato tempo di prendere la patente”. L’ex ministro parla dei suoi nuovi progetti. “Mi sono arrivate proposte del privato. Ma la passione per la politica è prevalsa: dopo le Europee lancerò un network, a cui ho lavorato in questi mesi, di persone e associazioni che operano con successo nei loro territori in vari campi. Insieme, daremo al centrosinistra il nostro contributo per definire un’identità comune”.

“Non è un partito – precisa – faccio quello che mi è più congeniale: metto insieme le persone, soprattutto su temi come il volontariato, il sud, le periferie, i diritti. Fuori dal Palazzo ho incontrato realtà che si riconoscono nei valori progressisti ma che non trovano interlocutori nel centro sinistra. Anche le recenti elezioni in Abruzzo e persino quelle in Sardegna esprimono l’urgenza di riuscire a mobilitare maggior partecipazione, soprattutto dei giovani”.

“Dopo il coming out in tv mi arrivò un fiume di messaggi, mi scrisse anche Tiziano Ferro”

L’ex ministro spiega meglio il suo progetto: “Da qui al 2027 abbiamo tutto il tempo che ci serve per provare ad alzare il livello delle proposte, senza rincorrere le polemiche del giorno. Già dai primi incontri che faremo a Napoli, Roma e Milano vogliamo portare idee che tengano in conto il presente ma guardino al futuro: l’entità delle crisi in atto su ogni fronte, dal lavoro alle tecnologie, dalla crisi climatica alle disuguaglianze, è tale che occorrono proposte dirompenti”. “In questo progetto porto me stesso – continua – l’essere gay ma cattolico praticante, che non vuol dire frequentare i cardinali. La vita mi ha portato ad essere più cose insieme”. Vincenzo Spadafora ha fatto il suo coming out in tv nel corso di un’intervista con Fabio Fazio. “Dopo la trasmissione mi arrivò un fiume di messaggi – ricorda –  mi scrisse anche Tiziano Ferro: volevo sentirmi libero da quel brusio di sottofondo che mi aveva accompagnato in Parlamento. Mi sono accettato tardi, il primo vero compagno l’ho avuto a 35 anni: prima scappavo”.

“La relazione più assurda che mi  hanno affibbiato è stata quella con Alberto Matano”

“Credo che mia madre a un certo punto abbia intuito – aggiunge Vincenzo Spadafora a proposito della sua omosessualità –  Ha smesso di chiedermi quando mi sarei sposato. A 50 anni aspetto ancora la persona giusta”. Poi scherza:  “La relazione più assurda che mi  hanno affibbiato è stata quella con Alberto Matano: alcuni hanno pensato si sposasse con me”. “Nel mio network – confessa – vorrei portare avanti l’adozione per i single perché è una cosa incomprensibile che non si possa fare. La maternità surrogata? Non critico chi lo fa, anzi. Ma adotterei un adolescente”. Tornando alla politica di Matteo Renzi dice: “Apprezzo il suo attivismo, ma non ha più il consenso”. “Giuseppe Conte? Fa parte della storia d’amore finita con il Movimento. Ci siamo scritti quando è scomparso suo padre, in modo affettuoso”, aggiunge.

Su Mario Dragni svela: “Non mi ha voluto al Governo: con il senno di poi non mi dispiace tanto. Condividiamo però il legame con i gesuiti e padre Ottavio, il cappellano della Sapienza”. “Se dovessi dire grazie a qualcuno – conclude l’ex ministro – lo direi a mia zia Nina. Era una sensitiva, aveva capito per prima tante cose di me, dalla politica all’omosessualità. Molti ragazzi rinunciano ai sogni perché nessuno crede in loro: lei mi ha sempre spronato, anche prima di morire. Vedremo se aveva ancora ragione”.