Tinto Brass, all’anagrafe Giovanni Brass, è uno dei più celebri registi di film erotici in Italia. Oggi ha 91 anni, un ictus alle spalle, e in un’intervista concessa a “La Stampa” ripercorre la sua carriera. Adesso è impegnato quotidianamente nel suo recupero fisico. Accanto a lui la moglie Caterina Varzi e Musetta, la gattina sorda arrivata da poco. Una sua sceneggiatura del 2008 potrebbe finalmente diventare un film: “Ziva, l’isola che non c’è”. Si tratta della storia di una donna che vive come guardiana di un faro in un’isola della Croazia e che, durante la seconda guerra mondiale, accoglie i soldati e li convince a disertare, offrendo loro amore e sess0.
Il regista spiega il motivo per cui il film all’epoca non è stato realizzato. “Non riuscii a trovare i finanziamenti – ricorda -. Il mio era un inno contro la brutalità della guerra sulle parole e le note di Le Déserteur, la canzone di Boris Vian, ma i produttori mi dicevano ‘Tinto, a chi vuoi che interessi un film sulla guerra?’. Io, antimilitarista e pacifista da sempre, avevo invece intuito che presto il mondo si sarebbe trasformato in una polveriera, e riponevo la mia speranza pacifista nella capacità femminile di mediare i conflitti”.
“Verrà il giorno in cui il cinema italiano pagherà il suo debito per aver finto che io non esistessi”
“La nonviolenza è prerogativa femminile – aggiunge Tinto Brass -. Lo stesso Gandhi rivendicò più volte la disobbedienza civile come pratica acquisita dalle donne. Ma nell’esercizio del potere accade purtroppo che le donne rimangano intrappolate in modelli di leadership maschili, perché il Potere non ha genere e rimane, nella mia visione, il male assoluto”. “Io rivendico per la donna non soltanto il ruolo di musa, ispiratrice e complice – continua il regista – ma insisto sull’imprescindibilità della sua libertà. Se una donna non è libera e capace di vivere pienamente la propria sessualità, nemmeno il suo compagno può provare piacere”.
Nell’ambiente del cinema, Tinto Brass è stato a lungo considerato un semplice regista semip0rnografico. “Non ho sofferto per essere stato così malvisto – ammette – anche perché in cambio sono stato molto amato dal mio pubblico. Non mi fa piacere però che non si sia capito che l’erotismo dei miei film veicola una forte critica politica e sociale. Sono colpevole di aver applicato il culto estremo del sublime là dove nessun moralista vorrà riconoscerlo: all’altezza del cu*o. Ma verrà il giorno in cui il cinema italiano pagherà il suo debito per aver finto che io non esistessi”.
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“Si è precipitati nella mediocrità perché nessuno si assume più il rischio della propria creatività”
Sul mondo artistico contemporaneo dice: “Si è precipitati nella mediocrità perché nessuno si assume più il rischio della propria creatività, individualità e diversità. Non ci sono più opere, ma prodotti. Ci si allinea al potere”. Da ragazzino ha vissuto a lungo in conflitto con un padre fascista. “Un giorno, per punizione, mi portò in un manicomio e mi lasciò lì qualche giorno – ricorda -. Avevo 13 anni. Ero l’unico adolescente tra uomini adulti, e ho passato quei giorni a chiedermi quali fossero le mie colpe. Un’esperienza che ha profondamente influenzato i miei film, in cui c’è una feroce critica alla logica repressiva, disumana dei manicomi. Ero diventato amico di Basaglia e da lui ricevevo materiale di prima mano, che poi riversavo nelle sceneggiature: in particolare in ‘Dropout’, 1970, e ‘La vacanza’, 1971”.
“La mia carriera si è delineata sin dall’inizio come quella di una personalità artistica isolata – rivela -. Con le mie opere e le mie opinioni mi muovevo in dissonanza rispetto ai canoni etici, estetici e formali correnti (imposti). La leggenda vuole che sia sempre stato agiato, ma non è affatto vero. Da quando fui mandato via di casa fino al successo di Salon Kitty ho vissuto una vita molto modesta, con momenti di vere ristrettezze. Anche con la censura e i produttori i rapporti sono sempre stati difficili: di trenta film realizzati, ventinove sono stati censurati. Ho trascorso la maggior parte della mia vita nei tribunali”.
Tinto Brass: “La vera trasgressione di oggi è l’amore”
Tornando alla sua idea di erotismo, Tinto Brass spiega la sua visione dei rapporti tra uomini e donne: “Premettendo che scandagliare l’universo erotico vuol dire per me cogliere le infinite sfumature dei rapporti di coppia e quindi riflettere sul senso della vita, penso che mai come oggi le relazioni siano state complicate, perché seguono lo schema dei prodotti di consumo ed è quindi difficile costruire legami gioiosi e stabili. Che i tabù e il senso di vergogna servano ad accendere il desiderio, è un luogo comune. Servono piuttosto a imporre ordine e disciplina, che a me, anarchico, provocano repulsione”.
Sui social e l’intelligenza artificiale dice: “Con i social sono cresciuti gli spazi di libertà, ma sono diminuiti gli spazi dell’espressione creativa. Tutti sono portati a pensare, agire, sognare nello stesso modo, con la conseguenza di un inesorabile analfabetismo del gusto, degli affetti, del desiderio. Riguardo l’intelligenza artificiale l’errore sarebbe pensare che l’IA possa sostituire il pensiero umano, produrre passioni. Ci sarà sempre un funzionario spione che se ne approfitterà, per tornaconto personale o a vantaggio di destre, sinistre o chissà chi. Ma questo sta nella natura delle cose. Il mondo gira così da sempre”. Infine sentenzia: “La vera trasgressione di oggi è l’amore”.