27 Luglio 2021, 11:12
2' DI LETTURA
“Nonostante i buoni propositi, qualche puntata di «Temptation Island» bisogna vederla: il falò è pur sempre una delle ultime liturgie che ci restano e non mi stupirei venisse presto applicata anche in politica, per chiarire il rapporto fra l’Elevato e l’Avvocato del Popolo”. Aldo Grasso analizza sulle colonne del “Corriere della Sera” il fenomeno “Temptation Island”.
“Sul reality esistono due scuole di pensiero – spiega il critico televisivo – La prima, se non sbaglio inaugurata da Carlo Freccero, sostiene che «Temptation Island» è una sorta di trattato di sociologia, uno «spaccato della società», e che Maria De Filippi si comporta come un’antropologa: guai a sottostimare quanto succede sull’isola. Ora, per ascendere allo statuto di sociologia, ci vuole il conforto dei numeri”.
“Dunque le coppie, che so, Valentina e Tommaso, Claudia e Ste, Manuela e Stefano – aggiunge – sono un campione rappresentativo, un fenomeno sociale, qualcosa che va analizzato nelle sue caratteristiche costanti, nei sui comportamenti e nei processi che li determinano. In parole povere, quell’italiano stento con cui i concorrenti comunicano, quei vestiti glitterati, quei tatuaggi, quel loro modo di ragionare, quelle lagne continue sono un fenomeno di vaste dimensioni: il «micro» diventa «macro» perché le Valentine e i Tommasi, alla fine, votano e non vorrei sapere per chi”.
“La seconda scuola di pensiero rassicura che le coppie sono «casi singoli», frutto di un sapiente casting (a cosa servirebbero, se no, dieci autori?) – conclude – È vero che, negli anni, i discorsi e i comportamenti sono sempre gli stessi (il «percorso», la voglia di trovare sé stessi, la «verifica» prima del matrimonio, le lamentele sulla vita di coppia prima che inizi la vita di coppia, gli abbracci di consolazione con i tentatori o le tentatrici), ma questa è scrittura, è Maria De Filippi che si prende gioco delle certezze piccolo-borghesi e midcult dei numerosi spettatori. La Una e i falò?”.
Pubblicato il
27 Luglio 2021, 11:12