Che fine ha fatto Simone Corrente? L’attore romano, noto per aver interpretato l’agente Luca Benvenuto in “Distretto di polizia” per ben 11 stagioni, ha cambiato completamente vita. Oggi vive in Indonesia con moglie e figlio e gestisce due ristoranti di sushi. “Tutti mi dicono che ho avuto coraggio, ma secondo me ci vuole più coraggio nel continuare a condurre un’esistenza che non ti fa felice – spiega in un’intervista a “TvBlog” – Sentivo che era la scelta giusta e ho seguito quella strada. Certo, non è stato semplice, però ho creato le giuste condizioni. Ricordati che siamo noi gli architetti della nostra vita”. Simone Corrente ha cominciato a fare i primi provini a 13-14 anni. “Iniziai con qualche servizio fotografico, per proseguire poi con i fotoromanzi e le pubblicità”, racconta.
La svolta fu l’incontro con il regista Stefano Reali che lo volle prima in “Cuori in campo” e poi in “Ultimo”. “Gli devo molto – ammette – Siamo ancora in contatto, gli voglio tanto bene. Al di là del fatto che fu il mio primo regista, è una persona perbene. Girammo due stagioni di Ultimo e furono entrambe dei grandi successi”. Poi arrivò “Distretto di polizia”. “La Taodue di Pietro Valsecchi volle gran parte degli attori di Ultimo – svela – Ecco allora Giorgio Tirabassi, Ricky Memphis e me”. “Quando stai accanto a bravi attori impari tanto – ammette – Giorgio e Ricky erano già professionisti affermati, io invece ero un bambino che non sapeva cosa significasse fare quel mestiere. Capii gradualmente che sarebbe potuto diventare il mio lavoro. Le cose te le conquisti pian piano e io sono stato fortunato. Non ho studiato recitazione, ma ho frequentato la scuola della vita con dei compagni meravigliosi. Il successo di Distretto lo costruirono loro, era giusto che stessero un passo avanti a me”.
“Non era facile realizzare 26 puntate l’anno. Ci sbattevano a destra e a manca, venivamo spremuti”
“Distretto di polizia” non decollò subito ma, racconta Simone Corrente, “quando dopo il secondo anno esplose, si rasentò la follia. Noi attori ci spostavamo col bodyguard, in alcuni casi non era possibile girare. Eravamo sconvolti, c’erano centinaia di persone ad accoglierci ed eravamo i primi ad esserne stupiti. Nessuno di noi aveva mai lavorato ad una fiction di parecchie stagioni. Venivamo dagli ottimi risultati di Ultimo, ma se totalizzi 10 milioni e le puntate sono complessivamente due, non c’è tempo di far innamorare la gente di te. Se invece la striscia si allunga, le persone vanno in visibilio. E guai ad interrompere quella relazione. Fai parte della loro famiglia”.
Il declino cominciò dopo la sesta stagione. “Erano usciti diversi personaggi e col passare degli anni iniziò ad abbassarsi il budget – spiega l’attore – Diventava difficile scrivere bene, le scene avevano meno azione e meno freschezza. Non era facile realizzare 26 puntate l’anno. Ci sbattevano a destra e a manca, venivamo spremuti. Come in tutte le cose esiste un picco e la successiva discesa. L’abbandono di Memphis e Tirabassi fu determinante (…) Quando Valsecchi mi comunicò che sarei diventato protagonista faticai a crederci. Non mi sentivo nella posizione di poter aspirare a quel ruolo, mi imbarazzava l’idea di prendere il posto di attori più maturi di me”.
“Avevo bisogno di tempo per me. Avevo soldi e popolarità, mi mancava la felicità”
Dopo undici stagioni “Distretto di polizia” chiuse i battenti e, nonostante avesse ricevuto delle proposte interessanti, Simone Corrente disse basta e partì alla volta dell’India con un biglietto di sola andata. “Non avevo la forza di inserirmi dentro ad una nuova storia a lunga scadenza – confessa – Avevo bisogno di tempo per me. Avevo soldi e popolarità, mi mancava la felicità. Decisi di cercarla, volli indagare. Avevo lavorato 8-9 mesi l’anno, per un decennio, a ritmi assurdi, una prova che mi aveva scombussolato. Capii che il castello su cui ero poggiato stava crollando. Chiusi alcune situazioni che andavano per forza sistemate e decisi di imbarcarmi in un viaggio di sola andata. Presi lo zaino e salutai. Ero arrivato ad un punto che non potevo più sostenere quel tipo di vita. Ero schiavo degli oggetti e del tempo. Era quella la radice della mia sofferenza, ovvero il tempo illusorio che uno ha dentro la mente, il dover pensare sempre al futuro, al prossimo film”.
“Cominciai a puntare l’attenzione su ciò che non cambia mai, piuttosto che su ciò che cambia in continuazione – prosegue – Se appena conquisti qualcosa pensi subito al timore di perderla, vivi dentro ad una costante ansia. È un approccio che ti nega la vita. Mi sono posto delle domande e, anziché porre l’attenzione sull’esterno, ho acceso i riflettori su di me. Gli attori pronunciano la parola ‘io’ mille volte al giorno. Ma io chi? Se ti poni questo interrogativo, si aprono scenari bellissimi. Se hai la forza di approfondire, inizia il viaggio della vita e il lavoro diventa una piccolissima parte rispetto a quello che stavi perdendo”.
L’incontro con la compagna in India: “Anche lei aveva un biglietto di sola andata”
Durante il viaggio in India, l’attore romano ha anche trovato l’amore. “Ho incontrato Suman, australiana residente a New York, anche lei con un biglietto di sola andata per l’India – racconta – Ci siamo incrociati in una scuola di meditazione tantrica. È capitato di meditare assieme e da lì è nata la relazione. Siamo ancora insieme dopo dieci anni. Con lei mi sono trasferito in Indonesia, dove ero già stato prima di conoscerla. Avevo visitato l’isola di Komodo e ne ero rimasto affascinato. Le ho detto che sarei voluto tornare là. Abbiamo aperto un ristorante di sushi, l’Happy Banana. Parliamo di uno dei posti con il maggior sviluppo economico e demografico (…) Mi sono ritrovato a costruire il locale da zero, a creare il menù con mia moglie, ad interloquire con persone da tutto il mondo senza conoscere mezza parola d’inglese, a servire la gente ai tavoli”.
Dall’unione con Suman, nel 2021, è nato un bambino. “Proprio durante il Covid mia moglie mi rivelò di essere incinta. ‘Tempistica meravigliosa’, pensai (ride, ndr) – ricorda – In quel periodo abbiamo aperto un altro locale a Bali, Casa Curandera. Una cornice perfetta per accogliere un bambino in un momento di paura collettiva (…) Per cinque anni ho lavorato senza sosta, dalla mattina alla sera e un giorno ho detto a mia moglie che dovevamo riposarci. Fortunatamente ho molto tempo libero, ne approfittiamo per viaggiare. Siamo sempre in giro”.
“Mia madre quando la informai che sarei voluto partire per l’Oriente si disperò”
Nessun rimpianto verso gli affetti lasciati in Italia. “Il mio migliore amico è dietro l’angolo, io ragiono così – spiega Simone Corrente – Se nella vita resti legato alle solite persone, non rompi mai il muro e non esci mai dal giro. Spesso la famiglia diventa un alibi. È un valore stupendo, ma non può essere una scusa. Se tu stai bene, i primi ad essere felici per te dovrebbero essere i tuoi familiari e i tuoi amici. Mia madre quando la informai che sarei voluto partire per l’Oriente si disperò, ma quando mi sentì per telefono e capì che stavo bene, nel suo cuore scattò la felicità. Nella vita, a volte, bisogna attuare degli strappi”.
In Italia, Simone Corrente è tornato nel 2022 “per far conoscere mio figlio a mia madre” e “rivedere le persone che avevo perso di vista da una vita”. In quell’occasione, la tv ribussò alla sua porta. “Ricontattai anche la mia agente e mi informò che c’era in ballo un ruolo per Una mamma all’improvviso, film di Mediaset che avrebbe sancito la reunion tra me e Giulia (Bevilacqua, sua ex fidanzata, ndr.). Accettai, fu un’esperienza catartica per entrambi, molto più interessante della parte attoriale”. Ma quella è stata solo una parentesi. “Non ho sbarrato la porta, l’ho lasciata socchiusa, ma non mi vedo di nuovo in Italia – confida – Tutto può succedere, l’Italia è il Paese più bello del mondo, però amo l’Asia e sto bene qua. Il film è stato un dono inaspettato, mai mi sarei immaginato un rientro del genere. Sono stato quattro mesi in Italia e l’ho girata in lungo e in largo. Ho trovato una Roma molto cambiata, con meno romani e più turisti. Poi sono andato in Sardegna, Puglia, Sicilia e Toscana. Vedere l’Italia da turista è proprio bello, non sei coinvolto, non hai pensieri. Me la sono presa comoda”.
“Sono dodici anni che non accendo un televisore, non seguo più nemmeno il calcio”
In Indonesia, Simone Corrente non ha neanche il televisore. “Sono dodici anni che non ne accendo uno – svela – Quando tornai in Italia fu scioccante notare i mille cambiamenti di cui non ero a conoscenza. Sia chiaro, so cosa succede nel mondo, ma non ho i dettagli sull’Italia. Mi giungono poche notizie e non vado mai in profondità. D’altronde, non essendo una realtà che vivo, perché mi devo intristire? Non seguo più nemmeno il calcio e la Nazionale, non sento lo stimolo di dover far parte di un club. Punto l’attenzione sulle cose che uniscono e non su quelle che dividono”.