Sergio Rubini ha alle spalle un matrimonio con Margherita Buy e un incontro che gli ha cambiato la vita: quello con Federico Fellini. A 27 anni si ritrova protagonista di un film del grande regista impersonando proprio lui. La sua è una vita piena di aneddoti e amori. “Dopo la separazione da Margherita Buy potevo perdermi – ammette in un’intervista al “Corriere della Sera” -. Avevo avuto un numero spropositato di fidanzate. Fino a 38 anni ho combinato parecchi guai. A 39 ho incontrato Carla, che poi ho sposato, l’analisi e Domenico Starnone. Noi tre abbiamo scritto film insieme. Ed è cominciato il mio viaggio introspettivo, è cambiato il mio modo di vivere”.
“Prima ero alla ricerca dell’amore – continua -. A mia madre da piccolo chiedevo: sono bello? Lei: sei un tipo. E mi distruggevo. Andavo a caccia di conferme. Mi innamoravo alle 10 del mattino, il pomeriggio mi annoiavo, la sera fuggivo. Non fingevo mai, ci credevo…Ho fatto grandi casini, ho ferito e mi sono ferito”.
“Durante le riprese de ‘La passione di Cristo’ le apparizioni erano all’ordine del giorno”
“Ricordo Vittorio Cecchi Gori al tempo in cui era il primo produttore indipendente – dice Sergio Rubini parlando di cinema -. Ero a casa sua, volevo parlargli del mio nuovo film. Ma lui da presidente della Fiorentina aveva appena mandato via l’allenatore, Gigi Radice, per il disappunto di tutta la città. La prima partita la pareggiò, la seconda la perse. Era paonazzo, la camicia aperta, imprecava, urlava: voglio vedere bruciare Firenze!”. Poi arrivano anche le pellicole internazionali come “La passione di Cristo” di Mel Gibson, nel ruolo del ladrone buono sulla croce. “Mel Gibson si basò sulla visione di una mistica del Trecento – spiega – gli ultimi dodici minuti di Gesù. Infatti, è un film al ralenty. Arrivai con l’approccio di attore europeo, ma un attore americano osa di più, come fece il nostro Gesù, Jim Caviezel, che pensava di poter fare miracoli: se ne andava in giro per le strade di Matera provando a moltiplicare pane e pesci”.
“Tanto più che a Matera non c’è il mare – continua -. Mi disse che Mel Gibson gli aveva proposto il film il giorno in cui compiva 33 anni, e per lui era stato un segno divino. Durante le riprese le apparizioni erano all’ordine del giorno: a chi appariva Gesù, a chi San Giuseppe”.
“Non riuscivo a mischiare sacro e profano con la dimestichezza degli americani”
Ma le stranezze non finiscono qui: “L’attore che impersonava Giuda assicurò che gli era apparsa la Madonna – racconta ancora -. Gibson si arrabbiò moltissimo, si trattava certo di un errore: a Giuda non poteva apparire la Madonna! Il set era pieno di preti lefebvriani, noi eravamo sulle croci disperati e infreddoliti e quelli dal basso ci mostravano le ostie consacrate. Gibson ci caricava: andrete in Paradiso, passerete delle serate fantastiche, in locali bellissimi. Insomma, il Paradiso di Mel era Las Vegas. Io non riuscivo a mischiare sacro e profano con la dimestichezza degli americani. Ho sofferto tantissimo quel film, mi sembrava tutto sbagliato, pensavo sarebbe stato un flop…”.
Il film incassò moltissimo. “Mel Gibson mi mandò una lettera con del denaro – racconto l’attore -, ma mi fece impressione che sulla busta ci fosse l’effigie del Cristo. A lungo mi rifiutai di incassare l’assegno; mi arresi quando si ruppe la Smart e dovetti cambiarla”.
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“Gérard Depardieu? Credo nella sua innocenza non è un orco, è dolce e fragile”
“Se credo in Dio? Credo nell’assenza di Dio – svela l’attore – o comunque mi immagino sia preoccupato in altre cose; e ne sento quotidianamente la mancanza. Se anche ci fosse, non sarebbe necessariamente misericordioso. Su quello, ho tanti dubbi. L’essere umano è così piccolo. Siamo un errore di percorso, non l’obiettivo finale, come invece, con un po’ di supponenza, pensano i credenti. L’aldilà è un solido nulla, rispondo con Leopardi su cui sto indagando come regista. Però mi piacerebbe tanto crederci”. Sergio Rubini ha lavorato con Gérard Depardieu e sulle accuse di molestia dice: “Credo nella sua innocenza. Gérard può mettere in imbarazzo, è volgare ma in senso mozartiano, come Mozart quando diceva cacca-cacca. Non è l’attore che in accappatoio aspetta l’attrice in camerino, non è un orco, è dolce e fragile. Secondo me è più preda delle donne che predatore”.
Sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale al cinema dice: “È un tema che noi artisti dovremmo affrontare più approfonditamente. Molte storie sono progettate da un algoritmo. Certo, la tecnologia ci aiuta in tutto, penso alla medicina. Ma nella narrazione l’utilizzo dell’algoritmo è studiato perché alla fine gli spettatori comprino qualcosa: l’essere umano viene narcotizzato perché si trasformi in cliente. Tutto ciò va regolamentato prima che sia troppo tardi, ed è compito della politica, quindi di tutti noi”.
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Sergio Rubini e Margherita Buy si sono conosciuti in accademia e sposati nel 1991
L’attore è stato sposato con Margherita Buy dal 1991 al 1993, i due si sono conosciuti in accademia. Dal 1999 vive e lavora con la sua compagna, la sceneggiatrice Carla Cavalluzzi, che ha poi sposato. L’attore ricorda le sue origini: “Mio padre e mio nonno erano ferrovieri. E i ferrovieri una volta erano tutti socialisti. Forse perché viaggiando erano aperti al mondo e alle sue diversità. La stazione è il mio primo film e il mio primo luogo. Mio papà era frustrato, voleva fare il pittore ma non gli fu permesso. Per questo non voleva che andassi da lui in stazione. Non voleva che mi sentissi costretto a fare il suo mestiere. Da lui ho ereditato tantissime cose. Con i suoi amici aveva una Filodrammatica e io, pur se con sospetto, accettai di farne parte”.
“Tutto ciò che sono diventato lo devo a quelle serate. Ho un’ansia del fare che mi porto dentro. Ma ho la sensazione che il meglio di me lo devo ancora dare. Quel che mi resta da fare è tutto quel che non ho ancora fatto”, conclude.