Serena Bortone, parla della sua vita e della sua carriera in una lunga intervista rilasciata al “Corriere della Sera”. Oggi è in tv con il programma di interviste “Chesarà…” su Rai3, dopo aver riempito il pomeriggio di RaiUno con “Oggi è un altro giorno” e prima ancora con “Agorà” e “TeleCamere”. La conduttrice ha il pallino della scrittura e confessa: “Sono piena di racconti, romanzi iniziati e mai finiti, diari che scrivevo da ragazzina. Per me, la scrittura è sempre stata terapeutica, perché mettendo i dubbi su carta, li oggettivizzi e li governi”. Uno di quei romanzi ha visto la luce ed è in libreria, per Rizzoli, con il titolo: “A te vicino così dolce”. “Ci tenevo a raccontare una stagione della vita, l’adolescenza, che nessuno di noi ha attraversato indenne – spiega – in cui non ti senti accettato, hai bisogno dello specchio dell’altro per capire se vali o no. Perché avevo bisogno di scrivere questa storia, biografica ma romanzata, per restituire autenticità a Paolo. In qualche modo, per salvarlo”.
“Ho scritto un libro sul mio amico trans”
Il protagonista è Paolo che nasce Paola, un amico trans dell’autrice. “Il suo è stato un percorso di enorme sofferenza, che non potevo capire a fondo – racconta – se non entrandoci di nuovo dentro, da adulta. La legge sulla transizione è del 1982, la mia storia inizia nell’86: il primo psichiatra da cui Paolo va parla di schizofrenia e gli prescrive una terapia rieducativa per riportarlo ‘al genere naturale’. Il romanzo narra di due amiche legate da un filo che credono indissolubile, nella Roma borghese degli anni 80, anni che erano un’esplosione di vitalità, ma in cui persisteva il perbenismo tipico di un certo fariseismo pseudocattolico. Quando nella loro vita entra un ragazzo adorabile, guascone, che però si scopre non essere nato maschio, tutto sarà messo in discussione”. La giovane Serena del libro tenta il suicidio. “La vera Serena avrebbe potuto tentare il suicidio per attirare l’attenzione – spiega Serena Bortone -, ma sapere se l’abbia fatto non è necessario, l’importante è che chi legge possa riconoscersi nei suoi dubbi, nella sua ricerca. Io, come lei, ero convinta che ognuno ha il diritto di cercare il suo posto nel mondo”.
“Mia madre mi ha sempre spinta a essere economicamente indipendente e libera”
Il libro è un tuffo negli anni ’80, quelli autentici, coi poster degli Spandau Ballet in cameretta, i pomeriggi in discoteca ai Parioli, le estati a Londra. “Ci credevamo liberi, ma non lo eravamo del tutto – ricorda – I miei anni 80, come quelli del libro, sono stati anni fatui nella scuola dei ricchi, ambiente classista, feroce. C’erano la voglia di apparire, la musica, la sensazione che tutto fosse possibile e la paura che nulla si realizzasse. Eppure, ancora piango ripensando a quell’incanto perduto. Piango perché non tornerà più e perché ne sono uscita più forte”. La dedica sul libro è a sua madre ‘perché senza non sarei quella che sono’. “Mi ha sempre spinta a essere economicamente indipendente e libera – svela – I miei mi hanno insegnato il cattolicesimo democratico che ancora mi anima. Quando avevo otto anni, mamma mi regalò l’antologia dei grandi disobbedienti: il primo era Gesù col suo beati gli ultimi. Con questo imprinting, non potevo che simpatizzare con Paolo”.
“Il matrimonio non era il mio obiettivo e non è capitato, sono single”
“In certe pagine, mi è venuto da scrivere in prima persona: ‘Promisi a me stessa che mai più avrei versato lacrime per un uomo’- dice la conduttrice -. Non ho mantenuto la promessa. Il romanzo è anche sull’illusione d’amore: ognuno di noi si è cimentato con storie in cui non vuoi vedere ciò che non va, perché sei innamorato. Questa è la magia e la condanna dell’amore. La condanna non è scoprire che l’oggetto del tuo amore non è all’altezza delle tue aspettative, ma scoprire che non sai dare e ricevere amore. Io ho imparato ad amarmi anche grazie agli uomini che non sono stati capaci di amarmi”. “Cos’è l’amore per me? È il respiro dell’altro insieme al tuo”, ammette. “Il matrimonio non era il mio obiettivo e non è capitato. Ma il matrimonio borghese che si fa per sistemarsi mi fa venire il soffoco al solo pensiero – svela ancora -. Ho avuto grandi amori senza ombra di dubbio. Ho avuto due convivenze e ora sono single, con una grande famiglia diffusa di amici. Sono sempre circondata da affetto, non so che cosa sia la solitudine. Negli ultimi anni, ho imparato anche a viaggiare da sola. Con ironia, dico: non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice”.
“La chiusura di ‘Oggi è un altro giorno’? Scelte aziendali. Sono un soldato e le rispetto”
Oggi Serena Bortone vive un’infanzia felice fuori tempo massimo fatta di “viaggi, patatine fritte nel senso di accettazione fisica, passeggiate senza meta”. Nel libro si legge: “ero una bambina colpevolizzata da mia madre per il mio peso eccessivo”. “È vera l’istanza di perfezione che avevo prima di scoprire che la perfezione non esiste. E le patatine le ho sempre mangiate, solo che prima mi sentivo in colpa e oggi no”, sottolinea. Serena Bortone parla anche della chiusura di “Oggi è un altro giorno” : “La motivazione delle scelte aziendali spetta a chi le compie, non a me che sono un soldato e le rispetto. Stiamo prendendo le misure in uno spazio difficile e i segnali sono incoraggianti. Io cerco di fare un programma identitario per la Raitre in cui sono cresciuta, quella di Angelo Guglielmi, fatta di autenticità, verità, riflessione, attenzione agli ultimi”.
In una puntata di “Chesarà…” si è proclamata antifascista. “Ho detto solo che sono libera proprio perché antifascista; se fossi fascista non potrei essere libera – spiega – È un ragionamento logico e una verità tautologica”. Serena Bortone nel romanzo, dice: “Ora posso finalmente diventare adulta”. “Significa piacersi abbastanza perché di te ti piacciono anche le parti che non ti piacciono”, conclude.