Non si placano le polemiche legate alle motivazioni della sentenza che ha condannato in primo grado Filippo Turetta all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Cecchettin senza l’aggravante della crudeltà. Gino Cecchettin ha dato la sua opinione interpellato sul tema dai giornalisti in occasione della cerimonia di conferimento di un premio di laurea da 3 mila euro in memoria della figlia brutalmente uccisa a 22 anni.
“Hanno aggiunto dolore su dolore, perché non ci si aspettano motivazioni simili – ha commentato il padre di Giulia Cecchettin come riporta il “Corriere della Sera” – Venendo a Palazzo Bo ho visto tanti giovani che festeggiavano la laurea appena ottenuta: una gioia doverosa per loro, ma personalmente non posso non essere triste pensando che questo momento ci è stato negato, però è anche giusto festeggiare la laurea di altre ragazze. Qualcosa sta cambiando dopo quanto accaduto a Giulia? Ancora poco: se ancora contiamo le ragazze vittime di femminicidio vuol dire che c’è ancora moltissimo da fare, ma dei timidi segnali si intravedono perché il problema è sentito. In tal senso le parole vanno usate nel modo giusto, perché ne basta una per fare differenza tra empatia e distacco, tra odio e amore e tra pace e guerra”.

Sentenza Turetta, lo zio della vittima: “Questa è la 76esima coltellata inferta a Giulia”
Più tranchant è stato il giudizio di Andrea Camerotto, zio della giovane vittima. “Siamo rimasti tutti molto colpiti – ha svelato – e ho visto che anche sui social si è scatenato un giudizio negativo rispetto alle parole usate: non ho le competenze per giudicare chi ha studiato per scrivere queste motivazioni, ma sono cose che fanno veramente male perché il linguaggio ha un’importanza fondamentale. Questa è la 76esima coltellata inferta a Giulia. La crudeltà in questo femminicidio c’è eccome, anche alla luce del bene che Giulia ha sempre dimostrato a Filippo. Parlano poi di ‘inabilità’: mi chiedo quindi se un domani, qualora dovesse ripetere un simile atto, si potrà considerare ‘esperto’”.
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La Camera penale veneziana difende l’operato dei giudici
Andrea Camerotto inorridisce al pensiero che in futuro Filippo Turetta possa usufruire di permessi per buona condotta. “Io spero che non gliene diano mai – ha auspicato – Cosa farei se dovessi incontrarlo? Spero sia lui ad allontanarsi da noi qualora un giorno dovesse avere la possibilità di uscire: ne parlavo giusto prima con mio cognato Gino, dicendogli che magari tra molti anni, speriamo i più lontani possibili, dovremo farci una ragione quando riceveremo altre notizie che torneranno a ferire le nostre famiglie”. Dopo le polemiche degli ultimi giorni sulle motivazioni della sentenza che ha condannato Filippo Turetta al massimo della pena, la Camera penale veneziana ha difeso l’operato dei giudici criticando invece chi ha parlato di “sentenza inaccettabile” e “sfregio alla famiglia” della vittima in relazione al mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà.