27 Novembre 2024, 18:14
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Della vita privata di Roberta Bruzzone, nota criminologa e psicologa forense, si sa poco. È sposata dal 2017 con Massimo Marino, funzionario di polizia. Le nozze sono state celebrate con una cerimonia intima, lontano dai riflettori. In un’intervista a “Belve” del 2022, parlando di maternità, la professionista aveva ammesso: “Non ho avuto figli perché non li desideravo. Credo che per il tipo di vissuto che ho io, sarei stata una pessima madre, troppo protettiva, ingombrante e esigente. L’idea di avere questo tipo di pesantezza sulla vita di qualcun altro…. Il desiderio profondo non l’ho mai provato. È stata una mia scelta, non me la sono sentita”. In un’intervista più recente al “Corriere della Sera” si è sbottonata un po’ di più. Di sé stessa dice: “Sono una persona che sa di valere, consapevole delle mie qualità: l’ho dimostrato sul campo, senza scorciatoie, mezzucci, menzogne o triangolazioni. Sono una che tira fuori gli artigli nel momento in cui serve, ma non ho mai dovuto né barare né raccontare bugie per ottenere quello che ho. Certamente non temo di stare al centro dell’attenzione”.
A chi dice che l’aspetto fisico l’abbia aiutata ad andare in tv risponde: “Se una persona ritiene che la bellezza mi abbia aiutato evidentemente non è in grado di capire quello che dico, quindi è un suo limite e come tale mi fa una certa tenerezza. Credo che quello che faccio io c’entri ben poco con la bellezza e con l’avere un determinato organo genitale che peraltro — le assicuro — non ho mai utilizzato per ottenere vantaggi”.
A proposito di sé stessa, Roberta Bruzzone ha detto di essere “nata incaz*ata”. “È vero – ammette -. Si dice che uno nasce incendiario e poi muore pompiere, io mi sento ancora incendiaria: ritengo di essere un buon esempio di un modo diverso di essere donna, consapevole di sé, che non deve chiedere permesso a nessuno. Penso che questo sia un aspetto della mia vita personale e professionale che può essere utile a molte donne che temono di vivere fuori dal perimetro del controllo della loro vita da parte degli uomini. Affondiamo le radici dell’educazione in modelli di un patriarcato tossico che non vuole assolutamente saperne di tramontare. Penso di essere un esempio: si può vivere diversamente, sbattendosene altamente di quello che dice la gente”. Da sempre impegnata in tv nell’analisi e nella risoluzione di delitti che fanno notizia spiega come si può riconoscere un narcisista in grado di agire in maniera violenta: “Sono soggetti che hanno caratteristiche specifiche, unicamente concentrati sui propri bisogni, che non tollerano minimamente lo spazio degli altri, che praticano l’assedio serrato della tua vita”.
“In primis hanno la capacità di entrare in relazione con la vittima in modo molto seducente, abbagliante – aggiunge -. Ti bombardano con stimoli favorevoli, complimenti, promesse di amore eterno e una serie di ‘attenzioni’ che gratificano la vittima e la portano a un livello di dipendenza neurobiologica. Il programma insegna a non sottovalutare queste modalità iniziali di aggancio, che è un marchio di fabbrica di questi soggetti”.
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Roberta Bruzzone mette in guardia chi si trova in una relazione tossica e spiega: “Nelle relazioni normali c’è spazio per la vita precedente della vittima, per le sue relazioni. Invece questi soggetti ti mettono davanti a una selezione: o me o tutto il resto della tua vita. Una modalità ricattatoria che viene attuata però su un piano gratificante”. “Poi c’è la fase di svelamento – aggiunge – devono capire quanto profondamente hanno agganciato la vittima. Inizia una fase di test: screditare e svalutare la vittima, aggredirla con silenzi prolungati e assenze, offese, umiliazioni. La mirata aggressione all’autostima si somma al tentativo di far sentire in colpa la vittima, come se tutto quello che questi soggetti non danno più fosse colpa loro, delle loro mancanze, delle loro inadeguatezze”. Il pericolo arriva quando “la vittima rischia di diventare minacciosa perché svela la vera identità sociale e psicologica di questi soggetti: lo smascheramento può diventare l’elemento più pericoloso in assoluto”.
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Roberta Bruzzone analizza poi quattro casi di omicidi efferati di cui si è occupata negli anni. “Benno Neumair è il prototipo del narcisista grandioso, aveva problematiche evidenti, che erano state colte, tratti profondamente rischiosi, ma la consapevolezza della sua pericolosità non ha salvato i genitori. L’omicidio di Sarah Scazzi è prototipico di dinamiche familiari manipolatorie in cui due donne per farla franca sono disposte a sacrificare il membro più fragile della famiglia”. Poi c’è stato il delitto di Temù: due sorelle hanno ucciso la madre con l’aiuto del fidanzato di una e amante dell’altra. “Questo caso – spiega – racconta la dinamica narcisistica seduttiva in un contesto di trio”. Infine, dell’omicidio di Giulia Tramontano commesso da Alessandro Impagnatiello dice: “È un paradigma esplicito di questi delitti: un ragazzo che si pone come un narcisista dimesso, il piccolo fiammiferaio, che vuole riparare gli errori della sua vita. Ha proposto una maschera, ma la sua reale dimensione era quella opposta”.
Roberta Bruzzone spiega ancora che “non esiste il delitto perfetto, esistono purtroppo delitti impuniti per via di indagini imperfette. Le problematiche principali sono originate nella gestione della scena del crimine: è fondamentale proteggere le informazioni che arrivano da lì”. La criminologa è una della poche a dirsi convinta dell’innocenza di Rosa e Olindo, la coppia che sta scontando l’ergastolo per la cosiddetta strage di Erba. “Sono certa che sia il più grande errore giudiziario della storia del nostro paese”, afferma. Infine, la criminologa aggiunge una nota personale e confida di non gradire l’imitazione che ha fatto di lei Virginia Raffaele. “Mi diede fastidio in particolare un’imitazione da Maria De Filippi, mi dipinse con il sangue che grondava, ridicolizzava il mio lavoro di fronte a persone che hanno sofferto, offendendo la memoria delle vittime”, conclude.
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27 Novembre 2024, 18:14