La lotta di Roberta Bruzzone per individuare e neutralizzare il cosiddetto narcisista maligno si avvale di una nuova “arma”: una docuserie in otto puntate dal titolo “Nella mente di Narciso” disponibile su RaiPlay dal 26 novembre. “Benvenuti nel viaggio che ci porterà nella mente di Narciso, un programma che esplora gli abissi della personalità narcisistica – spiega la criminologa e psicologa forense all’inizio del primo episodio – Se vi è capitato almeno una volta nella vita di sentirvi privati della vostra autostima, portati a diffidare persino di voi stessi. O ancora confusi, angosciati, schiacciati da un serpeggiante senso di colpa, con ogni probabilità siete stati vittime di un narcisista maligno. Questi soggetti presentano caratteristiche ben definite che esamineremo insieme attraverso esempi tratti dalla cronaca nera italiana. Il nostro obiettivo è descrivere i loro tratti principali, smascherarli, isolarli e soprattutto neutralizzarli”.
Aldo Grasso boccia la docuserie “Nella mente di Narciso” di Roberta Bruzzone
“Io sono Roberta Bruzzone, psicologa e criminologa, e vi porto con me nella mente di Narciso”, aggiunge. Gli efferati casi di cronaca nera a cui fa riferimento sono “Benno Neumair, il delitto di Bolzano”, “L’omicidio di Sarah Scazzi”, “Il delitto di Temù” e “Il caso Tramontano-Impagnatiello”. Da tempo, Roberta Bruzzone ha intrapreso la strada della divulgazione. “Sto vedendo in giro il disastro – ha sentenziato – Complice anche una certa inadeguatezza genitoriale, c’è un’esplosione di personalità caratterizzate da funzionamento narcisistico. La possibilità di incrociare il cammino di un soggetto del genere è elevata”. A bocciare la scelta della Rai di dare spazio alla docuserie “Nella mente di Narciso” di Roberta Bruzzone è Aldo Grasso.
“Docuserie di cose viste e straviste, la cui unica novità è l’autopromozione della criminologa”
“Ma la Rai è ancora un servizio pubblico? – si chiede il noto critico televisivo sul “Corriere della Sera” – Com’è possibile mandare in onda una docuserie di cose viste e straviste, la cui unica novità è un’autopromozione della ‘criminologa e opinionista’ (Wikipedia) Roberta Bruzzone che parla di narcisismo. Basta vedere come si presenta in scena, il suo stile dark, il tatuaggio, l’abito con una scritta ben visibile sulla manica destra, per capire che il narcisismo dev’essere materia di suo grande interesse. Com’è noto, per una persona affetta da narcisismo c’è una sola realtà: quella dei propri processi mentali, delle proprie sensazioni e delle continue manifestazioni pubbliche. Ma non sono né psicologo né tantomeno criminologo, parlo solo perché la tv è una cassa di risonanza del narcisismo”.
“Sono temi così delicati che meriterebbero delicatezza e profondità”
Dopo aver lanciato un vero e proprio monito, Aldo Grasso si addentra nella sua analisi: “Bruzzone se la cava con poco: un’introduzione di quelle in cui si spiega che il narcisismo è un disturbo della personalità (ma va?), che c’è un narcisismo buono detto Overt e uno cattivo, detto Covert (un po’ come il colesterolo) e poi, attraverso spezzoni di trasmissioni che hanno trattato i casi in maniera sensazionalistica (tipo ‘La vita in diretta’ o i tg regionali) vengono raccontati quattro efferati casi di cronaca nera (…) Sono temi così delicati che meriterebbero anche dai Contenuti Digitali e Transmediali della Rai una delicatezza e una profondità che in questa proposta non si vedono”.
“Come mai i più bravi criminologi italiani non appaiono mai in televisione?”
“Mi sono sempre chiesto perché i più bravi criminologi italiani, penso, tra gli altri, a studiosi seri come Roberto Catanesi (ordinario Univ. Bari), Adolfo Ceretti (ordinario Milano-Bicocca), Isabella Merzagora Betsos (ordinario Statale Milano) non appaiano mai in televisione, lavorino sempre dietro le quinte per rispetto del loro lavoro e dei casi di cui si occupano. Il servizio pubblico dovrebbe porsi la stessa domanda”, conclude Aldo Grasso. Nelle scorse settimane, il critico tv aveva demolito “La vita in diretta” e la sua “conduzione passivo-aggressiva” arrivando a ribattezzare la trasmissione “La morte in diretta” considerata la sua propensione a trattare casi di cronaca nera.