27 Giugno 2021, 10:19
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“Mi sono stancato della vita. Perché è un mondo in cui non mi riconosco più. E siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. Come nel Falstaff: ‘Tutto declina’”. Così Riccardo Muti in un’intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”. Il prossimo 28 luglio il direttore d’orchestra spegnerà 80 candeline.
“Non riconosce più neanche il suo mestiere?”, chiede il giornalista. “Purtroppo no – replica Muti – La direzione d’orchestra è spesso diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri. Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività, basandosi sull’efficienza del gesto, talora della gesticolazione”. Toscanini, rileva il Maestro, “diceva che le braccia sono l’estensione della mente. Oggi molti direttori d’orchestra usano il podio per gesticolazioni eccessive, da show, cercando di colpire un pubblico più incline a ciò che vede e meno a ciò che sente”.
“Ha paura della morte?”, incalza Cazzullo. “No. Da ragazzo andavamo la sera al cimitero a vedere i fuochi fatui – ribatte il direttore d’orchestra – Ho conosciuto l’ultima prefica, Giustina: raccontava i pregi del morto, disteso sul letto nell’unica stanza della casa, la porta aperta sulla strada, alle pareti la foto del fratello bersagliere e dello zio ardito… Un mondo semplice e fantastico, che mi manca moltissimo. Per questo le dico che appartengo a un’altra epoca. Oggi il mondo va così veloce, travolge tutto, anche queste cose semplici, che sono di una profonda umanità…”.
“Ai miei funerali non voglio applausi – conclude Riccardo Muti – Sono cresciuto in un mondo in cui ai funerali c’era un silenzio terrificante. Ognuno era chiuso nel suo vero o falso dolore. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse il silenzio assoluto. Se qualcuno applaude, giuro che torno a disturbarlo di notte, nei momenti più intimi”.
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27 Giugno 2021, 10:19