21 Agosto 2022, 07:27
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Ospite del programma radiofonico “Il Lunatici”, Riccardo Fogli torna indietro con la memoria a quando, 40 anni fa, vinse il “Festival di Sanremo” con “Storie di tutti i giorni”. “Di quella serata sanremese mi ricordo il mio impresario che corre verso di me dicendo ‘ce l’abbiamo fatta, abbiamo vinto. Albano e Romina secondi con Felicità’ – racconta – Fu una notte fortissima. Appena arrivati in albergo, dal niente sbucò Adriano Celentano. Lo sapevano tutti tranne me. Adriano arrivò fuori, non sapevo neanche se fosse vero. C’erano quaranta fotografi ad immortalarci. Fotografano Celentano insieme a questo ragazzo, me, che aveva appena vinto il Festival. Io avevo venduto milioni di copie con i dischi, partendo da Piccola Ketty, Noi due nel Mondo e nell’Anima, Pensiero. E poi da solista. Ma Sanremo è Sanremo”.
“Come entro nei Pooh? Ero a Piombino, vivevo a Piombino, facevo il gommista, e con una band di metalmeccanici sognavo di fare successo – svela – Mio padre puliva le strade, imbiancava, attaccava manifesti nel comune. Quando aprirono la fabbrica a Piombino mio padre capì che la vita era quella, avere uno stipendio, il posto fisso. Avevo dieci anni quando papà entrò in fabbrica. La domenica quando c’era mezzo pollo in tavola, mio padre pregava Dio affinché anche io diventassi un metalmeccanico come lui. Mamma metteva da parte i soldi, poi ci comprava le scarpe. Prima a mio fratello, che poi le passava a me. Insomma, ero a Piombino a fare il gommista. Nella valle c’era un gran fermento”.
“Dicevano ‘Piombino come Liverpool’ – prosegue – Dove ci sono le fabbriche gli uomini hanno tempo libero per curare i propri hobby. Conobbi una band di ragazzi metalmeccanici. Avevamo anche un buon successo. Venivano a vederci suonare centinaia di persone. Suonammo a Roma, a Milano. A Milano incontrai i Pooh. Nella formazione originaria c’era Facchinetti, ma c’era anche Valerio, un grande paroliere, un genio. Questo ragazzo bolognese già genio a vent’anni. Loro avevano bisogno di uno scemotto come me che saltava su e giù e cantava bene, capellone rustico ma molto efficace. La band con cui ero non ce l’aveva fatta. Così entrai nei Pooh”.
“Ho passato la vita a provare – confessa – Il segreto dei Pooh è che non facevano un giorno di festa. Quando non si suonava si provava. Le donne? Ognuno aveva il suo percorso. Le ragazzine avevano i miti, per la prima volta dopo la guerra. Ci amavano, eravamo ragazzi perbene, non eravamo dannati. Nemmeno bevevamo. Facchinetti non l’ho mai visto bere un bicchiere di birra. Eravamo bravi ragazzi che andavano in giro e avevano un grande successo. Non eravamo dannati. La vicinanza delle nostre fans con noi era una vicinanza tenera. Se una ragazza era innamorata di me, non sognava di fare cose scabrose, sognava di darmi un bacio. Magari qualcuna ci arrivava a darmi un bacio, ma non avevamo i letti pieni di fan. E poi ognuno di noi era fidanzato. Eravamo guardati a vista”.
A proposito dell’addio ai Pooh: “Fu tutto casuale. Io e Facchinetti siamo portati dal nostro manager, che era anche il manager di Patty Pravo. Questo manager ci portò a conoscere Nicoletta. Lei mi guardò, io la guardai, ed era un bel vedere. E’ affascinante ora, cinquant’anni fa era di una bellezza travolgente. La situazione era calda. Ci fu una storia tra di noi. Ma questa storia non c’entrava niente con i Pooh. Io non ho voglia di riscrivere la storia, ho fatto la figura del cretino che vede una donna, scappa e butta all’aria tutto. Avevo 22 anni. Successe che dopo un po’ la notizia che c’era la storia tra uno dei Pooh e Patty Pravo provocò un leggero tam tam. Due giornali in tempi diversi uscirono con una foto dei Pooh e una foto di Patty Pravo. E lì successo il finimondo. Mi attaccarono, dicendo ‘siamo rovinati’. Io rispondevo che non capivo quale fosse il problema”.
“Mi rispondevano che i Pooh erano tutti per uno e per tutti – confida – Io non capivo. Rispondevo che ero sempre con loro, puntuale. Non capivo quale fosse il problema se poi la notte andavo a dormire da un’altra parte. Iniziò un susseguirsi di dolore. Erano la mia famiglia, siamo legati ancora oggi come fratelli. Mi mettevano al muro e mi dicevano che cosa avessi deciso. Così risposi che se loro davvero pensavano che avrei rovinato l’immagine di una band, avrei fatto un passo indietro. Con i miei fratelli Pooh ne parliamo. Oggi i rapporti sono buoni. Durante la reunion sono stato accolto alla grande. Io e Stefano facevamo gruppo. Sono stati anni belli. I Pooh meritano tutto il successo che hanno e io merito di essere chi sono”. “Perché è finita? Perché andavamo a mille all’ora – spiega – Consumavamo l’amore. Se ad una coppia vengono date a disposizione cento battute d’amore, noi le abbiamo consumate nei primi sei mesi. E’ stato un amore fortissimo”.
Riccardo Fogli è sposato dal 2010 con la modella Karin Trentini, più giovane di lui di 31 anni. Dalla loro unione, nel 2012, è nata Michelle. Il cantante ha un altro figlio, Alessandro, avuto nel 1993 dall’attrice Stefania Brassi. A “I Lunatici”, Fogli rivela di avere paura per il tempo che passa: “Mi spaventa solo perché ho una bambina di nove anni, il mio giovane amore. Lei ha bisogno di me e avrà bisogno di me ancora per qualche anno. Mia mamma è in cielo dal 2000, spero che mi faccia da portavoce. Devo vivere ancora un po’ perché voglio proteggere mia figlia piccola. Mio figlio grande lavora, ha trent’anni. Ma la piccola ha bisogno di me ancora. Io mi tratto bene, bevo acqua liscia, niente vino, sto bene, Dio mi ha dato energia e passione. Io non ho paura di invecchiare, ma voglio invecchiare con calma. Non voglio lasciare il mondo all’improvviso. Non sono ancora pronto”.
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