Peppe Zarbo: "Perchè ho lasciato 'Un posto al sole' dopo 26 anni"

Peppe Zarbo: “Perchè ho lasciato ‘Un posto al sole’ dopo 26 anni”

Germana Bevilacqua

Peppe Zarbo: “Perchè ho lasciato ‘Un posto al sole’ dopo 26 anni”

| 12/05/2024
Peppe Zarbo: “Perchè ho lasciato ‘Un posto al sole’ dopo 26 anni”

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Peppe Zarbo per tutti è Franco Boschi di “Un posto al Sole”. L’attore siciliano ha vestito per ben 26 anni questo ruolo nella soap di Rai3 che è una delle più longeve della televisione italiana. Intervistato da “Fanpage.it” racconta come è cambiata la sua vita da quando ha deciso di abbandonare la soap lasciando nello sconforto chi è cresciuto con il suo personaggio. Adesso l’attore firma progetti con la sua casa di produzione, la Studio Yubaba, ed è direttore artistico del Premio Internazionale Donnafugata dedicato ad attori e attrici che si sono distinti con le loro interpretazioni. Il tema di quest’anno è l’educazione sentimentale e la premiazione è prevista per il prossimo settembre. Peppe Zarbo è nato ad Agrigento ma ha anche una casa in Sardegna, a Bosa, vicino Alghero. “E’ un posto in cui rilassarmi, staccare la spina. Poi mia moglie è per metà sarda, della provincia di Cagliari, per cui 15 anni fa abbiamo deciso di prendere una casa qui, nella Sardegna non mondana”, racconta.

Peppe Zarbo con la moglie (Foto Instagram)

“Siamo andati a vivere a Londra otto anni per seguire mia figlia che studiava lì”

Da otto anni Peppe Zarbo è andato a vivere a Londra. “Sono a Londra per merito di mia figlia – spiega – Dieci anni fa le proposi di fare un’esperienza all’estero, in Inghilterra, era in quarta superiore, volevo che imparasse bene la lingua. Attraverso l’EF riuscimmo a trovare una famiglia dove lei potesse trascorrere quel periodo, timidamente accettò. Rientrata in Italia ha fatto gli esami per il quarto anno poi si è diplomata, eravamo a Roma, e ha vinto una borsa di studio per l’università a Wimbledon. Sarebbe dovuta ripartire, mia moglie era preoccupata. Avendo io altri due bambini, che all’epoca avevano sette e otto anni, pensai che fosse l’occasione per andare tutti a Londra. Col mio lavoro, invece di fare trasferte Roma Napoli, avrei fatto Londra Napoli”.

“E’ stata una follia – ammette – Sono siciliano, di Agrigento, mi sono trasferito a Roma per studiare al Centro Sperimentale di Cinematografia, ho fatto tanto teatro in giro, poi è arrivato ‘Un Posto al Sole’, a Napoli, è stata una vita un po’ da zingaro la mia, come quella di tutti gli attori. Non riesco ad immaginare la mia vita in un solo posto. Finché ho la forza, la lucidità, lo stimolo di viaggiare, lo farò. Il viaggio è la cosa più bella che una persona possa sperimentare”.

Peppe Zarbo con gli altri attori della soap (Foto Instagram)

“Amo Napoli, sono stato tentato tante volte di trasferirmi lì”

“Sono stato tentato tante volte di trasferirmi a Napoli – ammette Peppe Zarbo – quando fai parte di una serie così, ti viene naturale pensarlo. Amo la città, l’ho vissuta intensamente, ho visto il cambiamento di questi anni con i miei occhi, in 27 anni è cambiata, come è cambiato il mondo, i nostri governi. Sono arrivato a Napoli che c’era Prodi, poi Berlusconi, D’Alema, mi ricordo Piazza Plebiscito piena di macchine per Bassolino, è una città che ha un mondo dentro pazzesco. Ho preferito trovare un compromesso e lavorarci, sono stati anni di grande sacrificio, come per altri miei colleghi, che magari vivevano a Roma o a Milano”. La sua passione per la recitazione è nata quando era ancora molto giovane. “Sin da ragazzo mi sono sempre avvicinato all’arte – ricorda – Quando avevo 17 anni, parliamo dell’82 un altro mondo, ad Agrigento non c’era nulla quindi giocavo a calcio oppure suonavo la chitarra, cercavo una valvola di sfogo. Ho iniziato a fare spettacoli in cui suonavo, ma era più un’esigenza che una vocazione, non è che avessi il fuoco dentro. Piano piano, ho iniziato a fare sempre più cose e così ho abbracciato l’idea di far diventare l’arte il mio lavoro”.

Peppe Zarbo con gli altri attori della soap (Foto Instagram)

“Ho fatto l’attore ma mi sono costruito un piano B con la mia casa di produzione”

Volevo dare serietà a questo mestiere, anche perché i miei mi dicevano di lasciar perdere – rivela l’attore agrigentino – per cui ho fatto un concorso per entrare al Centro Sperimentale e mi hanno preso. Nonostante tutto ho sempre cercato di tenere i piedi per terra, ho sempre avuto la consapevolezza che questo è un lavoro difficile, quindi mi sono costruito un piano B”. Il piano B di Peppe Zarbo è la sua casa di produzione: “Sto sviluppando dei contenuti interessanti per quanto riguarda un film e una serie televisiva”. “Nostalgia della vita da set? Dopo 6200 episodi, 25-26 anni di lavoro con un ruolo centralissimo e molto bello, quello di Franco Boschi, ad un certo punto diventa difficile immaginarsi in altri contesti – confessa – Anche nei progetti che ho curato con la mia casa di produzione avrei potuto figurare come attore, ma ho preferito disintossicarmi. Ed è comunque è un lusso. La mia non è una categoria felicissima, a parte quei 10-15 attori, non è che ci sia chissà quanto lavoro per i miei colleghi. C’è tanta gente, tanti professionisti che fanno fatica”.
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Peppe Zarbo e Nina Soldano (Foto Instagram)

“‘Un Posto al sole’ è una centrifuga, sono 256 episodi l’anno, 5 giorni a settimana”

L’attore spiega poi cosa l’ha spinto a lasciare il ruolo di Franco Boschi dopo 26 anni: “Ho continuato questo percorso nella serie perché mi piaceva interpretare quel personaggio, era interessante, fuori dagli schemi di una soap. Un uomo che raccontava storie legate al sociale, con tematiche interessanti, c’era anche dell’action, cosa che in una soap opera non vedi mai, ma questo aveva delle ripercussioni, perché i tempi e i costi di una soap non sono quelli di una fiction. Mi sono ritrovato a girare scene in una notte che magari avrebbero meritato due o tre giorni di lavoro. Diventa quasi una centrifuga, sono 256 episodi l’anno, 5 giorni a settimana, e ti ritrovi dopo tutti questi anni che il tempo è volato. Diventa una storia d’amore nei confronti del prodotto, della città, dei colleghi e come molte storie d’amore inizia e finisce”.

Poi svela: “Con la produzione siamo arrivati a questa scelta. Proprio come in una storia d’amore, bisogna impegnarsi. Ci sono delle responsabilità da entrambe le parti per far crescere una relazione, nei momenti felici, ma anche durante le sfide, i momenti di difficoltà. Dopo anni, una produzione non può fare a meno di andare in una certa direzione, che è quella dei numeri, dove si perde di vista la parte emotiva, creativa”.

Peppe Zarbo e Lucio Allocca (Foto Instagram)

“Un ritorno? Nulla nella mia vita è definitivo, siamo essere umani e tutto può succedere”

Non soltanto una scelta dell’attore, quindi, ma un percorso condiviso che lo ha portato a questa decisione. “Magari all’inizio si tiene conto di alcuni fattori, poi strada facendo, ma è fisiologico, hai bisogno di stimoli, attenzioni diverse e capisci che se la strada che si è imboccata è un’altra, allora la storia d’amore può finire – spiega – Senza darsi colpe, magari le aspettative non erano le stesse, questo non significa che le scelte siano definitive. Nulla nella mia vita è definitivo, siamo essere umani e tutto può succedere. Però non lo dico per lasciare porte aperte, semplicemente perché è una cosa che penso”. Poi aggiunge: “È un prodotto che farà parte della mia vita per sempre, insieme alle storie che ho raccontato. È una produzione che è riuscita a raccontare 27 anni di costume italiano, mi auguro possa continuare in quella direzione, cercando di dare più attenzione alla parte artistica. Il rischio è che lavorando in un prodotto del genere tu sia invischiato in una bolla, pensi che il mondo sia solo quello, e non è così”.

Peppe Zarbo con Francesco Vitiello e Marina Tagliaferri (Foto Instagram)

“E’ stato meglio uscire quando il personaggio era ancora amato”

L’attore siciliano ammette che la sua scelta ha destabilizzato il suo pubblico che l’ha seguito per tanti anni, ma la sua esigenza di cambiamento era più forte: “Ho maturato un’esigenza. Mi sono detto non voglio invecchiare qui, con questa giacca di pelle, la motocicletta, il salvatore della patria mi stava un po’ stretto. Mi aspettavo dal punto di vista della scrittura degli approfondimenti, ma è chiaro che in un prodotto come Upas la scrittura è come una staffetta tra 18 protagonisti, gli autori fanno i salti mortali per riuscire a mantenere un equilibrio con le storie. Franco aveva raccontato mille vite, la domanda che mi sono posto è ‘ma quante vite devo raccontare?’. Forse è stato meglio uscire quando il personaggio era ancora amato, mi dispiace che il pubblico si chieda quando tornerò, però mi è piaciuto il modo in cui sono uscito di scena, in silenzio, sono andato via come sono arrivato, in punta di piedi”.

Peppe Zarbo e Claudia Ruffo (Foto Instagram)

“Dovevo restare tre mesi, non pensavo mica che sarei rimasto 26 anni”

Peppe Zarbo ricorda gli esordi nel ruolo di Franco Boschi: “È arrivato durante gli ultimi spettacoli della tournée con Michele Placido, mettevamo in scena Miller. Mi avevano chiamato per un altro ruolo, ma il mio agente dell’epoca mi adorava e disse che per quel personaggio non avrei accettato. Così si aprì la possibilità di Franco Boschi, un protagonista, un altro attore che era stato provinato non era risultato abbastanza efficace, quindi chiamarono me. Dovevo stare lì tre mesi. Avevo appena concluso un altro progetto, avevo girato un film in Sud America, ero contento di fare cinema. Sono andato lì, finiti i tre mesi il personaggio è piaciuto tantissimo, quindi ho confermato per un anno, ma ero sicuro che sarei andato via, non pensavo mica che sarei rimasto 26 anni, non rientrava nelle mie previsioni”.

“Forse neanche la produzione della soap pensava che sarebbe stata in grado di durare così tanto tempo – ammette – Senza nulla togliere alla produzione, intesa come macchina che deve cercare di bilanciare tutto, ma gli attori secondo me sono stati eroici, tutti, perché abbiamo dato tantissimo. Ci abbiamo messo non solo la faccia, il cuore, il sangue, tutto. Abbiamo cercato di portare questo prodotto ad un livello attoriale e narrativo che è quello che è oggi. Quando sono entrato, gli attori che avevano scelto avevano comunque un background professionale importante, non erano improvvisati”.

Peppe Zarbo (Foto Instagram)

“Finito di girare devi lasciare il personaggio, altrimenti si perde il senno”

“Questo è un mestiere dove non ci vuole una laurea in medicina – afferma Peppe Zarbo – non hai delle grandi responsabilità, devi comunicare delle emozioni, quindi se lo fai e questa cosa arriva, allora non è necessario aver fatto una scuola, se l’hai fatta è meglio perché devi capire, soprattutto nella lunga serialità, come resistere nel tempo, usare dei metodi interpretativi misurati. Ho visto colleghi che negli anni hanno frainteso questo prodotto, trattandolo come se fosse un film, le cui riprese durano mesi, ed entrare nel personaggio così tanto da scoppiare. Bisogna trovare degli equilibri, quando sei in scena metti il tuo costume, finito di girare devi lasciare il personaggio, altrimenti si perde il senno”. L’attore e Franco Boschi sono sempre rimaste due persone diverse: “La mia vita è sempre stata movimentata dal punto di vista logistico, anche dal punto di vista personale, familiare. Il mio personaggio non poteva intaccarla, se non per alcuni punti in comune tra noi, come il sentimento di giustizia, di lealtà”.

Riccardo Polizzy Carbonelli (Foto Instagram)

“Con i miei figli sto recuperando il tempo perduto, ma non ho rimpianti”

I figli di Peppe Zarbo hanno ereditato la sua vena artistica ma prediligono altri campi. “Mia figlia si è laureata, è anche appassionata di nuoto e quindi al momento fa l’allenatrice. I due maschi dipingono, fanno sculture, suonano la chitarra, sono molto creativi – rivela – Però, sai che c’è? Hanno visto un padre attore sempre con questo trolley avanti e indietro, gli poteva sembrare strano che mi riconoscessero per strada, erano divertiti, ma hanno visto un grande sacrificio da parte mia. Con loro adesso sto recuperando, per fortuna, ed è per me una grande gioia. Ma non ho rimpianti, perché ho sempre amato il mio lavoro, mi ha permesso di far stare bene la mia famiglia, di offrire loro delle possibilità”.

Peppe Zarbo (Foto Instagram)

“Giravamo 18 scene alla volta, per episodi di 27 minuti: è un gruppo di lavoro straordinario”

Una vita di sacrifici al servizio di “Un posto al sole”. “Dico sacrificio perché ‘Un posto al sole’ è una macchina da guerra – ammette – avevamo un programma quotidiano pesantissimo, il mio era un personaggio che non si limitava a stare in studio, facevo scene d’azione, giravamo 18 scene alla volta, per episodi di 27 minuti, in tre giorni avevi praticamente girato un film. In tutto questo devi cercare di dare credibilità alle scene, provare a portarle a casa nel modo migliore possibile. Però è un gruppo di lavoro straordinario, affiatato. È importante puntare sempre sul benessere di chi lavora ad un prodotto di questo tipo. Un’azienda che si occupa della felicità di coloro che lavorano, è un’azienda che si assicura un lavoro fatto bene. Le cose funzionano perché se vinciamo dobbiamo vincere tutti, se perdiamo ci vogliamo bene, abbiamo dato il massimo”.

Peppe Zarbo e Luigi Miele (Foto Instagram)

“Fare il regista,non fa per me ma continuerò a lavorare nel settore del cinema”

Riguardo ai suoi progetti per il futuro, Peppe Zarbo svela: “Se c’è una cosa che non farò, senza dubbio, è il regista, non fa per me. Ma continuerò a lavorare nel settore del cinema, della televisione, della cultura, mi piacerebbe continuare sulla strada del direttore artistico, del produttore. Scelgo progetti dove ci sia questa voglia di lavorare bene e insieme, che possano essere sia utili che gratificanti dal punto di vista personale, ma anche in senso più ampio. Poi, ho capito una cosa negli anni. Mi sono accorto che tutte le cose che ho costruito e volevo belle per me, per gli amici, allora diventavano attrattive anche per gli altri. Anche nel lavoro è così, devi fare qualcosa che sia bello, inizialmente per te, poi hai la capacità di farlo apprezzare anche a chi ti circonda, come sempre è la passione che metti nel fare le cose, a farle brillare”.

Pubblicato il 12/05/2024 12:49

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