17 Novembre 2024, 15:28
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Si intitola “Cosa porti con te” l’autobiografia di Paolo Crepet che uscirà martedì 19 novembre. 73 anni appena compiuti, nel volume ripercorre la sua vita dedicata alla psichiatria ma anche all’arte. Il cognome di Paolo Crepet è di origini francesi. “Il mio bisnonno è stato tra gli editori di Baudelaire – racconta in un’intervista al “Corriere della Sera” – E la mia vita si è divisa in due: la psichiatria da una parte, l’arte dall’altra. A un certo punto della mia vita, ad Arezzo, ho aperto una galleria: in realtà era poco più di un fondaco, ero giovane, pochi soldi. Veniva tanta gente ma nessuno comprava niente. In passato ho avuto un dipinto di Hermann Nitsch e uno di Francis Bacon”. “Oggi siamo diventati indifferenti – sentenzia il noto psichiatra e sociologo – il dolore non ci fa più niente, ammazziamo qualcuno per un paio di cuffie. L’arte, invece, dà splendore al dolore”. Quindi si lascia andare ad una dichiarazione che su social sta facendo molto discutere. “Oggi il problema non è la droga – afferma – perché i Rolling Stones hanno realizzato capolavori sotto stupefacenti. Oggi il problema è che abbiamo un sacco di drogati e nessuna opera d’arte”.
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Paolo Crepet svela di aver fumato uno spinello anni fa a New York durante “una serata in casa con un amico”. “Arrivarono due ragazze bellissime, forse due ballerine, non ricordo – racconta – Una tirò fuori una canna. Potevamo tirarci indietro? Il mio amico dopo due tiri finì sul divano, a me non fece nulla”. Nel periodo in cui lavorava nei manicomi di Rio, provò invece “alcune bacche vegetali che danno euforia”. “Ma figuriamoci: bevevamo tazzone di caffè nerissimo per stare svegli, che cosa ci avrebbero potuto fare le bacche?”, sottolinea. Paolo Crepet ha girato il mondo per studiare la salute mentale delle persone: “Da Londra a Ginevra, da Praga a New Delhi fino a Parigi (…) Credo di essere stato uno dei pochissimi psichiatri ‘occidentali’ a poter sperimentare di persona che cosa significava lavorare in un ospedale psichiatrico dall’altro versante del Muro di Berlino. Praga, per me un mito perché amo Kafka. Ma vidi con i miei occhi gli psichiatri che ‘rieducavano’ dei soldati a loro dire affetti da deviazioni sessuali: mostravano a quei ragazzi diapositive con donne nude e se la loro reazione non era quella che si aspettavano, scattava la punizione”.
“Per me la follia è una forma di intelligenza straordinaria, immaginifica, visionaria – spiega Paolo Crepet – Non sto parlando delle comuni nevrosi, ma della persona che pensa di avere un’otturazione a un dente attraverso cui però parla con la Nasa, come mi raccontava un indimenticabile mio paziente di qualche anno fa. Se sono un po’ matto? Ma certo!”. “Perché ho sempre fatto cose inconsuete – argomenta – perché me ne sono sempre fregato delle convenzioni e ho fatto quello che mi piace fare. Certo, come tutte le persone libere mi è toccato un Golgota: l’accademia mi ha snobbato, ma sa che gioia incontrare la gente, parlare a tutti, andare in tv e entrare nei fatti, spiegarli. Solo oggi mi rendo conto di quanto valga la mia libertà”. Il celebre psichiatra e sociologo parla della grande amicizia che lo lega ad Oliviero Toscani. Il fotografo 82enne ha scoperto di essere affetto da amiloidosi, una rara malattia sistemica che può colpire diversi organi e tessuti del nostro organismo. “Insieme abbiamo anche lavorato con Vittorio Sgarbi quando era diventato sindaco di Salemi – ricorda Paolo Crepet – Io ero stato nominato ‘assessore ai sogni’. Prendemmo un confessionale, lo portammo in piazza e invitammo la gente a raccontare lì i propri sogni. Non funzionò perché venivano solo donne, i mariti cominciarono ad agitarsi e la finimmo lì”.
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17 Novembre 2024, 15:28