E’ trascorso un anno dal giorno in cui Paolo Calissano fu trovato senza vita a Roma, nel suo appartamento alla Balduina. Era il 30 dicembre 2021 e a trovare il suo corpo fu l’ex compagna Fabiola Palese che poche ore dopo la morte dell’attore tuonò sui social: “Siete degli sciacalli, lasciatelo in pace almeno ora”. Il riferimento è alla gogna mediatica a cui Calissano fu sottoposto in vita a causa delle vicende personali che ne macchiarono la carriera.
L’inchiesta chiusa con una richiesta di archiviazione
Un’inchiesta, lunga e complessa, per omicidio colposo avviata dalla Procura di Roma e chiusa con una richiesta di archiviazione, ha fatto chiarezza sulle cause della sua morte. A svelare l’esito di questa indagine è Roberto Calissano, fratello dell’attore, che ha lottato perché la memoria di Paolo non fosse macchiata anche da morto.
“Mio fratello non è morto a causa di stupefacenti”
“Vorrei liberare la memoria di Paolo dallo stigma della tossicodipendenza – dice in un’intervista al “Corriere della Sera” – Il pm che ha indagato per undici mesi sulla sua morte aveva disposto un esame tossicologico molto approfondito. La conclusione è stata che mio fratello non è morto a causa di stupefacenti, ma per un’intossicazione da farmaci antidepressivi. Quella sera Paolo accettò il rischio di morire, molto probabilmente. Se è morto suicida? Mai avrei pensato di dirlo, ma credo sia andata così. È molto doloroso per me ammetterlo”. E se si fosse ipotizzata l’istigazione al suicidio? “Certo, se si fosse indagato sulle diverse possibili motivazioni relative alla morte e sul suo stato d’animo, forse, si sarebbe sciolto questo enigma”, replica l’imprenditore. L’attore aveva anche dei problemi patrimoniali.
“L’abbandono è stata una fantasia di alcuni media”
Riguardo all’ex compagna del fratello, Roberto Calissano dice: “Fabiola fa parte dei nostri affetti, il suo dolore è stato fortissimo. Allora si disse perfino che Paolo fu ritrovato in stato di decomposizione. Oggi l’indagine ha chiarito che in realtà era morto da poco, nella notte fra il 29 e il 30 dicembre. L’abbandono è stata una fantasia di alcuni media”.
CLICCA E SEGUICI SU FACEBOOK
“Mio fratello era capace e appassionato ma non riusciva a lavorare”
L’imprenditore racconta le difficoltà professionali di Paolo Calissano: “Non riusciva a lavorare. Aveva scritto tre sceneggiature. Le ho lette. Sono molto belle. Una era autobiografica, raccontava una storia in una comunità, La foresta dei pini d’argento. Mio fratello era capace, appassionato. I suoi limiti? L’ingenuità, un eccesso di fiducia nel prossimo. Forse anche un po’ di permalosità”.
L’ultima telefonata col fratello: “Forse non gli feci abbastanza domande”
Infine, Roberto Calissano ricorda l’ultima volta che ha sentito Paolo: “Il 19 dicembre. Era giù. Non gli feci abbastanza domande, forse. Tutto rimase nella sfera del non detto. Aspirava al diritto all’oblio. Invece i motori di ricerca continuavano a risputare fuori quell’episodio legato al consumo di stupefacenti. Non riusciva a liberarsene. Lavorare era diventato impossibile. Perciò almeno oggi, dopo la sua morte, vorrei che fosse fatta un’operazione verità nei suoi confronti”.