Myrta Merlino non rinnega nulla, dopo la confessione di Lorenzo Carbone mandata in onda a “Pomeriggio Cinque” lo scorso lunedì 23 settembre. L’uomo, un 50enne, di cui si erano perse le tracce, era ricercato dopo che la madre 80enne con cui viveva era stata rinvenuta senza vita nella sua casa a Spezzano di Fiorano, nel Modenese. Al centro della vicenda anche l’inviato del programma, il giornalista Fabio Giuffrida che si era recato sul posto e, intercettando l’uomo visibilmente agitato. “Lei è Lorenzo Carbone? Ma che ci fa qui? Ha ucciso sua madre?”, aveva chiesto il giornalista. “Sì sono io, Lorenzo, quello che state cercando. Sono venuto direttamente qua. Non ce l’ho fatta, l’ho uccisa io”, aveva detto in lacrime Lorenzo Carbone, che era stato poi arrestato dai carabinieri allertati dall’inviato della trasmissione. La decisione di mandare in onda la confessione ha diviso l’opinione pubblica. C’è chi ha trovato disumano mostrare un uomo confuso e provato e chi invece ha difeso la libertà di informazione.
Myrta Merlino sulla confessione di Lorenzo Carbone: “Ho ragionato da giornalista”
Intervistata dal “Corriere della Sera”, Myrta Merlino ha risposto alle critiche e spiegato la scelta di mandare in onda il servizio. “Ho seguito due principi: la mia coscienza e la mia professionalità. Rifarei tutto quello che ho autorizzato. Le notizie si danno”, ha dichiarato senza mezzi termini. Poi ha raccontato com’è andata: “Ricevo la telefonata del mio inviato qualche minuto prima di andare in diretta. ‘Una cosa pazzesca’, mi dice. Ho poco tempo per decidere. Mi preme solo una cosa: che non danneggi l’indagine. L’uomo era ricercato. Chiamo subito i carabinieri. Mi autorizzano a mandare in onda le immagini dell’intervista. Ho ragionato da giornalista”. La conduttrice aggiunge: “Carbone era in stato di shock? Sì. Ma ha raccontato i fatti, con lucidità. Per non turbare la sensibilità di chi ascolta ho tagliato le parti scabrose, i particolari di come aveva ucciso sua madre”. “Le scelte che fai fanno la differenza. Professionalmente sono stata rigorosa, avendo privilegiato la notizia. L’opinione pubblica ha diritto di sapere”, conclude.
Ermes Antonucci: “Il circo mediatico ha toccato un suo nuovo punto più basso”
Tra i primi a criticare Myrta Merlino per la sua scelta, la giornalista Gaia Tortora, vicedirettrice di TgLa7. “Quello che è accaduto oggi a Pomeriggio 5 è gravissimo – ha scritto su “X” – Non è questo il nostro mestiere. Stracciato il codice deontologico stiamo toccando il fondo”. Dello stesso avviso anche il giornalista de “Il Foglio” Ermes Antonucci: “Un programma Mediaset ha mandato in onda un’intervista a un uomo in evidente stato confusionale tornato a casa dopo essere sparito una notte, che confessa l’omicidio della madre, malata di demenza. Ma che bisogno c’era? Non bastava chiamare le forze dell’ordine, come per fortuna è stato fatto, e poi spiegare cosa era avvenuto, senza mandare in onda il video? Ma veramente nella nostra categoria è ormai passata la regola che tutto possa essere scritto e trasmesso, senza che nessuno si ponga mai un problema non dico deontologico (figuriamoci), ma persino umano? Il circo mediatico ha toccato un suo nuovo punto più basso. P.s. L’ordine dei giornalisti dov’è? Si sveglia solo quando c’è da denunciare inesistenti ‘bavagli’ per difendere il lavoro di colleghi che campano con le carte passate dalle procure?”.
Fabio Giuffrida: “Era una persona in stato di shock e meritava di essere trattato con dignità”
Myrta Merlino non vacilla e anzi spiega come l’azienda per cui lavora sia dalla sua parte. In un’intervista a “Il Messaggero”, la conduttrice di “Pomeriggio Cinque” ha dichiarato: “L’azienda mi ha dato ragione. Deontologicamente la notizia vince sempre. E noi l’abbiamo data, con sobrietà e rigore. Il nostro inviato ha avuto la prontezza di chiamare i carabinieri, se non li avesse chiamati non avremmo mai mandato in onda il servizio”. “Ho parlato con i Carabinieri – ha aggiunto – e la prima immagine che abbiamo trasmesso è stata quella dell’arresto. Non abbiamo rincorso l’assassino né intralciato le indagini. La storia è chiusa e la raccontiamo perché ne siamo stati testimoni oculari”. L’inviato Fabio Giuffrida è stato travolto su Instagram da critiche e accuse di sciacallaggio. “Ognuno ha la propria etica – ha spiegato il giornalista a “Il Messaggero” – ma il mio dovere come giornalista era documentare ciò che mi stava accadendo davanti e svolgere un servizio pubblico. Non sapevo cosa stesse per dirmi, ma non posso ignorare un fatto del genere. Non c’è stato alcun atteggiamento aggressivo, ma solo la volontà di raccontare una storia, con tutta la delicatezza che situazioni del genere richiedono”.
“Era fondamentale mantenere un certo rispetto – ha aggiunto – anche se avevo di fronte un uomo che aveva appena confessato un crimine terribile. A prescindere dal fatto che fosse un assassino, rimaneva una persona in stato di shock e meritava di essere trattato con dignità”.
L’inviato: “Abbiamo omesso molti particolari macabri”
L’inviato di “Pomeriggio Cinque” ha raccontato cosa è successo quel pomeriggio: “La mia prima domanda è stata: ‘Hai chiamato i carabinieri?’ Quando ha detto di no, li ho chiamati io immediatamente. Anche se stavo svolgendo il mio lavoro da giornalista, la priorità era far sì che venisse consegnato alla giustizia. Ho provato timore ed ero scosso, ma quando fai il giornalista, in momenti così delicati devi mettere da parte le emozioni e concentrarti sul tuo lavoro. Mai nella mia carriera mi era capitato di intervistare qualcuno che, davanti ai miei occhi, ammettesse di essere un assassino. Erano le tre e mezza, noi eravamo già lì da un quarto d’ora, quando vedo sbucare all’improvviso da sinistra un uomo in uno stato confusionale che si aggirava come in cerca di aiuto. Tu mi chiedi come ho fatto a riconoscerlo? Non l’avevo mai visto prima, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che cercava il mio, come se volesse parlarmi. Abbiamo omesso molti particolari macabri perché non ritenevamo opportuno trasmetterli, soprattutto in quel contesto”.
Luciano Garofalo a Myrta Merlino: “Hai fatto bene, è un documento importantissimo”
Ma c’è anche chi appoggia l’operato di Myrta Merlino e del suo inviato. Luciano Garofalo, ex generale italiano dell’Arma dei carabinieri, è intervenuto in diretta a “Pomeriggio Cinque”. “Hai fatto bene, è un documento importantissimo – ha detto – È giornalismo investigativo. Ricordo un caso, quello di Ferdinando Caretta, che si risolse dopo dieci anni proprio grazie ad un intervisto di Pino Rinaldi. È una virtù del giornalismo, nel momento in cui si può dare un contribuito alle indagini. Questo fa sì che ora ci sia una base sulla quale gli investigatori e il pubblico ministero possano lavorare. Attraverso questa confessione, si disvela un mondo terribile fatto di sofferenze, fragilità e di violenze, quel mondo che non vorremmo scoprire e rimane sottaciuto”. Dalla sua parte anche Selvaggia Lucarelli che in un storia su Instagram ha scritto: “Quelli che si stanno scandalizzando per la messa in onda della confessione dell’omicidio a ‘Pomeriggio Cinque’, credo non vedano quello che va in onda nei programmi di nera da qualche decennio”.
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Pino Rinaldi: “La mia preoccupazione era che Carretta non si togliesse la vita”
Un caso analogo a quello di Lorenzo Carbone è quello di Ferdinando Carretta che nel 1998 confessò di aver sterminato la famiglia prima ad un giornalista e in seguito alle autorità. Il cronista che ha raccolto la confessione all’epoca è Pino Rinaldi, inviato di “Chi l’ha visto?”, che durante la conferenza stampa di presentazione del suo programma “Detectives” ha detto la sua. “La confessione di Lorenzo Carbone? Nulla di straordinario, perché mentre parli l’emozione ti può far dire in pubblico la tua verità, che è anche quella più drammatica. L’unica differenza – ha precisato – è che io dopo che ha detto questa cosa avrei chiuso la telecamera”. Ferdinando Carretta aveva sterminato la sua famiglia a Parma e aveva fatto perdere le sue tracce per anni. Era stato ritrovato a Londra dove faceva il pony express. “Al giornalista che è riuscito ad avere questa intervista – ha continuato Pino Rinaldi – non so quanto fosse consapevole di quello che stava accadendo, è un’esperienza dura. Ma, senza togliere nulla al nostro mestiere, io penso a quante persone indossano la divisa, a quante volte un poliziotto ha raccolto una testimonianza, vi posso garantire che quello che vi arriva dentro è qualcosa di terrificante”.
“Quando confessò Ferdinando Carretta – ha proseguito il giornalista – la tempistica fu la seguente: a me confessò il giovedì sera alle 4 di notte, ma io ho fatto passare due giorni. La mia preoccupazione non era quella dello scoop, ma quella che lui non si togliesse la vita. L’ho convinto a tornare in Italia – ha continuato – Io non ho mai detto alla Polizia che aveva confessato, perché doveva essere lui. Ha confessato a loro e soltanto dopo che lui aveva confessato a chi di dovere è andata in onda l’intervista completa. Questo è secondo me il vero giornalismo”.