24 Maggio 2024, 16:15
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Michele, Nicolò e Leonardo, nati dal matrimonio tra Mike Bongiorno e Daniela Zuccoli, ricordano il padre in un’intervista al quotidiano “La Repubblica”. Il prossimo 26 maggio l’indimenticato conduttore avrebbe compiuto cento anni. “Ha fatto tante cose, ha avuto una vita incredibile ma in casa non si è mai celebrato”, dicono i suoi tre figli. Oggi ognuno è affermato nel suo settore. Il primogenito Michele, 51 anni, è un produttore di documentari. Il secondogenito Nicolò, 48 anni, è regista, sceneggiatore e produttore nonché presidente della fondazione Bongiorno. L’ultimogenito Leonardo si occupa di finanza dopo essersi laureato alla Bocconi. Il padre lo chiamava Leolino. Mike è scomparso l’8 settembre 2009 per un infarto.
Michele Bongiorno racconta che capita che le persone lo riconoscano e lo identifichino come il figlio di Mike. “Allora dico con orgoglio: ‘Sono parente stretto, il figlio più vecchio’ – confida – E allora partono gli aneddoti su come lo ricordano, sia le persone giovani che quelle anziane. Ognuno ha il suo Mike Bongiorno: c’è chi lo ricorda per il lavoro, chi lo ha incontrato in ambiti sportivi, come tifoso juventino, chi ricorda le sue gaffe”. “Ci sentiamo parte di tante famiglie – gli fa eco Nicolò – ci confidano ricordi personali, privati… In effetti ci trattano come parenti, è strano”. “È così – conferma Leonardo – la gente che ci ferma associa momenti della propria vita, la nonna con cui guardavano la trasmissione…Papà era come un metronomo, ha scandito il tempo nel privato, nella crescita del Paese. Era una figura che dava tranquillità”.
Nessuno dei tre ha seguito le orme del padre, icona della tv italiana. “Credo molto nella professionalità – spiega Michele – non credo in una dinastia o che si debba seguire la strada di un genitore. Bisogna prepararsi. Papà ha fatto questo mestiere di istinto, senza fare le scuole, ma era un altro mondo. Lui è stato un grandissimo professionista, ma ci vogliono le occasioni insieme alla fortuna e all’impegno. Il 900 è stato un secolo di grandi opportunità, dovevi saperle cogliere e meritare”. “Ho studiato cinema, recitazione tante cose, ma di fatto nessuno mi ha mai proposto e io neanche sono andato a cercarlo – racconta Nicolò – Saremmo ridicoli poi magari no, non lo so. Sia io che Michele siamo entrati nel mondo dello spettacolo, ma in settori di nicchia, valorizzando la nostra identità”. “Lui mi ha fatto comparire, con amore, in qualche sua trasmissione – ricorda Leonardo – Abbiamo girato insieme qualche pubblicità, sono stato al suo fianco in qualche gioco. L’ho fatto per lui, non era quello che volevo fare, preferisco il mio settore, la finanza. Mi costruisco la mia realtà da solo”.
Quasi sempre fuori per lavoro, Mike Bongiorno è stato un padre severo, specie per i due figli maggiori. Leonardo è nato quando era già avanti con l’età. “Lo vedevamo poco, con me è Nicolò è stato anche autoritario – racconta Michele – Oggi che sono padre lo ringrazio di questa severità, ci ha formato, non era misurato in una dolcezza casalinga”. “Era severo, teneva molto all’educazione”, conferma Nicolò. “Io sono nato in una fase avanzata della sua età, ha avuto la felicità di avere un figlio piccolo – afferma Leonardo – Con me era diverso, aveva scoperto come cambiare i pannolini”. Mike Bongiorno viveva con ansia le uscite del suo terzogenito e andava a letto solo quando il figlio rincasava. “Fumava il sigaro e si metteva in cucina per guardare le telecamere di sicurezza per controllare – ricorda Leonardo – Si arrabbiava se arrivavo tardi, poi gli passava, si scioglieva e faceva una delle sue battute”.
Nicolò confessa di aver avvertito talvolta il peso di essere figlio di Mike Bongiorno ma allo stesso tempo era “bellissimo”. “Il rapporto padre-figlio è universale, per noi è così in tutte le sfaccettature. Da un lato è un privilegio, dall’altro c’è una complessità da gestire”, ammette. “Non so cosa voglia dire essere figlio di qualcun altro – gli fa eco Michele – Ognuno di noi ha la propria vita e la propria identità, ma cerchiamo tutti, come famiglia, di portare avanti i suoi valori e un certo stile. E anche adesso, con la Fondazione, di fare beneficenza e offrire borse di studio. Curiamo le cose a cui avrebbe tenuto. Lo vedo anche nel rapporto con le mie figlie, il papà è comunque il papà. Un padre amorevole e perbene spera sempre di essere l’idolo dei figli, a prescindere dalla professione”. “Oltre alla responsabilità verso il resto del mondo sento quella di portare avanti la sua eredità morale: voglio che sia fiero di me”, sentenzia Leonardo.
Nonostante l’età, Mike Bongiorno non aveva perso la passione per lo sport. “Viveva la vita appieno, non ha mai smesso di fare sport – racconta Michele – Con noi faceva trasparire il lato vero, umano, anche le debolezze, senza fare il fenomeno. Diceva: ‘Faccio più fatica, mi sento più stanco’. La maggioranza delle persone alla sua età stava sul divano con la copertina, lui mi confidava di essere un po’ stanco dopo una sciata. ‘A una certa età hai paura delle malattie, io sono contento di stare così’. Quanto è stato bravo da andare via da un giorno all’altro, le malattie le aveva schivate”. “Ci teneva molto a stare in forma, era sano – ricorda Nicolò – Secondo me non si è mai visto anziano o nonno. Scherzava sulla longevità: ‘Mi ha detto il mio medico che dimostro 20 anni di meno’. Stressava tutti con questa cosa. Per lui era importante essere giovani, era un uomo di spettacolo che si guardava allo specchio”. “Era pieno di programmi: doveva rifare Rischiatutto su Sky, aveva nuove idee. Ma non dimenticherò mai quando, in uno degli ultimi viaggi con lui, uscendo dalla piscina, tremava un po’ e si è appoggiato al mio braccio. Venti giorni dopo è mancato”, confida Leonardo.
I tre figli di Mike Bongiorno parlano degli insegnamenti ricevuti dal padre. “Ci ha trasmesso tante cose – rivela Michele – Siamo internazionali, era un uomo coraggioso e noi lo stiamo stati, abbiamo avuto anche momenti difficili”. “Come lui siamo disponibili all’incontro con gli altri – gli fa eco Nicolò – Siamo un po’ di tutti e di nessuno, è l’identità dell’essere italo-americani. Lui era il cittadino più famoso ma anche un orfano”. “Era sempre positivo – ricorda Leonardo – il suo simbolo era il sole che sorride: me lo sono tatuato”. Tutti e tre sentono di dover dire grazie al padre per qualcosa. A cominciare è Michele: “Sembra banale, per prima cosa di averci dato la vita, di essere stato un esempio, di averci lasciato tanti ricordi. Quasi tutti i giorni accendo la tv e qualcuno lo cita, è sempre tirato in mezzo, anche prendendolo in giro, non si deve piacere a tutti. Ma parlandone, tengono viva la memoria”. “Per averci trasmesso questa apertura mentale, la fecondità dei rapporti. E per la potenzialità enorme nell’essere noi stessi”, dice Nicolò. “Per la cultura del lavoro: era il primo ad arrivare in studio e l’ultimo a spegnere la luce”, chiosa Leonardo.
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