Non solo solidarietà, affetto e sostegno. Michela Murgia ha ricevuto anche tante critiche per aver deciso di svelare e raccontare la sua malattia (un carcinoma renale al quarto stadio, ndr.). C’è chi la attacca semplicemente per aver deciso di parlare, chi punta il dito contro il modo in cui ha scelto di parlarne e affrontarla, chi storce il naso davanti alla “queer family” della scrittrice e chi non è riuscito proprio a digerire l’affermazione “spero solo di morire quando Giorgia Meloni non sarà più presidente del Consiglio”. Le lamentale non sono pervenute solo alla diretta interessata ma anche ad Aldo Cazzullo, il giornalista del “Corriere della Sera” che ha realizzato l’ormai celeberrima intervista- manifesto.
“Inaccettabile parlare del cancro come di «una malattia molto gentile»”
“La Murgia si impegna molto per apparire fuori del coro, fa affermazioni volutamente estreme, si compiace di scandalizzare con l’arroganza tipica del ruolo controcorrente che pratica. Ho trovato inaccettabile parlare del cancro come di «una malattia molto gentile». E sono solidale con i malati di cancro che avranno letto quest’affermazione, ridicola e provocatoria”, ha scritto un lettore del “Corsera”. “Mi permetto di criticare quanto detto da Murgia per due motivi: non sono d’accordo sulla pubblicità della malattia; il fatto di resistere oltre il governo Meloni è un illogico risentimento verso un governo liberamente eletto”, ha sottolineato un altro.
CLICCA E SEGUICI SU FACEBOOK
Cazzullo: “Non è stato facile, a tratti ci siamo commossi entrambi”
“Cari lettori, moltissimi di voi hanno scritto per commentare l’intervista a Michela Murgia – ha risposto Aldo Cazzullo – Qualcuno, sulla scia del professor Burioni, sostiene che il suo male possa ancora regredire. Uno mi ha mandato un resoconto dettagliatissimo di una guarigione miracolosa a Lourdes. Molti mi chiedono notizie su come si è svolto il dialogo: certo non è stato facile, a tratti ci siamo commossi entrambi; ma ho sempre provato fastidio nel leggere come e quando le interviste si svolgono, togliendo spazio alle parole dell’intervistato, le uniche che contano. La maggior parte dei lettori esprime ammirazione per il rigore asciutto con cui Michela Murgia ha dato la notizia. Qualcuno non le perdona di aver criticato Giorgia Meloni, che mi pare abbia risposto in modo efficace. Come ha commentato Guia Soncini, la cosa migliore che si possa fare per una persona che sta morendo è continuare a trattarla come da viva”.
“Dopo il Covid la morte è entrata nella vita e non possiamo più negarlo”
“Michela non vuole essere compatita – ha precisato il giornalista – e non ha escluso la possibilità di essere odiata, oltre che amata. È una donna forte, ha la durezza e la dolcezza della sua Sardegna (…) Il suo libro, «Tre ciotole», esce solo martedì, ma da una settimana è il più ordinato su Amazon. È un libro importante, che resterà. Non c’è nulla di esibizionista nella scelta dell’autrice. Tutto è letteratura. E politica. Nel nostro tempo, spesso la malattia è stata celata come una vergogna. La morte è stata esorcizzata, nascosta. Non è più una morte pubblica, come un tempo; quando una persona illustre scompare si accenna appena a una «lunga malattia» o a una «breve malattia». Ma dopo il Covid è più difficile. Perché la morte è entrata nella vita, e non possiamo più ostinarci a negarlo”.