Scultore, scrittore, scalatore, padre di quattro figli (tre femmine e un maschio), Mauro Corona sbarca per la prima volta a “Verissimo” e racconta la sua vita rocambolesca. “Ho 73 anni e conduco una vita pericolosa tra le montagne e le osterie. Spero di campare ancora qualche anno. Scrivo perché non voglio morire frainteso”, confida a Silvia Toffanin.
“Io e i miei fratelli non siamo nati per amore, siamo accaduti”
L’infanzia di Mauro Corona è stata segnata da un padre molto violento che ha mandato la madre in coma tre volte. “Non credo che noi tre fratelli fossimo venuti al mondo per amore o per affetto. Siamo accaduti – confessa in collegamento con lo studio di “Verissimo” – Mi sono sentito sempre un inciampo per mio padre, come gli altri miei fratelli. Non ho mai capito questa violenza gratuita. Un’infanzia sottratta, un’infanzia che non chiedeva lussi o scarpe o giacche. Chiedeva carezze. Non chiedevamo neanche tanto da mangiare ma una carezza che non c’è stata. Tutto quello che ho fatto è stato per rimanere, per non sprofondare, anche se sono andato a fondo parecchie volte tornando a galla in qualche modo”.
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“Io avevo 6 anni quando la mamma ci abbandonò”
“Mia madre scappò, si rifugiò all’estero – racconta – Non abbiamo mai saputo dove sia finita, penso Svizzera, Olanda, Germania, a fare la sguattera, proprio per non soccombere. Abbandonò tre bambini. Io avevo 6 anni, mio fratello Felice che poi morì in Germania ne aveva 5. E poi mio fratello Richetto che aveva 4 mesi. L’ho rivista quando avevo 13 anni. Non c’è rancore, c’è una sofferenza. Poi mia madre tornò, si rimise con mio padre e ripresero a picchiarsi. Il perdono io lo sento, è il rimorso di non esserci capiti prima. La morte dei miei genitori mi ha riportato un affetto che è mancato da parte loro nei nostri confronti e sicuramente da parte mia nei loro confronti. Il perdono è il desiderio di averli qui ora ma ormai è troppo tardi”.
La tragica e misteriosa morte del fratello Felice: “Roba da ‘Chi l’ha visto?’
La conversazione si sposta su suo fratello Felice scomparso in circostanze misteriose. “Fu trovato morto in una piscina – ricorda – avrebbe fatto 18 anni a dicembre. Morì a giugno, lo trovarono morto sul bordo della piscina, c’erano dei cocci di bottiglia. Nessuno ha mai saputo com’è successo, nessuno è venuto al funerale. Volevo fare un appello: con lui c’era il figlio di questi padroni. Non lo dico con rancore, mi piacerebbe ritrovarlo. So che questa è materia per ‘Chi l’ha visto?’ ma un appello anche qui non è male. Questo ragazzo aveva più o meno l’età dio mio fratello. Vorrei che venisse qui a bere un bicchiere di vino, ad abbracciare me e mio fratello ancora vivo, a guardarci negli occhi. Non faremo domande, non abbiamo serbato né odio né vendetta. Ormai è passato tanto tempo, noi siamo gente che non conserva la rabbia”.
“Forse sono stato un cattivo marito ma sono stato un buon padre”
“Che papà sono stato? Forse dopo tanti anni devo dare ragione a mio padre perché il suo comportamento da belva ha fatto sì che non mi comportassi così coi miei figli, anche se non era necessario perché io avevo questo istinto buono – rivela Mauro Corona – Ho assecondato i loro desideri. Ognuno poi ha preso la propria strada, si sono laureati, ma io credo di essere stato un buon padre e lo dicono anche loro. Forse sono stato un cattivo marito ma sono stato un buon padre che mi sembra più importante”. “Sua moglie è gelosa del rapporto che ha con Bianca Berlinguer?”, chiede Silvia Toffanin. “No, lei è una donna molto seria, molto appartata – ribatte l’alpinista-scrittore – Ormai anche lei ha una certa età. Io con la Bianchina ho un rapporto di lavoro anche se non reputo un lavoro quello che faccio con Bianchina. Il lavoro era quello che facevo 15 ore al giorno nella cava di marmo rosso”.
La confessione di Mauro Corona: “Dall’alcol non si esce”
Quasi nel finale, Mauro Corona confida di aver ripreso a bere dopo cinque anni di astinenza. “Il problema dell’alcol è una cosa molto seria – sottolinea – Dopo una vita abbastanza turbolenta avevo smesso per cinque anni. Ma dall’alcol non si esce, ficcatevelo bene in testa. L’alcol è un morso di vipera che non ti lascia più, però lo puoi sospendere. Avevo fatto cinque anni di astinenza, stavo bene, ero un uomo sereno, non dico felice perché non ho mai usato quella parola. Ero un uomo pacifico, facevo le mie cose. Ma questo serpente era lì e ripresi. Due o tre anni fa, sospesi di nuovo perché non mi piacevo, a parte arrecare dolore ai miei figli e a chi mi voleva bene che sono molto pochi ma i miei figli me ne vogliono”.
“Torno dalle scalate e dalla camminate e vado al bar”
“Smisi di nuovo senza l’aiuto di nessuno perché ho una volontà di ghisa e tanto vale per farmi smettere quanto per annientarmi – spiega – Ero tornato un uomo bello, pacifico, quieto. Poi più di un anno fa, ho ripreso. Non è che la mia ripresa faccia sì che non faccia più le mie cose. Vado a scalare, a camminare. Però appena torno giù, invece di andare a casa e mettermi a leggere, a scrivere, a guardare la tv, vado al bar perché dall’alcol non si esce. La vita è questa, non facciamoci illusioni. Ma nonostante tutto a me la vita piace molto. La vita delle piccole cose”.
La richiesta a Pier Silvio Berlusconi: “Rimetta le reti Mediaset nelle piccole comunità”
Nel finale, Mauro Corona ha una richiesta per l’amministratore delegato di Mediaset nonché compagno della conduttrice: “L’ultima cosa…Toffanina. Mi hanno detto che lei è la moglie di Pier Silvio, gli dica se può farci riavere nelle piccole comunità le reti Mediaset perché le hanno tolte e non possono più vederci. Sotto i 400 abitanti non si ha diritto a vedere le reti Mediaset”. “Glielo dirò assolutamente – assicura Silvia Toffanin – Lo risolviamo subito questo problema. La ringrazio per questa intervista e un giorno mi auguro di poterla incontrare di persona. Magari vengo io da lei. Lei è un mito per me”. “Anche la Bianchina vorrebbe venire qui, è meglio una alla volta”, chiosa lo scalatore.