16 Settembre 2021, 16:57
4' DI LETTURA
“Attenzione! Non è che io voglio andare in pensione, giustamente al compimento del 70esimo anno, alla fine dell’anno accademico, uno va casa. Funziona così, secondo la legge italiana. Sono i miei ultimi 40 giorni in ospedale come primario. Cosa farò? Farò le mie cose e continuerò a fare ricerca”. Queste le parole a “L’aria che tira” di Massimo Galli, ormai quasi ex primario di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano e docente alla Statale. L’infettivologo si appresta ad appendere il camice al chiodo dopo 43 anni di onorato servizio.
“Il telefono suona in continuazione, ma a 70 anni i professori universitari devono lasciare – confessa in un’intervista al “Corriere della Sera” – Non abbandono la trincea. Noi medici, assieme ai magistrati, siamo quel genere di persone che non vorrebbero mai andare. Però a Milano si dice: ‘Zucche e meloni alla loro stagione’. E dietro di me c’è chi merita di prendere questo posto. Ho avuto un’infinità di dimostrazioni di affetto commuoventi”.
Galli ammette che l’ultimo anno e mezzo non è stato facile, persino per uno come lui che riesce a tenere a bada l’emotività: “Il mio mestiere impone di indossare la corazza. Ma questa pandemia lascia cicatrici. Ci sono lutti difficili da dimenticare. Se rivivo la galleria dei ritratti dei lutti, mi tornano in mente tanti amici che ho visto morire di Aids. Gran parte della mia vita professionale l’ho passata a cercare una cura che frenasse quella malattia”.
L’infettivologo azzarda una previsione sulla fine del Covid: “Penso che verrà derubricato. Anthony Fauci parla della prossima primavera. Ma serve non perdere il ritmo della campagna vaccinale. E da questo punto di vista devo dire che in Italia abbiamo fatto meglio di tanti altri. Non sono mai stato pessimista da questo punto di vista. Ero preoccupato dalle dosi a nostra disposizione”.
Massimo Galli si ritirerà anche dalla tv? “La moda dei virologi mi fa arrabbiare – confessa -Sono come molti colleghi invitato in continuazione in tv. Ma il committente è la gente. Per quell’enorme necessità di informazione e di dibattito in materia. Non siamo noi a reclamare spazi. E comunque per il mio futuro spero di no, ma temo di sì. Agli ignoranti della politica che dicono più microscopi e meno tv, dico di avere più attenzioni al destino degli italiani e meno ricerca del consenso elettorale. Vado in tv, come sto in ospedale. Per fortuna dormo poco”.
Niente pace con Alberto Zangrillo: “A luglio 2020 ero tra i pochi a parlare di un autunno difficile. Purtroppo i morti della seconda ondata mi hanno dato ragione. Quindi con lui non può finire a tarallucci e vino. Ma dividere tecnici e medici tra destra e sinistra è stata un’operazione ridicola”.
Infine, Galli dice la sua sull’eredità che ci lascerà il Covid: “Un’epidemia così mancava da un secolo: ha sottolineato la precarietà della vita umana. È come se la gente pensasse che, con la tecnologia, la medicina avrebbe potuto salvarci da tutto, che avremmo vissuto sempre a lungo felici e contenti. Invece i giovani d’oggi la racconteranno ai loro nipoti. Sperando che la memoria li aiuti a costruire un sistema sanitario con le spalle abbastanza larghe ad evitare che una cosa del genere si ripeta troppo presto”.
Stamani ospite di “Morning News”, incalzato dalla conduttrice Simona Branchetti, Massimo Galli ha dato i “voti” ad alcuni colleghi: “Con chi mi sento più in sintonia? Andrea Crisanti sicuramente, Fabrizio Pregliasco ha sempre detto cose corrette lineari. Perché poi ci sono i colleghi con cui la mia sintonia diventa ancora altrettanto marcata ma con cui ho anche una consuetudine di lavoro ma che hanno avuto meno visibilità”. Il prof Galli non si è pronunciato né su Matteo Bassetti né su Roberto Burioni.
Pubblicato il
16 Settembre 2021, 16:57