11 Maggio 2022, 11:10
8' DI LETTURA
Marina Di Guardo ha presentato ieri a Palermo, presso La Feltrinelli, il suo ultimo thriller dal titolo “Dress code rosso sangue’ edito da Mondadori. Sono trascorsi 10 anni dall’esordio della mamma delle tre sorelle Ferragni nella narrativa con il romanzo “L’inganno della seduzione” edito da Nulla Die, una piccola casa editrice con sede a Piazza Armerina. Nel 2015 il passaggio definitivo al thriller, un genere che la scrittrice non intende mollare perché sente “di aver finalmente trovato la propria dimensione”. Un genere talmente poliedrico da consentirle di trattare temi a lei particolarmente cari tra cui quello della lotta contro la violenza sulle donne. Marina Di Guardo racconta ai lettori palermitani che sia titolo che copertina sono farina del suo sacco. Mantenerli, nel momento in cui uno scrittore propone il suo libro ad una casa editrice, non è poi così scontato. Sulla copertina, si scopre, Mondadori non ha avuto nulla da ridire. “Ho detto loro che la foto piaceva tanto a Chiara”, ironizza citando la sua primogenita. Chiara, ovviamente, è Chiara Ferragni. Un nome che non ha bisogno di presentazioni.
Marina Di Guardo è nata a Novara ma ha origini siciliane (i genitori erano catanesi, ndr.) e oggi si divide tra Cremona e Milano. Nei suoi romanzi la Sicilia torna sotto forma di odori, sapori, colori, luoghi e personaggi. “Ne metto sempre un pezzetto nelle mie opere – confessa – Ad esempio, nel libro precedente, ‘Nella buona e nella cattiva sorte’, che è ambientato in un ipotetico paese sul lago, c’è un personaggio che è siciliano. La seconda parte di ‘Dress code rosso sangue’ è ambientata a Noto ed è una cosa stranissima perché avevo scritto questo soggetto quattro anni e mezzo fa quando mia figlia Chiara non pensava neanche minimamente di sposarsi. Quando mi ha detto che era indecisa tra la Toscana e Noto, per motivi campanilistici, perché i miei genitori erano siciliani, volevo che si sposasse a Noto. Glielo dico sempre: ‘Tu sei per metà sei siciliana’. Lo dico a tutte le mie figlie. Io invece mi sento siciliana al 100% nonostante sia nata e cresciuta al Nord. Cosa c’è di siciliano in me? Il carattere: vulcanico, passionale, esplosivo. Ne sa qualcosa il mio povero fidanzato che mi sopporta (ride)”.
“In famiglia, i miei parlavano con me e i miei fratelli in siciliano – racconta – Il catanese lo capisco perfettamente, però non mi azzardo a parlarlo. Tutti i miei parenti sono a Catania. Solo mio padre è andato a lavorare al Nord dopo essersi laureato in Medicina. Quando vengo in Sicilia è bellissimo perché ritrovo quel mondo che mi stupiva da bambina. Partivo alle 8 del mattino con i miei genitori e i miei fratelli, in auto, e arrivavamo alle 20. Guidava mio padre, in questo era maschilista (ride). Non so come facesse ad affrontare 1.500 km. Noi figli ci ritrovavamo catapultati dalla grigia Milano o da altri luoghi dove abbiamo vissuto al Nord in questa esplosione di colori, di umanità. Mi sembrava un altro mondo, un altro modo di vivere e tutto ciò mi appassionava. E’ un ricordo che porterò sempre con me”.
Durante l’incontro con i lettori palermitani, Marina Di Guardo regala uno spoiler sulla prossima opera che sta iniziando a prendere forma nella sua testa. “Ovviamente sto già pensando al prossimo romanzo – dice – Palermo l’ho già messa ne ‘La memoria dei corpi’. Sto pensando dove ambientarlo, però sono già partita dall’idea di questo uomo che ascolta ossessivamente i messaggi vocali che la moglie gli ha lasciato nel tempo e che poi è scomparsa in un incidente stradale. Sentendo uno di questi messaggi, a un certo punto, capisce che forse non sapeva tutto di sua moglie. Questo è l’inizio, spero vi piaccia”.
Prima di dedicarsi alla scrittura, Marina Di Guardo ha lavorato come vicedirettrice dello showroom di Blumarine. Incarico che ha lasciato per dedicarsi alla crescita delle figlie. “Ho lasciato il mondo della moda con qualche rimpianto ma a volte nella vita bisogna fare delle rinunce – sentenzia – La mia piccolina era nata molto piccolina e necessitava di tanti controlli. Io abitavo a Cremona, molto lontano da Milano. Quindi ho preso questa decisione”.
“Dress code rosso sangue” ha come sfondo Milano, la capitale della moda. La protagonista Cecilia Carboni si laurea in Giurisprudenza e inizia il praticantato nello studio legale di famiglia. Il suo futuro sembra già delineato, quando un giorno le viene rivolta una proposta allettante: lavorare nel prestigioso showroom di Franco Sartori, uno degli stilisti più celebri al mondo. Un’esperienza che le permetterà di crescere affrancandosi da una vita fatta da scelte imposte dagli altri.
“Per raccontare il mondo della moda contemporaneo ho chiesto aiuto a Fabio, il presidente della società di mia figlia – confida – Per ringraziarlo di questi suggerimenti, ho chiamato Fabio uno dei protagonisti e l’ho fatto arrivare da Barletta esattamente come lui. Questo personaggio è molto dolce. A Barletta non veniva compreso in quanto omosessuale mentre a Milano trova l’appoggio e le possibilità di carriera che nella sua città gli mancavano. Milano può essere una città a volte respingente ma anche molto interessante e accogliente. Glielo devo. Adesso sto cominciando anch’io ad affezionarmi ma non troppo”. La Di Guardo confessa che all’inizio, venendo dalla provincia, si sentiva spesso inadeguata.
In “Dress code rosso sangue”, la scrittrice affronta il tema della sorellanza e della solidarietà tra donne nel mondo del lavoro. “Potremmo essere fortissime se fossimo tutte insieme – sottolinea – Abbiamo modi di pensare simili e proveniamo da ambienti simili. Se solo riuscissimo ad abbandonare quel concetto di dover sempre prevalere sulle altre come se fossimo ancora ai tempi della favorita del signorotto feudale! Non avevano altro modo di emergere se non essendo la ‘donna di’. Adesso, per fortuna, possiamo anche esprimerci per quello che veramente siamo senza essere per forza legate ad una figura maschile. Dovremmo smettere di vedere le altre come delle possibili nemiche. Ai tempi dello showroom lavoravo con tantissime donne, ho vissuto anch’io quella rivalità e me ne rammaricavo tantissimo. Se fossimo state più coese, avremmo potuto ottenere molto di più e lavorare meglio. Ho sempre avuto questo rimpianto, la sensazione di avere perso un’occasione e ne ho voluto parlare anche in questo romanzo”.
Marina Di Guardo accende i riflettori sull’importanza della famiglia nella crescita di un individuo: “La famiglia può metterci le ali e farci volare altissimo, come può farci precipitare nel più buio e nel più profondo degli abissi. Ciò che viviamo nei primi mesi e nei primi anni di vita con i nostri genitori ci segnerà per tutta la vita. Se i nostri genitori sapranno capire i nostri talenti e quello che abbiamo dentro e tenerci per mano senza preclusioni, noi avremo una vita molto più facile. Al contrario di chi viene guidato in maniera troppo pesante, troppo esigente da due genitori che non riescono a vedere le vere potenzialità del figlio e gli tarpano le ali facendolo sentire inadeguato”.
“Il soggetto di ‘Dress code’ – conclude – lo avevo scritto quattro anni e mezzo fa per una possibile serie televisiva ma poi purtroppo non è stata fatta come avviene al 99,9% dei progetti cinematografici. Avevo già 30 pagine con questa trama che a me piaceva. Durante il secondo lockdown, che è stato per tutti noi deprimente al massimo, mi sono ritrovata ad avere tanto tempo a disposizione. Mi sono detta: ‘Perché non sfruttare in maniera positiva questo tempo triste e deprimente che stiamo vivendo?’ Poi siccome soffro di insonnia, alle 5.30/6 del mattino sono già sveglia. Allora mi alzavo e mi mettevo a scrivere. Da un periodo buio è nata una cosa bellissima (…) C’è stato l’interessamento di un produttore ma vado coi piedi di piombo. Penso che si presterebbe più a una serie tv che a un film. Poi per ora le serie tv vanno per la maggiore”.
Tra una presentazione e l’altra di “Dress code rosso sangue”, Marina Di Guardo sta promuovendo le bellezze del territorio siciliano. Ieri ha fatto tappa a Monreale dove ha visitato la Biblioteca dei Benedettini e il Duomo. Prima di incontrare i lettori palermitani a La Feltrinelli, si è fermata a pranzare al ristorante “I Cucci”, nel centro storico del capoluogo siciliano. Stasera la scrittrice terrà al Grand Hotel Wagner di Palermo un incontro privato con il Rotary Club Palermo Montepellegrino presieduto dal professore Antonio Fundarò.
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11 Maggio 2022, 11:10