12 Marzo 2024, 12:18
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Mahmood sta vivendo un periodo felice, come ha confessato lui stesso in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”. In questi giorni, il cantante è volato a Miami: “Mi ha invitato il team latin di Universal Music Publishing per un camp di scrittura con altri artisti – racconta -. Ragazzi, ho appena pubblicato un disco e mi è già venuta voglia di scrivere e viaggiare. Mi piacerebbe vedere cosa mi esce, sto vivendo un periodo felice”. Mahmood è reduce dal successo di Sanremo. “Tuta Gold”, la canzone che ha presentato al Festival, è in prima posizione nella classifica singoli di Fimi ed è l’unico brano italiano nella Top 100 global di Billboard. Ma lui assicura: “Sono contento che abbia vinto Angelina, sul palco ha spaccato”.
Dal 3 aprile inizierà il suo “European tour” che lo vedrà esibirsi per 17 date nei principali club di 10 Paesi europei. “Sono felice adesso… – ammette – Il disco è stato un percorso di autoanalisi su quei periodi bui, ma non solo, che mi hanno aiutato a raggiungere la felicità di oggi. Si deve attraversare la tristezza per poter rivedere la luce. In realtà sono stato un ragazzo felice nella mia vita, anche nell’infanzia e nell’adolescenza: mi voglio tanto bene e cerco di sfruttare la tristezza per rafforzami e ricavare qualcosa di nuovo”.
Sardo di madre ed egiziano di padre, Mahmood spiega cosa simboleggia per lui il letto. “E’ un po’ la tua coperta di Linus, dove ti senti al sicuro e porti solo persone che ami. Quando vivi una relazione a distanza e immagini l’altra persona in un altro letto finisci per arrovellarti il cervello. I letti del titolo vanno interpretati come una sfera, anche emotiva, larga: sono quelli in cui ho dormito, ho conosciuto persone, ho ballato, ho fatto feste”. “Fra quelle lenzuola ho sofferto nel far soffrire l’altra persona”, ammette. L’artista svela quanto conti per lui il look: “La moda mi è sempre piaciuta. A mia mamma chiedevo sempre vestiti particolari. Volevo essere un’altra persona per un momento. E non solo a Carnevale. Attraverso quella stessa sensazione quando sono sul palco. La moda, e il lavoro con la mia stylist Lisa Jarvis, fortifica il messaggio: percepisco la differenza fra un outfit che mi piace e uno che mi fa sentire a disagio”.
Poi condivide un ricordo d’infanzia: “A Carnevale con mamma andavamo da Fiordaliso, il centro commerciale di Rozzano, e mangiavamo da Mc prima delle festicciole. Mi ricordo un anno che ero un cowboy bellissimo, con tanto di baffi… mi sentivo al top. Riguardando le foto però devo dire che il mio preferito era il costume da Gargoyles, un cartoon Disney sulle statue gotiche degli edifici che prendevano vita”.
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Mahmood e Ghali sono gli artisti che più sono fatti notare a Sanremo per il look. “Ghali è stato uno dei più stilosi a questo Sanremo, sono stato mega-felice che toccasse a me presentarlo nella terza serata”, confessa. I due artisti rappresentano una nuova Italia: Mahmood ha il papà egiziano, e Ghali entrambi i genitori tunisini. “Da dentro non saprei dire come mai si crea questo effetto – spiega l’artista -. Credo che ci sia un vissuto simile. Ho letto delle interviste in cui Ghali diceva di aver dormito fino a oltre 20 anni nel letto con mamma e mi ci rivedo, visto che anche io ho vissuto a lungo con la mia. Ma credo che ci sia di più, qualcosa legato a come vivi la musica nell’adolescenza, che è la fase della vita in cui ognuno di noi sceglie dove andare con il proprio stile”. Poi aggiunge: “Qual è lo stereotipo? Lasciamo stare il pizza mandolino che lo vedono solo all’estero… Cosa è “essere italiano” e basta? Mi sento italiano, lo sono, ma non appartenente a qualcosa di diverso da uno stereotipo. Anzi lo stereotipo è in continua evoluzione”.
Mahmood parla di un cambiamento culturale e spiega: “Le rivoluzioni più grandi si fanno anche in silenzio o comunque non a volume alto. Le cose cambiano quando diventano normali. Per arrivare a quel punto bisogna parlarne. Io e altri artisti lo facciamo nelle canzoni ad esempio. Sono cresciuto con compagni di classe che anno dopo anno erano di nazionalità diverse: per me e per la mia generazione è la base. Quindi per quello che è in mio potere, cioè scrivere e raccontare la mia storia, voglio essere sincero nelle mie canzoni”.
L’artista torna indietro con la memoria a quando la sua casa è andata a fuoco nell’incendio che nel 2021 ha colpito il palazzo di via Antonini a Milano in cui viveva. “Mi ricordo che quella notte. Eravamo al nono piano – racconta – Una mia amica è uscita sul balcone e ha visto l’ombra del palazzo con il fumo sul tetto. Siamo corsi fuori e, anche se poi ho scoperto che non si dovrebbe fare, siamo scappati con l’ascensore. Una volta arrivati in strada c’era il panico. Sono tornato a vivere con mia madre, ma è stato un po’ peso: per la prima volta avevo raggiunto la mia libertà, la prima casa in affitto. E all’improvviso torni indietro, per quanto il rapporto con mamma sia bellissimo. Adesso però mi sono sistemato di nuovo da solo, ho trovato la pace dei sensi”. “Tra le fiamme ha perso qualcosa cui era legato?”, chiede il giornalista. “Sì, ma preferisco non dire cosa”, replica il cantante. “Il mio sogno resta quello di viaggiare, rimanere mesi in giro – svela – Mi piace sentirmi al sicuro a casa, ma più che agli spazi mi affeziono ai ricordi”.
Del suo approccio con la musica ricorda la formazione lirica: “A 12 anni il mio primo maestro di canto è stato un insegnante lirico. Volevo fare pop da subito, ma la tecnica operistica ti permette di usare la respirazione in maniera adeguata. La mia opera preferita è ‘Tosca’, mi è sempre piaciuta la storia d’amore fra il pittore e la cantante”. Nel brano “Stella cadente” l’artista parla ancora del rapporto conflittuale con il padre. “L’ho scritta dopo una seduta dall’analista – confida – Sono uscito, sono andato in studio ed è uscita in un colpo solo. È la chiusura perfetta del disco. I momenti di cui parlo sono difficili da dimenticare e da superare, ma ho capito che col passare degli anni ho imparato ad affrontarli in maniera diversa. Ci sono cose da cui non riesci a liberarti in un colpo solo, ma che devi digerire. E ci vuole tempo per farlo. Sto risolvendo tante cose di me, anche grazie alla scrittura di questo disco. Sono mostri del passato che con il tempo analizzo in modo diverso. Le cose non cambiano, ti restano dentro, ma ho capito che cambia il tuo modo di affrontarle e raccontarle”.
Mahmood fa riferimento ai suoni mediorientali dei suoi brani e spiega: “Io sono questo, è parte di me. Se a 30 anni scrivo così, è perché queste cose fanno parte del mio immaginario e mi rappresenteranno per sempre”. Poi aggiunge: “Una delle mie caratteristiche è che devo sempre esagerare. Anche da bambino ero così. Se mi piace una qualsiasi cosa, allora la voglio tutti i giorni fino a che non mi nausea. Mi capita con tutto: un cibo che scopro, un film che vedo, un disco che ascolto e ho paura che mi stanchi perché lo consumo tipo ossessione… diventa tutto un’ossessione”, conclude.
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12 Marzo 2024, 12:18