La tecnologia sbircia sotto le lenzuola e sfodera Lulu, una nuova App che fa delle chiacchere al femminile sui rendimenti dei propri partner a letto una community di proporzioni globali. Nulla della sfera privata sembra più sfuggire all’universo gossipparo dei social. L’applicazione, inventata dalla britannica Alexandra Chong, è sbarcata lo scorso febbraio sugli smartphone inglesi e statunitensi con sistema operativo iOs e Android. Da allora sono stati circa 75mila i download in tutto il mondo e sconfinate le lamentele da parte dei maschetti, osservati e giudicati pubblicamente dalle loro compagne in barba ad ogni forma di privacy.
Grazie a Lulu, quel che dovrebbe restare tra le mura della propria camera da letto viene “condiviso” con altre sconosciute. Mentre i profili delle utenti che scaricano l’app sono rigorosamente anonimi, ciò non accade per gli uomini. Per ogni nuovo incontro viene infatti creata un’apposita scheda con tanto di nome, cognome e foto del “malcapitato”, con la possibilità di sincronizzarne i dati con il relativo diario su Facebook. Un vero e proprio profilo pubblico, che può essere a sua volta condiviso con altre utenti donne, dove compare la media dei voti riscossi sulla base di alcune caratteristiche prestabilite: aspetto fisico, doti amatorie, senso dell’umorismo, livello di igiene personale, abbigliamento.
Ne viene fuori una sorta di Tripadvisor degli uomini da frequentare e da evitare accuratamente. A rincarare la dose ci pensano gli hashtag che, su Twitter, e da poco anche su Facebook, etichettano i maschietti secondo categorie ben precise: #crazyjealous (gelosone), #sweettomom (cuore di mamma), #alwayspays (paga sempre lui) sono solo alcuni esempi. Dopo le numerose proteste di violazione della privacy, la Chong è subito corsa ai ripari, mettendo a punto una contro-applicazione, LuluDude, che permette ai ragazzi di dare spiegazioni sui giudizi ricevuti.