26 Ottobre 2021, 16:07
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Lucrezia Lante della Rovere si racconta in una lunga intervista al “Corriere della Sera”. Impossibile non parlare della madre Marina Ripa di Meana stroncata da un tumore il 5 gennaio 2018. Oggi Lucrezia ride divertita al pensiero del “tranello” che la madre le tese anni fa, anche se all’epoca si arrabbiò moltissimo.
“Ero molto giovane e non amavo la mondanità, ma quella volta mi convinse ad andare alla prima alla Scala di Milano: l’evento più mondano che possa esistere – ricorda – E per convincermi mi regalò addirittura un vestito favoloso che era bordato di visone bianco: sembravo Audrey Hepburn. Ma non sapevo cosa aveva architettato… Io, ignara, in pelliccia dentro al teatro, lei fuori nella piazza davanti alla Scala mentre, a seno nudo in pieno gennaio, faceva una manifestazione animalista contro l’uso delle pellicce bruciandole … Venni travolta da un turbine di paparazzi, perché era clamoroso che la madre usasse la figlia per una denuncia sociale… Luca (Barbareschi, al quale era sentimentalmente legata all’epoca, ndr.) che mi accompagnava, sembrava il mio bodyguard”.
“Non ci parlai per un anno… Ma ora ci rido – dice Lucrezia – Mamma era fatta così, perennemente sopra le righe, la sua esistenza un’altalena di eventi… Quando aveva un’idea non guardava in faccia a nessuno, passava sul cadavere di chiunque e se io mi arrabbiavo, ribatteva che non avevo ironia, esclamava: e fatti una risata! Però ha compiuto tante battaglie civili e politiche, per lei il gusto della provocazione era più forte di qualunque cosa ed era un’abile stratega, venditrice di se stessa. È stata molto coraggiosa anche quando si è ammalata, diventando portavoce e mettendosi a disposizione di chi era colpito dalla stessa malattia, spronando gli altri a non vergognarsi, a superare i pudori, i pregiudizi, a parlare del problema e non sentirsi malati nella vita. Ha persino realizzato un video-testamento, il giorno prima di morire, per l’associazione Luca Coscioni a favore dell’eutanasia, che è un modo per andarsene da questa terra in maniera dignitosa… Ma siccome siamo in un Paese cattolico, è difficile”.
”Mi manca sempre di più – confessa – A differenza di mio padre, che aveva il mal di vivere, si limitava a sopravvivere, era dipendente dall’alcol e non ha avuto una bella vita, ho ereditato per fortuna da lei dei cromosomi veramente tosti, direi maschili. Era una madre forte, anche severa e bacchettona. Quella volta che mi beccò a letto con un mio fidanzato, mi fece una scenata, poi se ne andò infuriata e scandalizzata. Però era creativa, mi ha insegnato a usare la fantasia per affrontare la vita, me lo ha inculcato persino in maniera aggressiva, brutale, dicendomi ‘mettiti un carciofo in testa, ma fai qualcosa!’… Era un’artista”.
Prima modella, poi attrice. Lucrezia Lante della Rovere ha sentito subito il desiderio di affrancarsi dalla sua famiglia ed essere economicamente indipendente. “Fare la modella era la cosa più facile: ero carina, magra, ero dotata di un certo portamento… – spiega – Tuttavia sapevo che, essendo una tipa inquieta, non avrei fatto la modella a vita, era un passaggio per approdare ad altro. Infatti poi arrivò l’occasione giusta: Mario Monicelli cercava una ragazza che conoscesse le lingue e sapesse andare a cavallo, mi scelse per “Speriamo che sia femmina”. Ben presto ho capito che raccontare delle storie era per me la strada giusta, pane per i miei denti. In fondo ero una giovane timida e interpretare dei personaggi mi ha permesso di dare delle risposte alle mie domande, superare delle sfide, vincere le paure, mi sono innamorata di questo mestiere. Per un timido è come mettersi alla prova, di fronte a un baratro, un modo per superare le insicurezze”.
Fortunatamente Lucrezia ha potuto contare un maestro quale Luca Barbareschi. “Quando ci siamo messi insieme, lui a 36 anni era già famoso: era bello, trasgressivo, intelligentissimo, già antipatico a tutti – ricorda – Avevo dieci anni di meno, ero acerba e pazza di lui, lo stavo ad ascoltare con la mascella che mi cascava, a bocca aperta, ma era durissimo, severo… Diceva che ero dotata di un mondo emotivo, di grande sensibilità che lo affascinava, ma altrettanto priva di tecnica”.
A 21 anni la figlia di Marina Ripa di Meana è diventata mamma di due gemelle, Vittoria e Ludovica, nate dalla relazione con Giovanni Malagò. “Anche lui era un tipo deciso e mi interrogava spesso sul mio futuro, su ciò che volevo fare – svela – Io rispondevo che non lo sapevo, che mi sentivo una zingara scappata di casa, la buttavo sul ridere… Ma quando una volta gli chiesi: perché tu lo sai cosa vuoi diventare? Lui rispose serio: sì, il presidente del Coni. Aveva solo 28 anni! Tanta determinazione e stabilità, forse troppa. Tanto che poi da Giovanni sono scappata a gambe levate come Willy il coyote”.
Lucrezia ammette di essere stata una “madre ragazzina” per via della giovane età: “Sono cresciuta insieme alle mie figlie, che ovviamente hanno fatto le spese della mia inesperienza. I figli hanno bisogno di punti fermi, solidi, io cercavo di essere una brava educatrice, a volte mi inventavo di essere persino severa, ma ero ansiosa, spaventata dal fatto di non riuscire a essere una brava madre. Anche perché col mio mestiere, tra set e tournée, sono sempre stata in giro. Però per fortuna ho due bravissime figlie, che non fanno le attrici… E mi hanno dato quattro nipotini: tre femmine e un maschio. Sono molto fiera di farmi chiamare nonna… Quando sento quelle vocine cucciolette che mi chiamano nonna Lu mi sciolgo, mi si apre il cuore… Poi scopriremo, strada facendo, se sarò capace di essere, almeno, una brava nonna”.
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26 Ottobre 2021, 16:07