“Dopo settimane di silenzio, ho bisogno di raccontare per la prima e ultima volta quello che mi è successo nell’ultimo mese, per chiudere questa storia che è triste da qualunque lato la si guardi”. Ad un mese dal suicidio di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Lodi nel tritacarne mediatico per via di una presunta recensione fake, Lorenzo Biagiarelli torna a parlare in un video condiviso su Instagram. Lo chef e food blogger, compagno di Selvaggia Lucarelli, ricostruisce i fatti.
“Vedo la recensione, mi sembra falsa e lo scrivo, avendo però cura di censurare il nome della pizzeria, quello della titolare e pure l’ubicazione — esordisce — Questo perché il senso di fare debunking non è quello di smentire o esporre al pubblico ludibrio una persona comune, come è stato spesso scritto in questi giorni ma è smontare una notizia, specie se di diffusione nazionale e criticare l’operato della stampa quando si alimenta di notizie non verificate, monetizzandole con i click su articoli che possono facilmente indignare”.
“Ho telefonato alla signora dopo essere stato preso per bugiardo e cattivo sulla stampa nazionale”
“Il giorno dopo, in ordine sparso, succedono alcune cose – ricorda – I carabinieri convocano la titolare della pizzeria di Lodi perché li aiuti a risalire all’autore della recensione, ma lei non è in grado di farlo. Poi viene interpellata da un telegiornale e da un giornalista di una testata nazionale, a cui ribadisce che quella recensione è assolutamente vera e che riferendosi al mio post e alla condivisione di Selvaggia, non mi sarebbe mai aspettata di suscitare tanta cattiveria. Dal momento che mi viene dato del bugiardo e del cattivo sulla stampa nazionale senza motivo, ho telefonato alla titolare per ascoltare la sua versione, concederle diritto di replica o addirittura ritrattare se il mio lavoro fosse stato smentito ma così non è stato. E vorrei chiarire che la telefonata ha avuto dei toni cordiali e che la signora ha ribadito più volte che il pomeriggio era andata a parlare in questura di questi fatti”.
“Io per quella telefonata sono stato aspramente criticato — spiega Lorenzo Biagiarelli — Vorrei chiarire che non solo è diritto di ogni cittadino e non solo dei giornalisti chiedere informazioni di qualsiasi sorta ma che l’articolo 21 della Costituzione tutela il diritto di ciascuno di esprimere il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Per fare un esempio, il debunking nel caso della bidella pendolare era stato fatto da un privato cittadino che aveva telefonato alla scuola chiedendo di conoscere gli orari della bidella scoperchiando così le fake news proposte dalla stampa nazionale sulla vicenda. Un privato cittadino, non un giornalista”.
“Io e Selvaggia siamo stati sommersi da messaggi di odio e minacce di morte”
Dopo il suicidio di Giovanna Pedretti, titolare della pizzeria “Le Vignole” di Sant’Angelo Lodigiano, prosegue, “immediatamente sia io che Selvaggia cominciamo a essere sommersi da messaggi di odio, minacce di morte, scatenati dalla stampa, dalla tv e dalle radio che da subito e per due settimane hanno sostenuto in modo implicito ma talvolta proprio esplicito che il nostro e solo il nostro operato fosse il diretto responsabile della morte di Giovanna Pedretti. Questo perché, sempre secondo la stampa, i miei due post di debunking soltanto condivisi da Selvaggia avrebbero creato una gogna social sulla signora e sulla sua pizzeria”.
“Questa è una delle tante falsità che sono state dette su questa storia – argomenta – dal momento che si è dovuta persino scomodare un’agenzia di comunicazione, che si chiama Arcadia, per cercare tracce di questa gogna social. E incredibilmente non ce ne sono. Nessuna traccia di questa montagna di odio nei confronti della titolare della pizzeria nei confronti della quale invece è stato riscontrato un sentiment positivo del 90%, praticamente un plebiscito. E io stesso ho potuto riscontrare come sulla sua pagina non ci fossero insulti, al massimo una decina di commenti scettici. Non c’è stata nessuna migrazione di follower dal mio profilo o da quello di Selvaggia sulla pagina del ristorante”.
“Lo stigma infame dell’istigazione al suicidio viene riservato solo a me e alla mia compagna”
“A me e Selvaggia è stato detto di tutto, attraverso ogni canale – aggiunge il food blogger – lo stigma infame dell’istigazione al suicidio viene riservato solo a me e alla mia compagna, nonostante l’assenza di questa gogna social nei confronti della ristoratrice sia stata appurata. Dietro questa gogna mediatica, questa sì, ci sono diverse ragioni e diversi mandanti. Ma non è questo il punto, anche perché né io e né Selvaggia ci siamo mai addentrati nella discussione sul suicidio, in alcun modo, rifiutando ogni invito da parte di stampa, di tv, che pure sono arrivati, mentre in tv si continuava a parlarne, entrare nella vita e nella mente di questa signora con la presunzione di sapere cosa le passasse per la testa.
La storia di un suicidio è stata sviscerata da tutti, in qualsiasi modo, spesso contravvenendo alle indicazioni deontologiche suggerite proprio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a riguardo. Ci sono dei modi in cui si può e non si può parlare di suicidio. Cose che si possono dire, cose che non si possono dire. E mentre noi venivamo accusati di aver fatto qualcosa che non si poteva fare, chiunque, attori, ballerine, modelle e non giornalisti, erano lì a discutere di qualcosa che dovrebbe riguardare, secondo stesso ragionamento, al massimo gli inquirenti e gli psicologi”.
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“Non torno a ‘È sempre mezzogiorno!’, non ci sono più le condizioni”
“Potrei andare avanti all’infinito, però non lo farò – dice Lorenzo Biagiarelli – Vorrei solo fare una piccola considerazione personale che è questa: che in molti mi hanno rimproverato scarsa umanità ma io non posso né voglio chiedere scusa, come molti mi hanno pur caldamente suggerito di fare, per la morte di Giovanna Pedretti, il cui suicidio ovviamente mi addolora come essere umano. Perché se lo facessi sarei l’ennesimo che utilizza la sua morte per il proprio vantaggio, nel mio caso per riabilitarmi, cospargendomi il capo di cenere e implorando la clemenza della pubblica piazza. Io piuttosto preferisco tenermi lo stigma, il dubbio, il sospetto, piuttosto che tentare la via della pietà, affermando qualcosa che non penso. E accetterò con tranquillità tutte le conseguenze di questa scelta”.
“Ne approfitto per comunicarvi che purtroppo non ci sono più le condizioni perché io riprenda il mio ruolo in ‘È sempre mezzogiorno!’, quindi non mi vedrete più o in onda – conclude – Ci tengo però a ringraziare tutti quelli che non hanno mai smesso di manifestarmi affetto, e sono stati tanti, perché nonostante il tentativo di distruggermi sia stato quasi un successo, mi tengo stretto quel quasi e la solidarietà dei tanti che hanno capito quale gioco sporco si stava giocando”.