PALERMO – L’otto dicembre di trentadue anni fa, a New York, veniva assassinato John Lennon. Il suo nome, che già ai tempi era di caratura mondiale, è stato così consegnato alla leggenda. Personaggio controverso, Lennon, anima di quei Beatles che rivoluzionarono musica, ma anche costumi ed in parte pensiero, autore della frase “Siamo diventati più famosi di Gesù”, che espose i “Fab Four” alla gogna mediatica, soprattutto negli Stati uniti, ed all’ira di molti fan, che scesero in strada per rompere i dischi in segno di sdegno. Ma John Lennon è anche quello degli inni “Give peace a chance” e “Imagine”, è lo scrittore del best seller “Niente Mosche su Frank, il compositore di “Lucy in the sky with diamonds” e di “I am the walrus”, firmata in società con il gemello molto diverso Paul McCartney, con cui, tramite i versi della canzone, tentava di cementare un rapporto destinato, purtroppo, a finire.
Genio ribelle, aspro contestatore e simbolo, tutto questo è stato ed è ancora John Lennon, l’uomo che riuscì, trentadue anni orsono, persino a rinviare di qualche ora l’appuntamento con il destino, perché, incontrando il suo assassino, Mark Chapman, che attendeva l’artista di fronte casa già dalle prime ore del mattino, lo salutò cordialmente e quello non ebbe il coraggio di prendere la pistola, con cui l’avrebbe ucciso, poi, sul far della sera.
A distanza di trentadue anni da quel tragico giorno, su Twitter l’hashtag #RipJohnLennon è trai trend topics mondiali, la pagina di Wikipedia del cantante ed autore è tradotta in 99 lingue diverse, tra cui anche il siciliano, mentre Imagine, già nominata al primo posto tra le canzoni dello scorso millennio, è ancora una canzone simbolo per milioni di persone in tutto il mondo.
L’otto dicembre di trentadue anni fa, a New York, veniva assassinato John Lennon. Il suo nome, che già ai tempi era di caratura mondiale, è stato così consegnato alla leggenda. Personaggio controverso, Lennon, anima di quei Beatles che rivoluzionarono musica, ma anche costumi ed in parte pensiero, autore della frase “Siamo diventati più famosi di Gesù”, che espose i “Fab Four” alla gogna mediatica, soprattutto negli Stati uniti, ed all’ira di molti fan, che scesero in strada per rompere i dischi in segno di sdegno. Ma John Lennon è anche quello degli inni “Give peace a chance” e “Imagine”, è lo scrittore del best seller “Niente Mosche su Frank, il compositore di “Lucy in the sky with diamonds” e di “I am the walrus”, firmata in società con il gemello molto diverso Paul McCartney, con cui, tramite i versi della canzone, tentava di cementare un rapporto destinato, purtroppo, a finire.
Genio ribelle, aspro contestatore e simbolo, tutto questo è stato ed è ancora John Lennon, l’uomo che riuscì, trentadue anni orsono, persino a rinviare di qualche ora l’appuntamento con il destino, perché, incontrando il suo assassino, Mark Chapman, che attendeva l’artista di fronte casa già dalle prime ore del mattino, lo salutò cordialmente e quello non ebbe il coraggio di prendere la pistola, con cui l’avrebbe ucciso, poi, sul far della sera.