L’infettivologo, prezzemolino della tv, si mette a nudo
- Bassetti smette i panni del medico e indossa quelli di marito e papà
- L’adolescenza negli anni ’80, il padre luminare e nessun hobby a parte il lavoro
- “La telecamera è come una droga”
Matteo Bassetti si mette a nudo in un’intervista al settimanale “Chi”. L’infettivologo, a capo della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, smette i panni del medico e indossa quelli di marito e papà accettando di condividere il suo privato con i lettori del magazine specializzato in gossip diretto da Alfonso Signorini. A mettere a segno questa esclusiva è Patrizia Groppelli, compagna di Alessandro Sallusti.
“Sono quello che ho sempre voluto essere”
50 anni, sposato con Maria Chiara, padre di Dante, 15 anni, e Francesco, 12, oggi Bassetti è quello che ha sempre voluto essere, sin da piccolo. “Sono il sogno che avevo da bambino: un infettivologo – esordisce – I miei amici non erano gli eroi dei fumetti, ma virus, batteri, funghi, protozoi. Quando poi mi sono iscritto all’università, io e lo stafilococco ci conoscevamo da parecchio tempo”.
Matteo Bassetti è figlio d’arte
A tramandargli questa passione è stato il padre Dante Bassetti, luminare dell’Infettivologia italiana. “Lui maestro, io allievo – ricorda – Era una autorità, ancora oggi si studia sui suoi libri. Da bambino mi portava a congressi e conferenze. Non capivo nulla, come se parlassero in arabo o fenicio, ma tra me e me mi dicevo: un giorno capirò”.
Bassetti Jr. spiega vantaggi e svantaggi dell’essere un figlio d’arte: “I vantaggi sono nei geni che mi ha tramandato. Per il resto ho dovuto sgobbare il doppio dei miei colleghi per essere all’altezza. Oggi siedo alla sua scrivania di direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova”.
La malelingue, com’era prevedibile, non sono mancate. “Peccato che mio padre sia morto nel 2005. Ho fatto tutto da solo e l’ho fatto anche per lui e per mamma Giuliana, professione capofamiglia, che purtroppo è morta di tumore pochi mesi fa”, confessa il virologo.
L’adolescenza dell’infettivologo che ascolta Gino Paoli
L’adolescenza di Matteo Bassetti coincide con i magnifici anni ’80. “Ero della generazione paninara con il mito della Milano da bere e divisa d’ordinanza, Timberland e Moncler”, ricorda. Nella sua stanza campeggiava un poster degli Europa ma in segreto il futuro esponente dell’infettivologia italiana ascoltava Gino Paoli.
“Abitava a cinquanta metri da casa nostra, collina di Quinto, lo vedevo uscire dal cancello con superauto e superdonne – racconta – Un mito, ma soprattutto un poeta pazzesco che ha scritto la colonna sonora dell’amore tra i miei genitori, Sapore di sale, e poi del mio grande amore”.
Il matrimonio con Maria Chiara
Il grande amore è la moglie Maria Chiara: “Primo incontro nel 2001, ma non accadde nulla. Non che non mi avesse colpito: ero appena tornato dagli Stati Uniti, iniziavo a lavorare, trentenne del genere “voglio tutto subito” e quindi poco incline ai legami. Fase breve. L’anno successivo io e Maria Chiara ci siamo fidanzati, sei mesi dopo le ho chiesto di sposarmi e dopo altri sei mesi, era l’1 giugno 2003, eravamo marito e moglie. La mia canzone preferita (di Gino Paoli, ndr.) era Grazie: ‘Grazie di avere due profondi occhi blu e due mani da accarezzare’. Una premonizione. Tutto in quella canzone è come lei”.
“Certo, abbiamo avuto i nostri alti e bassi – ammette – come tutti, ma ci amiamo ancora tanto”. Alla domanda se la moglie sia gelosa del fatto che venga considerato un sex symbol, Bassetti replica: “Si tratta di una leggenda messa in giro da voi giornalisti”. “Non le nascondo che, come dice mia moglie, mi piace piacere. Che c’è di male? Ho 50 anni, professore e direttore, ora anche la notorietà. Perché dovrei vergognarmene? – sentenzia – Cosa dicono in famiglia? Papà, così non vale. Se con le donne il tuo avversario è il professor Galli, vuol dire che ti piace vincere facile”.
I figli Dante e Francesco
La conversazione si sposta sui suoi figli: “Sono la mia vita. Mi hanno già detto che da grandi vogliono fare i medici, Dante il chirurgo plastico, Francesco l’infettivologo come me e il nonno. E ancora torna Gino Paoli: ‘Eravamo quattro amici al bar…’ (…) Li ho avvisati: nella vita dovete studiare e sgobbare”.
“Dante, il più grande è uno quadrato, in casa lo chiamiamo ‘il governativo’, gioca in una importante squadra di calcio a 5 che milita in serie A – confida – Francesco invece è genio e sregolatezza, fa acrobazie in monopattino e ha creato una linea di magliette con la scritta ‘Io mi vaccino’. Stare con la famiglia è il mio unico hobby. Anche in questi mesi difficili, da 16 ore al giorno in reparto, non ho mai saltato una notte a casa (…) Niente golf, niente tennis. Io mi diverto in ospedale e in famiglia”.
“La telecamera è come una droga”
Cosa farà Matteo Bassetti quando i riflettori si spegneranno? “Non le nascondo che la telecamera è una droga – dice – Ma quando non mi chiameranno più vorrà dire che l’emergenza è finita. Accetto volentieri lo scambio, ma non credo che sarà per forza oblio”.