Qualche giorno fa, durante la conferenza stampa di presentazione di “Love Mi” (concerto a scopo benefico che si terrà a Milano, a piazza Duomo, il prossimo 28 giugno), Fedez è tornato a parlare della sua malattia svelando l’esito dell’esame istologico effettuato durante l’intervento a cui si è sottoposto lo scorso 22 marzo. Il rapper è rimasto sotto i ferri per sei ore. Ad operarlo è stato Massimo Falconi, direttore del Centro del Pancreas dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Fedez: “Al 90% posso dire che va tutto bene”
“Mi ritengo parecchio fortunato – ha confessato Fedez ai giornalisti – È arrivato l’esame istologico. Il tumore era molto raro, è quello di Steve Jobs, la fortuna è che non ha una classificazione in cancerogeno benigno ma in G1, G2 e G3. Il mio era G1, il che vuol dire ‘tanto cu*o’… Non ha preso i linfonodi e non avevo micro metastasi, per cui non ho dovuto fare chemioterapia. Al 90% posso dire che va tutto bene. È come se vedessi il mondo a colori”.
“Rimossi duodeno, cistifellea, pancreas e un pezzo di intestino”
“È stata un’operazione importante – ha aggiunto – sono stati rimossi duodeno, cistifellea, pancreas e un pezzo di intestino ma sto facendo attività fisica e mi ritengo molto molto fortunato. Mi sono permesso di dire che l’amore per la famiglia è la cura più forte a ci sono state persone che hanno storto il naso ma io volevo solo ringraziare le persone che mi sono vicine, non volevo dire che l’amore sostituisce la medicina”.
Cosa comporta l’assenza di coinvolgimento linfonodale
“Mi permetto di non entrare nelle vicende personali di Federico, ma di cogliere lo spunto per chiarire gli aspetti medici legati alla interpretazione di un esame istologico di un pezzo operatorio in cui sia presente un tumore” – ha dichiarato Massimo Falconi in un’intervista al “Corriere della Sera” – Tutte le malattie neoplastiche a potenziale aggressivo possono ‘rilasciare’ cellule neoplastiche lungo due vie: quella linfatica e quella ematica migrando nei linfonodi e/o a distanza. L’assenza di coinvolgimento linfonodale rappresenta quindi una malattia meno aggressiva o colta più precocemente”.
Un parametro prognostico per interpretare l’aggressività della malattia
“Alcune neoplasie, come i tumori neuroendocrini e quelle del seno, si avvalgono di un parametro prognostico aggiuntivo che può aiutarci ad interpretare l’aggressività della malattia – ha aggiunto – Attraverso una metodica particolare viene ricercata una proteina nel tessuto tumorale che si chiama Ki67 che ci dice quale sia l’indice proliferativo delle cellule neoplastiche. Si esprime in percentuale da 1 a 100 e G1 significa che la proliferazione è inferiore al 3% delle cellule neoplastiche, quindi, molto bassa”.
“Si può vivere bene come Federico dimostra da splendido testimonial”
“Non tutto il pancreas è stato asportato, ma solo la parte relativa alla testa – ha spiegato il chirurgo – Pur avendo eliminato diversi organi e viscere, viene ricostruita la continuità fra i vari tubi dell’apparato digerente. E certo che si può vivere bene come Federico dimostra da splendido testimonial. È uno degli interventi più complessi, per questo servono centri e chirurghi di grande esperienza (…) L’aspettativa di vita dipende da numerosi fattori. In generale i tumori neuroendocrini possono avere una ottima prognosi che non raramente corrisponde alla guarigione”.