14 Gennaio 2024, 10:27
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Giorgio Cantarini, il suo nome dice poco ma il suo volto riporta alla mente l’emozione che ognuno di noi ha provato quando ha visto per la prima volta il capolavoro di Roberto Benigni “La vita è bella”. Gli occhi sono sempre gli stessi ma il piccolo Giosuè, o almeno l’attore che lo interpretava, oggi ha 31 anni e coltiva ancora la passione per la recitazione. In un’intervista a “La Repubblica”, ammette che Giosuè avrà cinque anni per sempre e resterà sempre con lui. “‘La vita è bella’ l’ho visto innumerevoli volte – racconta – lo conosco a memoria. L’ho guardato crescendo, e ogni volta capivo di quel film qualcosa in più. Il finale mi emoziona sempre. Piango. E so di far parte di qualcosa di grande, che semplicemente mi accadde”. Poi aggiunge: “Adesso faccio l’attore. In questo momento sono a New York, dove decisi di stabilirmi nel 2019. Portai anche uno spettacolo a teatro, una cosa ben fatta, poi però venne il Covid e tornai in Italia”.
L’attore ricorda il periodo difficile della pandemia: “Teatri e cinema erano fermi, non c’era lavoro per noi artisti, così partecipai a un bando della Protezione Civile a Montefiascone, provincia di Viterbo, il mio paese. Mi presero e mi occupai di tracciamenti, i flussi dei malati positivi che si erano negativizzati e bisognava spostare in altri elenchi. E’ stata una magnifica esperienza”. Anche in quella circostanza tutti capirono che si trattava del bambino del film di Roberto Benigni. “La voce si è sparsa presto – spiega – succede sempre così. Scherzando, potrei dire che la mia fama mi precede. Quel bambino è sempre con me, perché è tanto amato dal pubblico”.
Giorgio Cantarini ha preso la sua strada: “Ormai sono un uomo, sono io. In questi giorni, nelle sale si proietta ‘Comandante’ con Pierfrancesco Favino, dove interpreto un marinaio dell’equipaggio, il radiotelegrafista Vezio Schiassi che è esistito veramente. Ci siamo preparati per settimane a bordo di un sottomarino della Marina Militare, a Taranto, mai avrei pensato di diventare sommergibilista e imparare a fare i nodi marinari”. Di Pierfrancesco Favino dice: “E’ un attore concentratissimo, eppure molto simpatico e disponibile. Quando l’ho incontrato per la prima volta, eravamo nella roulotte del trucco. Mi ero messo seduto in un angolo e lui mi ha detto ‘Ciao, tu sei Giorgio Cantarini, vero? Sei cresciuto, ma gli occhi sono sempre gli stessi’. Questa cosa mi ha colpito molto”.
E aggiunge: “Crescendo, Giosuè mi ha accompagnato sempre. Non posso prescindere da lui e non sarebbe giusto, fa parte di me ed è un grande orgoglio. Lui viene prima? Va bene, lo accetto, mi è capitata una cosa molto bella e non c’è nulla di male. Il bambino del film è nella nostra memoria, e per me significa anche una grossa responsabilità. L’ho compreso nel tempo. Io e Giosuè abbiamo vissuto fasi diverse, per così dire, del nostro rapporto, ma adesso sappiamo qual è il posto di ciascuno. Davvero non sono prigioniero di quel bambino”.
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Giorgio Cantarini racconta com’è finito a fare l’attore così giovane: “I miei genitori mi portarono al provino senza ambizioni, avevano letto su un giornale che Roberto Benigni stava preparando un nuovo film e cercava un bimbo di un certo tipo. Siccome la descrizione mi assomigliava, decisero di andare. Ma così, per gioco, per provare una cosa nuova. Solo che alla fine mi presero. Ero sveglio, intelligente, e ovviamente inconsapevole”. Poi aggiunge: “Del provino non ricordo assolutamente nulla. Qualcosa delle scene, brevi flash, memorie che mescolo ai racconti che ho ascoltato dai grandi, dai miei genitori, da mia zia. La fantasia si confonde con la realtà, però è un filo che non si è mai spezzato”.
La scelta di continuare la strada della recitazione è arrivata dopo la scuola. “Dopo il liceo. Mi dissi: perché no? Il cinema mi piaceva tanto, con gli amici organizzavamo visioni di gruppo e poi davamo i voti ai registi. Mi iscrissi al Centro Sperimentale di Cinematografia, mi ammisero ai corsi che pure erano molto selettivi, appena quindici allievi all’anno, e da allora è stato soltanto studio. Più che altro, volevo capire se esistesse davvero quel talento che tutti, da piccolo, mi avevano accreditato: ma all’inizio era una cosa spontanea, inconsapevole: io ne volevo sapere di più”.
La carriera di Giorgio Cantarini è decollata dopo la pandemia. “Ho fatto cinema e teatro, sono tornato in America dopo il Covid, e a New York ho ripreso lo spettacolo ‘Lions don’t hug’ di Stella Saccà, dove recito da protagonista. Inoltre, sono stato attore e narratore in ‘A.P. Giannini – bank to the future’, la storia di Amedeo Peter Giannini che fondò la Bank of America e finanziò i primi passi di Hollywood, aiutando Chaplin, Frank Capra e Walt Disney nei loro film. Credo se ne parlerà anche in Italia, penso ne ricaveranno una serie tv”. Poi aggiunge: “Mi piace citare un altro mio lavoro, Altrove, di Agustina Risotto Interlandi, un’autrice argentina di grande talento: tutti passi che ho compiuto e sto compiendo sulla strada di un mestiere bellissimo, certamente il mio”.
Di Roberto Benigni ha un ricordo affettuoso: “Ci scriviamo per raccontarci le novità. A volte gli ho chiesto consigli. Ci vogliamo bene, e questa cosa non finisce. Il nostro film possiede una potenza enorme che non si consuma mai. Chi, come me, lo ha visto molte volte, dopo l’ultima scena ripete sempre la stessa frase: ‘Non sono riuscito a non piangere’. Non lo dico perché ne ho fatto parte, ma penso che quel finale sia uno dei più belli della storia del cinema”.
La guerra oggi è più vicina che mai e pensando ai bambini l’attore dice: “Alla guerra penso continuamente. E rivedo le immagini di quel papà che, durante un bombardamento, ha insegnato alla sua bambina a ridere dopo ogni scoppio di bomba per non cedere al terrore. In fondo, quasi la stessa cosa che aveva immaginato Benigni”. “Progetti per il futuro? Sono un grande appassionato di cucina – svela – mi piacerebbe raccontare o interpretare una storia sul cibo, o magari dirigerla. Vedremo, c’è tanta strada davanti. La vita è bella, ma più che altro continua”.
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14 Gennaio 2024, 10:27