Mai banale. E’ Luca Barbareschi, protagonista del film “Dolceroma” nei panni del produttore cinematografico Oscar Martello. Nell’ultima intervista concessa a […]
Mai banale. E’ Luca Barbareschi, protagonista del film “Dolceroma” nei panni del produttore cinematografico Oscar Martello. Nell’ultima intervista concessa a Malcom Pagani per “Vanity Fair”, l’attore si racconta senza peli sulla lingua ma parla altrettanto schiettamente dell’industria cinematografica di ieri e di oggi.
“Sono molto competitivo, ma non conosco invidia. Non ne avrei motivo, nella vita mi è andato tutto molto bene – confessa – Altrove mi rispettano come un professionista che dialoga alla pari con Mamet, Coppola o Polanski, qui sono vissuto come un’anomalia. Non a caso, da trent’anni, non esco a cena con quelli che fanno il mio mestiere. Non amo il pettegolezzo, mi annoierei”.
“Do da lavorare a più di 60 persone, sto producendo il film di Polanski, il più costoso d’Europa, con 26 milioni di euro trovati da me – prosegue – Intanto metto in piedi spettacoli e fiction per la tv. Guardi, le faccio vedere la curva più sexy del mondo (un grafico della fiction su Mia Martini, ndr.) La linea sotto siamo noi. L’altra è il resto della tv italiana. Gli altri urlano ‘Barbareschi è una testa di caz*o, un bastardo, deve morire, glielo mettiamo al cu*o’ e io intanto faccio il 40 per cento”.
“Molto cinema italiano si è perso per corruzione, quella vera – racconta tornando indietro con la memoria – Io, Castellitto, Rubini e quelli della nostra generazione abbiamo dovuto aspettare che inciampassero gli altri, i bellocci. Siamo passati dall’obbligo della tessera politica alla mafia dei froci”.
Barbareschi nega di essere omofobo e rivendica il diritto alla schiettezza anche nel linguaggio. “Trovo l’omosessualità una cosa meravigliosa – sentenzia – Credo anzi che non fare coming out, non dichiararsi, sia un passo indietro terribile. Quando a Roma sento dire ‘meglio drogato che frocio’ mi sento male. Ma trovo il politicamente corretto, anche e soprattutto nel linguaggio, una messinscena terribile”.
“Soffia in giro una preoccupante cog*ioneria e forse tornare a zappare la terra rimetterebbe in circolo due neuroni – aggiunge – Sa cosa farò? Uno spettacolo. Lo sto scrivendo. Lo intitolerò ‘Bipolare cerca bipolare per conversazione a quattro’. Un finto inno al politicamente corretto per disvelarne la follia”.
“Il cinema italiano non ha voluto fare i conti con la realtà – dichiara – D’altra parte a Cannes nel ’94 fecero vincere Nanni Moretti con ‘Caro diario’ preferendolo al più bel film di Tornatore, ‘Una pura formalità’, dicendo: ‘Ecco Moretti, l’uomo che ha detto no a Berlusconi’. Io ragionavo: ‘Benissimo, ma che c’entra col cinema?’. Sa chi dovrebbe raccontare l’Italia oggi? Il figlio della mia filippina. Uno che dopo aver visto i genitori, laureati, pulire il culo per una vita a tutti i vecchi di Roma, si è stancato e adesso fugge in Canada. Le racconto una cosa. Un anno mi fidanzai con una ragazza filippina: non c’era pranzo o cena a cui andassimo in cui qualcuno le rivolgesse parola. Allora avevo preso a dire che era la figlia del presidente della Filippine. Avrebbe dovuto vedere il servilismo improvviso: ‘Ma cara’, cinguettavano mielosi, ‘siamo stati a Manila, divino, me/ra/vi/glio/sooo’”.
Il piano B dell’attore, regista e produttore si chiama Filicudi: “Se mi rompo i co*lioni torno a fare il barista o vado a Filicudi, stappo una buona bottiglia e mi metto a osservare il tramonto”. Barbareschi si immagina “a mangiare, a bere e a stare insieme ai miei figli sicuramente. Sono cresciuti bene…”. E anche l’aneddoto sui figli è servito: “Andiamo a Filicudi con un volo privato e a un tratto uno dei miei figli si lamenta: ‘Papà, quest’elicottero fa un rumore insopportabile, non ce n’è uno più grande?’. ‘Benissimo’, dico. ‘Comandante, atterriamo, spenga i motori’. Scendiamo a Catania, prendiamo un autobus per Milazzo, arriviamo dopo sedici ore. I ragazzi erano devastati. ‘Ma Filicudi è lontanissima’. ‘Lontanissima è la distanza che vivrete per tutta la vostra esistenza tra la realtà e i soldi che dovrete guadagnarvi’. Sanno che non lascerò loro un solo euro in eredità. E quindi, di conseguenza, sapranno cavarsela benissimo”.
Barbareschi parla dei David di Donatello dove non viene invitato da tempo. “Non è un dramma – dice – Ha ragione Fiorello, rispetto ai David sono più allegri i funerali… Il David per anni è stato un mer*aio retto dai voti finti. Lo sanno tutti, non lo dice nessuno. Adesso mi dicono che Piera Detassis lo stia ripulendo. Me lo auguro”.
C’è qualcuno che stima nel cinema italiano? “Qualcuno c’è – replica – Stimo Pietro Valsecchi, un uomo generoso, un vero underdog venuto dal nulla che con Zalone il cinema italiano se lo è messo nel taschino“.
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