Tra migliaia di wedding planner, in Italia c’è anche una funeral planner. L’unica donna che si occupa di organizzare un funerale in modo discreto e professionale, senza trascurare nessun dettaglio. In un settore prettamente maschile dove il cosiddetto “becchino” è abitualmente un uomo, arriva Lisa Martignetti, 41 anni, attivissima e popolare anche sui social come “la ragazza dei cimiteri”. Un mestiere iniziato dopo la morte del padre del quale si è trovata ad organizzare il funerale. Ma il suo lavoro non è quello svolto da una qualsiasi agenzia funebre, o almeno non soltanto. “Il mio ruolo – spiega – è profondamente diverso: io accompagno le persone ad una scelta consapevole e con lo scopo di non lasciare ai parenti l’incombenza di un funerale da organizzare all’ultimo minuto”. La donna ha scoperto un mondo: gente che nonostante il dolore ha voglia di scegliere riti, decorazioni più o meno elaborate e addirittura chi invece stila una lista di invitati. “Ormai organizziamo ogni tipo di evento: dal matrimonio al compleanno, dalla laurea al gender reveal. Dunque perché non organizzare anche il funerale?”, dice Lisa.
“La morte è l’unica cosa certa che abbiamo nella vita”
Nel suo profilo Instagram, Lisa Martignetti spiega che la sua missione è quella di “aiutare famiglie e imprese funebri ad affrontare la morte positivamente” e “diffondere una cultura positiva del lutto“. E poi azzarda un’ipotesi: “E se fossimo già noi nell’aldilà e la morte fosse la vita?!”. In un’intervista di qualche mese fa a “Today”, la funeral planner aveva confessato di essere rimasta molto colpita dall’approccio di Michela Murgia alla malattia e alla morte. “Ho amato le sue parole, potenti e riflessive – aveva detto – perché è riuscita a dare luce ad un tema che nessuno vuole affrontare. Eppure la morte – che io chiamo la Signora – è l’unica cosa certa che abbiamo nella vita. E acquisire consapevolezza è un atto d’amore verso se stessi e verso gli altri. Spero quindi che l’intervista di Murgia possa far riflettere su quanto sia importante educare ad un argomento ritenuto da sempre tabù, anche chi alla propria morte non pensa”. Poi aveva citato anche Gianluca Vialli, morto a gennaio di tumore, definendo “un privilegio” conoscere la propria “data di scadenza” perché, aveva spiegato, “ti permette il tempo di sistemare cose che, se dici buonanotte e muori nel sonno, rimangono incompiute”.
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“Pianificare l’ultimo saluto è un atto d’amore verso te stesso e verso chi ami”
Tutto ha avuto inizio con la morte del padre, come da lei stessa raccontato: “Mio padre, alla scoperta della sua malattia, decise che era giunto il momento di pianificare insieme la sua partenza. E, passami il termine, abbiamo affrontato tutto con più leggerezza, tra virgolette, perché aveva già deciso tutto nei minimi dettagli. Essendo un operatore funebre, ci ha guidati verso l’inevitabile. È doloroso, ma non devi farti domande perché hai già le risposte: è stato come fargli un ultimo regalo. Mentre mi prendevo cura di lui, ho capito che era giunto il momento di aiutare le altre famiglie”. “Ho sempre ritenuto che pianificare l’ultimo saluto sia un atto d’amore verso te stesso e soprattutto verso chi ami, perché hai la possibilità di scegliere come andartene e come salutare chi rimane – aveva dichiarato – E questo è fondamentale: il linguaggio dell’addio diventa consapevolezza. Spesso accade che proprio nei malati oncologici ci sia il desiderio di decidere come andarsene: scegliere la cerimonia, la musica e l’abbigliamento, organizzando ogni minimo dettaglio. È un modo per non lasciare incombenze a chi rimane e, al contempo, questo mantenere fede agli ultimi desideri diventa, per chi resta, un atto d’amore”.
“I bambini sono un mio limite, non riesco, non ce la faccio”
Non sono poche le persone che decidono di ‘pianificare’ il loro ultimo saluto. “Se sai che tra qualche mese ‘partirai’, coinvolgi anche i tuoi cari nel tuo ultimo saluto – è il consiglio della funeral planner – E credimi diventa terapeutico. So che può sembrare un paradosso, ma non lo è, perché durante la pianificazione funebre ripercorri tutta la tua vita, è una lista di desideri di come vorresti essere ricordato: riscopri parte del tuo vissuto. Quello del funerale è un giorno in cui sarai davvero protagonista della tua vita: la gente verrà in tua memoria, ricordandoti. A parere mio è un giorno importante, perché la tua vita non finisce ma continuerà a vivere nei ricordi di chi rimane. Noi non moriamo mai”. “Chi pianifica il proprio funerale? Tendenzialmente sono più donne, e mamme particolare – aveva svelato Lisa Martignetti – È come se avessero un connaturato senso dell’organizzazione, ‘semmai dovesse succedermi qualcosa’. Ma, per quanto mi riguarda, ogni pianificazione è una storia. Nella morte c’è molta intimità. Mi capita di essere contattata anche da ragazzi molto giovani, ventenni. In quei casi cerco di inquadrare subito se c’è un’instabilità, o capire se hanno intenzione di togliersi la vita, e a quel punto suggerisco loro un percorso. Hai presente che responsabilità hai nel guidarli?”. Non ti capita di “portare lavoro a casa”? “Ai corsi ci insegnano come non farlo. Nel luglio di due anni fa, mentre mi stavo occupando della cura di una giovane ragazza, ho pianto, sono uscita e ho chiesto aiuto all’impresario funebre. Per tre settimane mi sono staccata dal lavoro. I bambini sono un mio limite, non riesco, non ce la faccio”.
“Ho pianificato il mio funerale: voglio essere svestita prima della chiusura del feretro”
La sua passione per i cimiteri è nata quando era una bambina: “Sono entrata nel primo cimitero a tre anni e mezzo, grazie a mia nonna. Oggi la ringrazio, perché mi raccontò che rimasi estasiata: per me era come un parco. Mi raccontò un particolare: ogni volta che vedevo un vaso in terra, lo raccoglievo riposizionandolo in piedi. È un rito che ho poi portato avanti con gli anni. E – a pensarci mi vengono i brividi – la prima volta che ho portato mia figlia al cimitero, lei ha fatto la stessa cosa: buon sangue non mente”. “Anche io ho pianificato il mio funerale – confessa – Voglio un abito nero e desidero essere svestita prima della chiusura del feretro, perché vorrei ripartire come sono venuta al mondo: nuda. Il resto invece è un segreto. Sono stata molto criticata nel dare importanza a come le persone si vogliono esporre nel giorno del proprio ultimo saluto, ovvero al trucco e al parrucco, ma non mi interessa. Qui non si tratta di voler apparire, bensì di essere ricordati: è il nostro ultimo messaggio per chi verrà a salutarci”. Tra le critiche che le sono state mosse, c’è quella di voler strumentalizzare la morte. “Mi accusano di voler lucrare sul dolore altrui, ma in realtà, il mio più grande guadagno sono i ‘grazie’ delle ‘mie’ famiglie, i loro messaggi dopo il rito, quando mi contattano per un caffè. Io, giorno dopo giorno, racconto semplicemente quello che accade nelle case di molte persone”. In cosa credo? “Credo tantissimo nell’energia che ci circonda. Penso che ognuno di noi creda in suo Dio, coltivando la propria fede”.