28 Settembre 2021, 19:41
4' DI LETTURA
Figlie che ammazzano la madre e che davanti alle telecamere ostentano un dolore che non provano. Un adulto che ha in consegna un bambino e che invece di custodirlo lo lancia dal balcone e poi va in pizzeria. Anaffettività, indifferenza, mancanza assoluta di sensi di colpa e di umana pietà: sono questi gli elementi che accomunano gli assassini a partire da Pietro Maso ai protagonisti dei più recenti casi di cronaca, molti dei quali giovani, se non giovanissimi.
Il quotidiano “La Stampa” ha invitato Franca Leosini ad esprimere un giudizio in proposito. Persino una come lei, abituata ad incrociare gli sguardi dei killer e a scavare nelle loro vite, non riesce a dare un’opinione assoluta e allo stesso tempo non può fare a meno di lanciare l’allarme. “In questi casi citati pare si sia talmente anestetizzata la sensibilità comune da farci trovare al cospetto di un’assoluta assenza dei valori, di vite ridotte in miseria – esordisce – Sono i nuovi mostri? Difficile dire anche questo. Innanzitutto bisogna vedere che cosa, in loro, determina l’assenza assoluta di umanità. Purtroppo sono vicende sempre più diffuse con dati sempre più allarmanti”.
“Sgomenta che i protagonisti siano in maggior parte giovani – sottolinea – È giusto allora porsi delle domande, questi giovani da dove attingono i disvalori che poi li portano a delinquere senza provare neppure dolore o pentimento? Se li prendono dalla società nella quale tutti si vive, allora la responsabilità morale di quanto hanno fatto ce la dobbiamo prendere tutti noi”.
La giornalista, che dal 1994 è al timone di “Storie Maledette”, programma che passa in rassegna i casi di cronaca che hanno fatto più scalpore in Italia, non se la sente di addossare colpe alla televisione che dà sempre più spazio a omicidi e crimini. Allo stesso tempo, però, parlarne in maniera diversa e più dura potrebbe servire da monito.
“La troppa disinvoltura potrebbe dare loro alcuni spunti, ma non credo sia la strada giusta – sentenzia – La cronaca ha i suoi diritti che non si possono cancellare. Casomai restituire un segno di maggiore condanna, far comprendere ai ragazzi che guardano la tv che agire così equivale a rovinarsi la vita per sempre”.
La Leosini assolve le famiglie di provenienza: “Ho visto ragazzi responsabili di gesti atroci venire da famiglie che hanno percorsi limpidi. Casomai parlerei di amicizie e frequentazioni sbagliate. Quando si è giovani si è anche facilmente suggestionabili. Non è una storia da ascriversi solo all’oggi, va da Pietro Maso e Corrado Ferioli, giovani che ammazzano i genitori senza provare sensi di colpa. Troppo facile rifugiarsi nella malattia mentale”.
“Esiste una trasmissione dei geni, ma sarebbe troppo facile agganciarcisi – aggiunge – La scienza lo prevede, ma darei un’importanza relativa se si crede come me nel libero arbitrio. Quando il gesto omicida si accompagna alla freddezza e alla capacità di esibizionismo, allora l’allarme è maggiore perché significa che le radici affondano in un terreno malato. I giovani che trasmettono questo comportamento creano un allarme sociale”.
Franca Leosini tornerà in onda, quest’autunno, su Rai3 con una trasmissione nuova di zecca dal titolo “Che fine ha fatto baby Jane”. “Qui indago sul terzo atto della vita di un individuo che ha ucciso e che ha scontato la pena – anticipa – Mi interessa scoprire qual è il loro destino e che cosa possono ancora dare alla società. In che misura vengono riaccolti e qual è la loro nuova realtà umana. In questa serie, il primo caso che prendo in esame è proprio quello di un figlio che ha ammazzato la madre. Mi pongo nell’ottica della comprensione. Mi chiedo quale guasto abbia potuto portare dalla quotidianità al gesto estremo. I protagonisti scendono con me nell’inferno del loro passato per rintracciare il momento che ha stravolto la loro vita”.
Spesso ad armare la mano dei giovani contro i genitori è un interesse economico ma secondo la giornalista è sbagliato incolpare la società di promuovere standard di vita elevati per raggiungere i quali si è disposti a tutto, persino a sopprimere chi ha il nostro stesso sangue. “Seguendo questo ragionamento, ognuno di noi potrebbe essere candidato al delitto. La colpa casomai è di chi fa un uso distorto degli strumenti che la società mette a disposizione”, precisa la Leosini.
“Nelle mie 98 storie maledette nessuno ha mostrato mai indifferenza per quanto fatto – conclude – Se ci fosse stato un interlocutore di questo tipo non gli avrei dato modo di parlare. Io mi occupo dei guasti della vita, non dei guasti della mente. Le persone che intervisto si sono rese responsabili di gesti tremendi ma sono perfettamente consapevoli di quello che hanno fatto e del prezzo che stanno pagando”.
Pubblicato il
28 Settembre 2021, 19:41