Venerdì 20 settembre, a “Quarto Grado”, è stato trasmesso per la prima volta in tv il video dell’interrogatorio che Filippo Turetta, responsabile dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha reso nel carcere Montorio di Verona dopo la cattura in Germania e l’estradizione in Italia. Un documento esclusivo e inedito recuperato da Ilaria Mura. Era il 1° dicembre 2023 e nell’arco di sette ore, il giovane ha ricostruito il delitto proclamandosi colpevole. Gli stralci della confessione di Filippo Turetta sono stati diffusi alla vigilia del processo che lo vede imputato e che comincerà lunedì 23 settembre a Venezia. Con ogni probabilità, il giovane non sarà presente in aula alla prima udienza. L’interrogatorio di Filippo Turetta si apre con la sua confessione: “Sono responsabile. Sono colpevole”. Quindi torna con la memoria all’11 novembre 2023 e ricostruisce l’aggressione mortale avvenuta in due fasi: prima nel parcheggio sotto casa a Vigonovo (Padova) dopo aver fatto shopping in un centro commerciale di Marghera, poi nella vicina zona industriale di Fossò.
“Giulia si stava sentendo con un altro ragazzo, io avevo un bisogno vitale di lei”
“Eravamo in macchina, stavamo parlando, volevo darle un regalo – ricorda l’assassino reo confesso di Giulia Cecchettin – Un peluche piccolo, marroncino, una scimmietta mostriciattolo. Avevo uno zainetto in cui tenevo vari regali da farle. Volevo darle questo peluche e lei si è rifiutata di prenderlo. La cosa mi dava parecchio fastidio. Io continuavo a insistere, abbiamo cominciato a discutere (…) Aveva deciso che dovevamo eliminare il nostro rapporto, si stava sentendo con un altro ragazzo. Io le urlavo che non era giusto, che avevo bisogno vitale di lei, del nostro rapporto. Mi aveva promesso che non sarebbe mai più tornata insieme a me, in qualsiasi caso. Stavo male, pensavo di suicidarmi. Ha detto tipo: ‘ Sei matto, fan**lo, lasciami in pace’. Ha preso ed è uscita dalla macchina”.
Le prime coltellate nel parcheggio: “Non volevo che andasse via”
“Ero molto arrabbiato, non volevo che andasse via – spiega Filippo Turetta – Prima di uscire ho preso anche un coltello sulla tasca posteriore del sedile mio e sono uscito di corsa. Si è girata, mi ha visto che le urlavo e ha iniziato un po’ a correre, l’ho afferrata per un braccio. Aveva iniziato a urlare ‘aiuto’, poi sottraendosi alla mia presa era caduta e l’ho minacciata con il coltello. Poi le ho dato una coltellata sul braccio penso. S’è rotto il coltello, lei era per terra, l’ho presa per le spalle verso la parte superiore del torace (…) Lei si opponeva, ha sbattuto la testa per terra, le ho dato due scossoni. Volevo che stesse in silenzio, che non urlasse, che tornasse in macchina. L’ho spinta di forza sui sedili dietro, sono partito immediatamente. Non sapevo dove andare. Poi ho girato nella zona industriale di Fossò”.
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L’interrogatorio di Filippo Turetta: “Non ricordo quante coltellate ho dato a Giulia”
A Fossò avviene l’omicidio. “È uscita dalla macchina – racconta Filippo Turetta durante l’interrogatorio – ha iniziato a correre. Anche io sono sceso dalla macchina di corsa per raggiungerla e fermarla. Lei aveva iniziato anche a urlare ‘aiuto’. Io avevo preso un altro coltello (…) Ero sempre più vicino a lei, non so se io l’abbia un po’ spinta o se sia inciampata correndo, lei è caduta. Mi ero abbassato sopra di lei (…) ho iniziato a colpirla col coltello e le ho dato…non so…una decina, 12, 3, non so…comunque diversi colpi col coltello (…) Non avrei voluto colpirla, ecco, in certi punti (…) la cosa mi faceva senso, quindi ho smesso. Pensavo che non ci fosse più”.
L’occultamento del cadavere e la fuga: “Volevo suicidarmi ma non ci sono riuscito”
Da quel momento comincia la fuga di Filippo Turetta terminata dopo una settimana in Germania. “Non avrei mai pensato di farle questo – dice agli inquirenti – L’ho caricata in macchina e poi siamo partiti. Ho spento il suo cellulare, non riuscivo a trovarlo, ho provato a scuoterla, a urlarle, ma non rispondeva. Ho gettato il coltello e il suo telefono (…) Mi ero reso conto di quello che avevo fatto, volevo allontanarmi il più possibile. Avevo pensato di allontanarmi verso la montagna. Avevo cercato un luogo abbastanza isolato, sia per nascondere il corpo e per magari provare a suicidarmi. Oppure per pensare a come fare, a cosa fare e poi sono arrivato lì dove è stata trovata. Mi sono fermato in mezzo alla strada. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, anche dopo averlo legato con lo scotch ma non sono riuscito e l’ho strappato all’ultimo”.
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Filippo Turetta durante l’interrogatorio: “Ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi vivo”
“Non sono molto coraggioso, anche i giorni successivi ci provavo, ma rimandavo sempre la cosa a ore dopo, al giorno dopo – racconta Filippo Turetta – L’ho presa e ho iniziato a nasconderla (…) L’ho messa in quella zona dove è stata trovata, in quel punto, che non volevo venisse rovinato, che fosse trovato nelle migliori condizioni. Alla sera sono arrivato alla strada che portava a Salisburgo e nella notte sono arrivato a Monaco. Non ho mai dormito, ho guidato tutto il giorno (…) Sono andato poi verso Berlino, ho guidato fino a una stazione di servizio dove ho cercato notizie di quello che riguardava noi. Avevo letto delle notizie dei miei genitori che speravano di trovarmi ancora vivo. Mi sono spostato con la macchina dove ci sono gli SOS per provare a chiamare la polizia ma mentre lo stavo facendo è arrivata una macchina della polizia e gli ho detto di arrestarmi e tutto il resto dopo”.