15 Marzo 2024, 14:59
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Drupi, pseudonimo di Giampiero Anelli, si confessa in un’intervista al “Corriere della Sera” tra ricordi e aneddoti. Il cantautore pavese torna indietro con la memoria a quando faceva l’operaio. Un mestiere che non disdegnava. “Lavoravo nei cantieri – racconta – non casa per casa, intorno avevo dei bei muratori bergamaschi grandi e grossi e con certe manone callose. Cominciai a 15 anni, ero portato, è stata dura smettere. Una volta bruciai un tubo in sala caldaia, dovettero sostituire 250 metri di fili”. Di sera Drupi riponeva gli attrezzi da lavoro e imbracciava la chitarra. Tra il suo pubblico, una ragazzina che sarebbe diventata una stella della tv. “Col primo gruppo ci chiamavano Le Calamite – svela – imitavamo i Beatles, stessi capelli a caschetto. Li asciugavo a testa in giù e li schiacciavo col cappello. Eravamo bravi, ci sapevamo fare con le voci. Suonavamo al pub Demetrio di Pavia, nel pubblico — me lo ha raccontato lei — c’era una Maria De Filippi ragazzina”.
Al Paips di Milano, Drupi divideva “il palco con i Deep Purple, che ancora non erano nessuno”. Il cantautore 76enne faceva l’attrezzista del bassista di Lucio Dalla. “Un giorno ero salito sul palco a provare il microfono – racconta – Arrivò Lucio. ‘Ehi che fai? Mi porti via il lavoro?’. È stato il più bravo di tutti, musicista e poeta”. Nel 1973 Drupi approdò per la prima volta al Festival di Sanremo con il brano “Vado via” e si classificò all’ultimo posto. “Ci restai malissimo – ammette – La canzone era stata scritta per Mia Martini, io avevo inciso soltanto un provino per sentire come veniva. Poi Mimì decise di rinunciare al Festival. ‘Nun ce vojo annà’. Era un’amica, non mi ha mai spiegato perché. Rimase un buco. ‘Mandiamoci lui’, insistette Lucio Salvini, il mio discografico. Quando alla Ricordi videro la classifica finale ci fecero un mazzo tanto. Ma poi sei mesi dopo ho avuto la mia rivincita: 9 milioni di dischi venduti, è stata cantata in 26 versioni, pure dagli Abba”.
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Drupi racconta un aneddoto relativo ad un viaggio a Parigi. In hotel “Julio Iglesias girava nudo con indosso solo l’accappatoio e ogni volta che incrociava qualche vecchia americana lo apriva di scatto gridando ‘Ole!’. Io ero con lui e mi vergognavo come un cane”. A Londra invece incontrò Paul McCartney: “Mi ignorò. Vent’anni dopo l’ho rivisto a Los Angeles, mi scrisse una dedica: ‘Al quinto Beatle’. Mi sa che lo faceva con tutti”. La popolarità arrivò tardi. “Non potevo più uscire per strada, mi inseguivano dovunque – ricorda – Anche i paparazzi. Uno si appostò fuori dall’asilo di mio figlio, la maestra mi chiamò preoccupata che fosse un rapitore. Lo rincontrai in ascensore a Saint Vincent. Bloccai la cabina. Fui molto convincente”. Ma non finisce qui. “Partivano in pullman dalla Polonia per venire a vedere il giardino di casa mia – aggiunge – A un semaforo il tizio davanti a me inchiodò di colpo, saltò giù e mi chiese l’autografo”.
Drupi è legato da 51 anni a Dorina Dato. Alla moglie ha dedicato la canzone “Piccola e fragile”. “Era una mia corista – confida – Che poi fragile proprio no, ha il suo bel caratterino. Come resistiamo? Se tratti l’altro come te stesso, se lo ascolti, non è difficile”. Nessuna tentazione, assicura: “Mi ero innamorato di Dorina, non valeva la pena rovinare tutto per un’avventura”. Il cantautore ha un aneddoto anche sulla sua chioma che non taglia da tantissimo tempo: “Forse l’ultima volta avrò avuto dieci anni. Il nonno, che aveva fatto la guerra, mi raccontava dei tedeschi, scarponi pesanti e capelli rasati, il taglio corto per me divenne sinonimo di cattiveria. Non li curo troppo, crescono come la gramigna”.
Drupi spiega perché lo si vede poco in televisione: “Una mia scelta, ho detto di no tante volte, alla fine non ti chiamano più. Vado se c’è da suonare e da parlare di musica. All’Isola dei Famosi prenderei tanti pesci ma perderei la mia dignità per sempre, tutto il giorno in mutandoni a raccontarsi stron*ate, giusto se mi pagassero 3 milioni”. Tra i colleghi apprezza Francesco Gabbani. “Mahmood è bravo, ma della sua canzone a Sanremo non si capiva un’acca. Ho pensato: ‘Che audio del menga’ – confessa – L’ho scaricata e sono rimasto come prima. Le canzoni di Annalisa sono quattro accordi in croce che non mi emozionano. Massimo rispetto, eh. Le ballate di Vasco Rossi invece ti toccano il cuore. I testi di Gino Paoli: semplici, chiari”.
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15 Marzo 2024, 14:59