A 72 anni Claudio Cecchetto è ancora sulla cresta dell’onda. In un’intervista al “Corriere della Sera”, il talent scout, dj, produttore, conduttore radio e tv e ambassador della Romagna. ripercorre i tempi d’oro. Il primo ricordo è lgato a Sandy Marton: “Veniva alle feste di Radio Deejay. Alto, bello, biondo, per l’unica volta nella vita ho messo in discussione la mia virilità. Ma era solo l’ammirazione di un esteta, siamo diventati amici. Lo portai alla festa di compleanno di una ragazza, ad Avellino. ‘Fingi di essere uno della mia gang’. Le invitate urlavano il mio nome. Lo chiamai in consolle. ‘Vi presento Sandy’. ‘Ooohh’. Un attimo dopo mi avevano già dimenticato. Tornati a Milano, lo convocai in ufficio. ‘Vedo che hai un certo appeal, incidiamo un disco. Canti?’ ‘Non lo so’. ‘Suoni?’ ‘Da piccolo, il pianoforte’. ‘Bene, sei perfetto’. Mi parlava sempre di Ibiza, non sapevo manco dov’era. ‘Scrivici una canzone’”.
Il grande successo di Sandy Marton fu “People from Ibiza”, canzone uscita nel 1984. “Quando eravamo in un locale, le ragazze guardavano sempre verso di noi – continua Claudio Cecchetto – Ogni tanto mi spostavo, per vedere se gli sguardi seguivano me. Niente, gli occhi restavano puntati lì. Però dai, tanto schifo non facevo, me la cavavo”.
“A 23 anni mi prese il terrore di diventare pelato, ho fatto cure che non servivano”
Claudio Cecchetto portava i capelli lunghi. “Da ragazzino andavano di moda i capelloni, invece papà mi obbligava a tagliarli – svela – Mi dava 800 lire, ne spendevo 400 e tenevo il resto. Il barbiere lo chiamavano Mano Gialla, come il capo indiano, perché ti faceva lo scalpo. A un certo punto non ci sono più andato. I capelli sono cresciuti ed è cambiato tutto, improvvisamente piacevo anch’io. Ho sempre avuto la paranoia di perderli, a 23 anni mi prese il terrore di diventare pelato, ho fatto cure che non servivano”. Non era portato per il canto ma ammette: “Fino ai 13 anni ero il cocco della maestra di canto, poi di colpo mi cambiò la voce. Ero contentissimo di sembrare più uomo, lei invece piangeva, ero diventato un cagnaccio. Ma mi ha portato bene. I miei amici dj incidevano dischi, io non potevo, però questo mi ha fatto venire l’idea del ‘Gioca jouer’ e direi che è andata meglio a me”.
” In Italia, dopo l’inno di Mameli, c’è il ‘Gioca jouer’”
Claudio Cecchetto torna al periodo in cui prese il diploma e il padre gli regalò un’auto: “Volevo una Fulvia HF usata ma papà si oppose: ‘Troppo sportiva’, mi regalò una 500 blu. La prima notte restai sveglio a controllare dal balcone che non me la rubassero. Costò 595 mila lire, 300 euro. Una volta mi imboscai con una ragazza, per non mettere i giornali sui vetri mi infilai in una radura, tra i cespugli. I rametti graffiarono tutta la carrozzeria, era zigrinata”. “Dopo il diploma – ricorda ancora – ho studiato ‘Scienza delle preparazioni alimentari’. A casa osservavo i cibi al microscopio. ‘Quando l’avete comprata la bistecca? Sicuri che non è stata ricongelata?’ Mamma sbuffava: ‘Sei diventato un gran rompiscatole’”.
“Poi mi presero in Rai per ‘Discoring’, 5 mesi dopo ero a Sanremo 1980 – aggiunge -. Gianni Ravera mi fa: ‘Ti va di presentare il Festival?’. ‘Come no. Però mi tolga una curiosità: perché ha scelto me?’. ‘Perché parli veloce, così mi ci entra un cantante in più’”. “A Sanremo 1981 ho portato il Gioca jouer’: ‘One-two three/Dormire/Salutare/ Autostop/ Starnuto…’. È stato il primo rap italiano. Mi fermavano per strada: ‘Sì, ma io preferisco i Led Zeppelin’. ‘Embé? Pure io’. In Italia, dopo l’inno di Mameli, c’è il ‘Gioca jouer’. Scherzo eh”.
“Jovanotti lo sento spesso, è il padrino di mio figlio Jody, si vogliono un casino di bene”
Claudio Cecchetto svela di avere avuto un flirt con Sabrina Salerno: “Era seduta davanti alla mia scrivania. ‘La ragazza vorrebbe fare la cantante’, mi spiegò l’agente. Un attimo dopo attaccò a cantare, sfrontata e decisa, come fosse la più brava al mondo. Quando girammo il video di Boys, in piscina, con la maglietta bagnata, gli operatori si incantavano. ‘Ehi tu, guarda in macchina per favore!’”. Poi aggiunge: “Insomma, per un piccolo periodo ci siamo compresi… Ci vogliamo ancora bene”. E Jovanotti? “Il mio collaboratore mi disse: ‘È una pertica che non vale nulla’. Ma quando vidi la registrazione feci un salto. Lo chiamai con voce da boss: ‘È l’occasione della vita, vieni con me’. Bluffavo. Ma lui, intimorito, accettò. Lo sento spesso, è il padrino di mio figlio Jody, si vogliono un casino di bene”.
“Fiorello invece arrivò a Radio Deejay perché gli avevano detto che c’erano tante ragazze, mica per me continua – Andammo a cena, fu il mattatore. Gli dissi: ‘Licenziati e lavora con noi, fai l’animatore di un villaggio, diventerai quello dell’ltalia’”. “A volte mi arrabbiavo però – sottolinea – se le cose non venivano fatte bene. Fabio Volo dopo mi ringraziava e io me la prendevo ancora di più. Era solo per spronarli, mai per umiliarli. Li trattavo da subito come star”.
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“Il più libero di tutti è Rosario Fiorello, talmente bravo che non bada alla convenienza”
Claudio Cecchetto ha lanciato anche Leonardo Pieraccioni e Amadeus: “Pieraccioni era il primo comico che nella vita non era triste. ‘Sono un caz*one’. Mi raccontò che da piccolo, in mare, recitava da solo fingendo di essere in tv. Me lo presentò Carlo Conti, generoso: invece di proporsi, mi segnalò l’amico. Ad Amadeus invece cambiai il nome, lo presi dalla canzone di Falco, Amedeo non funzionava. Non voleva, poi si è arreso, ormai lo chiama così pure sua madre. Gli diedi appuntamento in hotel, dopo le prove del Festivalbar. Tornai dopo ore e lo trovai ad aspettarmi con il sorriso. ‘Eccomi, sono qua’. Mi raccontò di aver affittato casa a Milano, invece ogni mattina prendeva il treno delle 5 da Verona”.
In merito alla scelta del presentatore di lasciare la Rai dice: “Ha scelto la libertà, ci sta, magari è un rischio, ma dopo cinque Sanremo forse aveva voglia di cambiare. Il più libero di tutti è Rosario Fiorello, talmente bravo che fa quello che vuole, non bada alla convenienza, se lo può permettere”. Poi svela: “Di Francesco Facchinetti dicevano ‘È il nuovo Jovanotti, il nuovo Amadeus, il nuovo Fiorello’. Sbagliato, lui è il nuovo me, ha l’indole del talent scout”.
“Max Pezzali? Preferisco parlare di Mauro Repetto, i testi esagerati degli 883 li scriveva lui”
Come già accaduto in passato, anche questa volta Claudio Cecchetto non ha parole di stima per Max Pezzali. “La gratitudine per lui è un optional – ribadisce -. Di tutti i miei è stato il più irriconoscente, in questo almeno è il numero 1. Preferisco parlare di Mauro Repetto, i testi esagerati degli 883 li scriveva lui, l’altro cantava. Gli consigliai di ballare sul palco ‘così attiri l’attenzione del pubblico’. Era fondamentale”. “Con Max io non ho fatto nessuna guerra – aggiunge – mi sono difeso. La riconoscenza è sintomo di intelligenza. Non bisogna avere paura di ammettere che il tuo successo è dipeso da un altro, vieni apprezzato di più”. Poi parla di se stesso e spiega: “Come un allenatore, gioco in attacco, in porta e in difesa e sono felice se il mio bomber segna”.
“Alla festa per i miei 60 anni mi sono commosso – ammette infine –. Credevo di andare in pizzeria con moglie e figli, ci ho trovato Jovanotti, Fiorello e Gerry Scotti, per la prima volta sono rimasto senza parole”. “Vengo da Ceggia, un paesino, e ho avuto più di quanto avrei mai creduto. Come dice Lorenzo, sono un ragazzo fortunato”, conclude.