24 Gennaio 2023, 13:28
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Claudia Koll concede un’intervista al quotidiano “La Repubblica” e racconta dei suoi esordi come attrice e della sua nuova vita dedicata ai più deboli. Quando si parla dei suoi esordi e del film con Tinto Brass l’attrice si irrigidisce: si tratta di un periodo della sua vita e della sua carriera che l’attrice ha rinnegato in un percorso che l’ha avvicinata alla fede e alla missione di aiutare gli altri. Dei suoi trascorsi sul grande schermo svela: “Ho deciso di fare l’attrice guardando la tv con mia nonna, da ragazzina. Era cieca, io le descrivevo quello che accadeva mentre gli attori non parlavano. Lei mi spiegava le parole difficili dei dialoghi. Mi appassionai ai film, alle storie, all’umanità dei personaggi. La decisione l’ho poi maturata dopo la fine delle superiori”. E sulle interviste che riguardano il suo passato sbotta e dice: “A dire il vero quello che mi dispiace è che le interviste siano diventate copioni nei quali sono invitata a interpretare sempre la stessa parte e con le stesse battute. Preferirei parlare di quello che non mi viene mai chiesto, di quello che rifarei”.
Claudia Koll non rinnega tutta la sua carriera e spiega: “Ricordo con gioia l’aver potuto lavorare con attrici e attori della grande tradizione italiana come Nino Manfredi, Anna Proclemer… e poi le esperienze con Susan Stransberg e Geraldine Baron dell’Actor’s Studio di New York. Inoltre ricordo con emozione la tournee teatrale de “Il prigioniero della seconda strada” con la regia di Attilio Corsini”. Ma ci sono anche ruoli che ha rifiutato e spiega il perché: “Io sono un’attrice che vive quello che interpreta. Se vado a interpretare un personaggio negativo, attivo in me delle parti negative. E allora dico di no. Avevo superato il primo provino de ‘L’avvocato del diavolo’ con Al Pacino (avrei dovuto sospendere le riprese di ‘Linda e il brigadiere’ se fossi andata in America per il film). Ho rifiutato”.
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Quando è cambiata radicalmente la vita di Claudia Koll? “È stato un percorso iniziato nel 2000 – racconta – che si è rafforzato durante un viaggio in Africa, nel quale sono stata testimonial delle Missioni Salesiane. Ero lì con una troupe: regista, parrucchiere, truccatore… Dovevo registrare dei video. In un villaggio ho visto un ragazzino che portava un bimbo piccolo in braccio: aveva gli occhi chiusi a causa di un’infezione. Non avevano acqua per aprirglieli. Ho preso un fazzolettino imbevuto, gli ho aperto gli occhi. E lui li ha aperti a me. Ora vivo a Roma e abito nella casa di famiglia dove sono cresciuta con i miei figli affidatari. Natanaele, di 6 anni. E Jean Marie, che ha 25 anni. Entrambi mi chiamano ‘mamma’”. E del figlio maggiore svela: “Jean Marie ha scelto di restare con me anche dopo la scadenza naturale dell’affidamento. Quando è arrivato aveva sedici anni e problemi di salute. Oggi lavora. Il nostro è stato un rapporto che si è sviluppato nel tempo e ha richiesto un percorso importante da parte di entrambi. Ora abbiamo raggiunto una profonda familiarità e naturalezza”.
La nuova vita di Claudia Koll si divide tra i figli, la preghiera e il servizio per gli altri. “La mattina mi alzo e, se possibile, prego. Quando Natanaele si sveglia con me, invece, mi occupo di lui e lo accompagno a scuola. Dopo vado a messa e mi fermo mezz’ora per l’Adorazione Eucaristica. Lunedì e il giovedì mattina svolgo un servizio di ascolto per le persone povere. Gli altri giorni della settimana accompagno il bambino a fare le terapie. Poi lavoro (insegna recitazione e dizione, ndr). Infine, dopo aver letto la rassegna stampa, recito il Rosario e vado a letto”. Le persone a lei vicine sono i figli Jean Marie e Natanaele, Abeba (la fidanzata di Jean Marie), la sorella e la sua famiglia, e i volontari dell’Associazione Le Opere del Padre. E alla domanda su qualcosa di frivolo che ama risponde: “I detersivi profumati. Quando sono in macchina mi piace ascoltare le trasmissioni di musica jazz. E Radio Vaticana. Non mi manca nulla – conclude – quello che faccio mi appassiona. Vorrei soltanto avere più tempo”.
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24 Gennaio 2023, 13:28