Arriva oggi su Netflix la docuserie “Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio” diretta da Gianluca Neri e scritta da Carlo G. Gabardini, Gianluca Neri ed Elena Grillone. Dopo circa dieci anni dalla condanna all’ergastolo di Massimo Giuseppe Bossetti, l’uomo torna a parlare e a dichiarare la sua innocenza. Nella serie parla anche un’altra protagonista della vicenda: Marita Comi, moglie di Bossetti, che da anni non rilascia interviste sulla vicenda. La storia di Yara Gambirasio è quella di una ragazzina di appena 13 anni che esce di casa per andare in palestra e trova la morte. I fatti risalgono al 26 novembre 2010, a Brembate Sopra, Bergamo. Dopo la scomparsa di Yara Gambirasio, i genitori sporgono denuncia e lanciano appelli, ma della ragazzina non si saprà niente per tre mesi fino a quando un uomo per caso non si imbatterà nel suo corpo riverso in un campo abbandonato a Chignolo d’Isola, a circa 10 chilometri dal suo paese.
Il caso di Yara Gambirasio arriva su Netflix, l’importanza delle prove forensi
Dopo il ritrovamento del corpo della ragazzina sono state dispiegate tutte le tecnologie disponibili in quegli anni per risalire all’identità dell’autore dell’efferato delitto. Il caso ebbe una grandissima eco mediatica. Le prove forensi, inclusi i DNA trovati sugli abiti di Yara, giocarono un ruolo cruciale nell’identificare il suo assassino. Nel giugno 2014, Massimo Giuseppe Bossetti, operaio edile, fu arrestato e accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. Il DNA dell’uomo corrispondeva a quello trovato sugli abiti e sugli slip della piccola. L’uomo è stato condannato all’ergastolo nel luglio 2016. L’indagine è stata notevole per l’uso estensivo delle prove del DNA e dei metodi genealogici, che hanno coinvolto il test di migliaia di individui nel tentativo di trovare una corrispondenza con il DNA trovato sulla scena del crimine. Tra i riscontri anche le immagini di un video diffuso dai carabinieri in cui un furgone di Massimo Giuseppe Bossetti passa spesso attorno alla palestra dove si trovava Yara.
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L’avvocato di Massimo Giuseppe Bossetti ha definito il film pieno di errori e incongruenze
Il caso di Yara Gambirasio rimane un esempio significativo dell’uso della scienza forense nelle indagini criminali e ha avuto un profondo impatto sulla comunità e sull’Italia nel suo insieme. La storia di Yara Gambirasio secondo Netflix è la storia di una squadra che ha lavorato notte e giorno per 4 anni, di uomini e donne che hanno rinunciato alla loro vita pur di dare un nome e un cognome a quell’assassino dagli occhi chiari. L’avvocato di Massimo Giuseppe Bossetti ha definito il film pieno di errori e incongruenze con la realtà dalle celle agganciate dal cellulare del suo assistito, alle ricerche pedopornografiche sul suo computer. Malgrado le sentenze, Massimo Bossetti non ha mai smesso di proclamarsi innocente. Nel 2021, dal carcere ha anche partecipato a un concorso letterario e ha vinto un premio di 100 euro.
Il lavoro di documentazione per la realizzazione della serie è iniziato già nel 2017 basato su uno studio rigoroso e approfondito di tutti i 60 faldoni dei documenti che compongono l’inchiesta. Migliaia di ore di materiale video visionato, sintetizzato in 118 minuti complessivi di reperti.
Tra gli audio nella serie anche la mamma che chiama Yara: “Ho tanto freddo senza di te…”
Massimo Giuseppe Bossetti per la prima volta appare in video dal carcere. Parla ma non aggiunge nulla che non abbia già detto in passato. Si dichiara ostinatamente innocente senza riuscire a spiegare le “coincidenze” che lo incastrano. La straordinarietà del caso deriva dai passaggi che hanno portato all’identificazione dell’assassino. A cominciare dalla compatibilità di Massimo Giuseppe Bossetti con il DNA chiamato Ignoto 1 che viene accertata dopo aver scoperto che quel profilo genetico corrisponde al figlio biologico di un padre che l’ha avuto fuori dal matrimonio. Un elemento che l’uomo prova a far passare quasi come un elemento di ingiustizia. “Ma che motivo aveva la pm di dirmi che non ero figlio di mio padre?”, dichiarerà. Migliaia i prelievi di DNA in provincia di Bergamo e non. Una trovata che per la difesa non ha valore se poi non è possibile ripetere una verifica sul DNA con una perizia durante il processo. Peccato che il “match” tra Massimo Giuseppe Bossetti e Ignoto 1 ci sia stato e che l’uomo sia davvero figlio illegittimo dell’autista di Gorno morto nel 1999.
Tra gli audio inseriti nella serie anche quello della moglie dell’operaio di Mapello al telefono disperata quando polizia e carabinieri entrano in casa la prima volta. “Mi sequestrano la casa, devo fare le valigie…”, dice. La serie propone anche l’audio delle telefonate della mamma al cellulare spento della figlia: “Ho tanto freddo senza di te…”. “Ci chiediamo quanto abbia sofferto…quanto sia rimasta cosciente”, dice il papà Fulvio Gambirasio dopo il ritrovamento.