La Cantantessa a cuore aperto
- Dopo sei anni di assenza, il ritorno sulle scene con l’album “Volevo fare la rockstar”
- “Nel 1974, quando sono nata, sognare non era un delitto”
- “Oggi siamo anime in carriera e trattiamo le persone come fossero dispositivi elettronici”
Si intitola “Volevo fare la rockstar” l’album che segna il ritorno sulle scene di Carmen Consoli dopo sei anni di assenza. Anni trascorsi tra la sua Catania e la residenza estiva a Punta Lazzo, sull’Etna. Anni durante i quali non ha mai perso di vista la coerenza e soprattutto i suoi desideri. Il suo sogno da bambina era diventare una rockstar. Detto fatto. La Cantantessa ne parla in un’intervista a cuore aperto a “FQMagazine”.
“Andavo dalle suore e sognavo un palco tutto per me”
“Sono cresciuta ‘contaminata’ da papà siciliano e mamma veneta, una contaminazione che spesso si riversava nelle grandi tavolate – ricorda – Unione perfetta delle due regioni che alla fine tanto diverse non erano: eravamo sempre festosi, ci piaceva pranzare insieme, si parlava di cibo mentre si mangiava (…) Io volevo fare la rockstar ma nel frattempo soffrivo, in quel periodo, perché a scuola tentavano di correggere il mio essere mancina.
Era novembre, c’era caldo in Sicilia e la merenda si faceva alle 10:15 nel cortile delle Suore Orsoline in via Roma 14 e lì sognavo ad occhi chiusi. Volevo un palco per me con una chitarra vera, le luci colorate e chissà perché avevo associato all’idea anche la gomma da masticare famosissima rosa con la quale si facevano delle bolle enormi. Immaginavo che l’America fosse tutta grande enorme e bellissima. Così ho recuperato un piccolo microfono, una lampadina, un cavetto elettrico, ne ho ricavato un impiantivo e ho messo uno starter che dava effetto luci a intermittenza. Così mi mettevo sul tavolo della cucina e sognavo di fare la rockstar”.
“Nell’anno in cui sono nata sognare non era un crimine”
Carmen Consoli si ritiene fortunata per essere nata in un’epoca in cui il sogno non era qualcosa da ostacolare ma da incentivate. “Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di sognatori – spiega – Nel 1974, sono nata in quell’anno, il sogno non era un crimine, non era un delitto. Ci si prendeva il tempo per sognare. Il mio sogno sarebbe diventato un desiderio e poi un progetto. I miei mi chiedevano cosa volessi fare, poi mi hanno spiegato che in mezzo ci sarebbe stato un percorso: ‘Ma se sai già cosa vuoi essere e ciò ti fa sentire a tuo agio, allora lotta per questo, procurati i mezzi per raggiungere il tuo sogno’. Io ho imparato che il sogno è un progetto, se al sogno seguono una serie di azioni e di atti che ti portano a realizzare il tuo desiderio”.
“Ai miei tempi si dava ragione al cuore”
“Esistono delle interviste, realizzate negli Anni 70 e 80, fatte ad alcuni studenti universitari dove era emerso che il narcisismo emergeva al 30% mentre l’empatia al 70% – sottolinea – Oggi i parametri si sono capovolti. Ai miei tempi si dava ragione al cuore. I medici – che oggi non hanno senso perché sono tutti laureati in medicina grazie al Web – dicevano che nel fegato risiede il coraggio che per noi risiede nel cuore, la scienza diceva che l’intelligenza risiede nel cervello per noi è nel cuore. Allora quando si apre il cuore e si accetta cosa siamo, si vive per conseguire un sogno. Sporgersi, a volte, è necessario, bisogna sfidare la paura delle vertigini”.
“Trattiamo le persone come fossero dispositivi elettronici”
“Noi siamo anime in carriera perché ormai è talmente importante l’idea della prestazione, del profitto a tutti i costi, del raggiungimento di un tenore di vita alto, legato più che altro al Pil che non consideriamo più come valore extra-sociale quello della felicità e dell’amore – sentenzia – Su questi punti nessun Governo ha investito. Trattiamo le persone come fossero dispositivi elettronici. È come fossimo in aggiornamento continuo.
Sicuramente ci hanno messo addosso un microchip (ride, ndr). Non abbiamo più tempo per sognare e per raggiungere quello che vogliamo. Io devo raggiungere ciò che gli altri si aspettano che raggiunga. Il resto non ha importanza. Il filo del discorso bisogna riprenderlo perché i nodi vengono al pettine: noi abbiamo dimenticato, per essere così al passo coi tempi, i nostri desideri più profondi. Propongo di fermarci un attimo e fare le cose che ci piacciono con passione, tanto impegno e un pizzico di felicità”.
Tra i suoi sogni nel cassetto c’è il ritorno sul palco dell’Ariston. “Sanremo è sempre nei miei piani, amo cantare con quell’orchestra – confessa – L’unico problema è avere la canzone giusta per quel palco”.