Beatrice Venezi, 34 anni, è una delle poche direttrici d’orchestra donna in Italia. Nata a Lucca ha studiato pianoforte e direzione d’orchestra presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Il 6 ottobre ha presentato a Firenze il suo libro su Giacomo Puccini dal titolo “Puccini contro tutti. Arie, fughe e capricci di un genio anticonformista”, pubblicato da Utet per celebrare il centenario della morte del compositore lucchese. L’incontro si è tenuto all’Hotel Villa Medici di Firenze alla presenza di un centinaio di persone. Come riporta “La Repubblica” il direttore d’orchestra, come lei preferisce farsi chiamare, ha dichiarato: “Firenze è una città che mi piacerebbe frequentare di più anche sul piano lavorativo, invece la mia ultima presenza qui risale a diversi anni fa”.
“Puccini era un toscanaccio da ‘Amici miei’, un genio politicamente scorretto”
Beatrice Venezi è ritenuta una figura di punta tra gli intellettuali della destra al governo ed è stata recentemente accusata da Maria Rosaria Boccia di profittare della sua posizione di consulente del ministero della Cultura per trarne un surplus di benefici professionali ed economici. Nel corso della presentazione spiega: “Puccini era un toscanaccio da ‘Amici miei’, un genio politicamente scorretto che in quest’epoca di conformismo verrebbe messo in carcere per le cose che scriveva, anche nelle lettere”.”È autore di opere rapide che seguono il ritmo del secolo breve – aggiunge – una velocità di narrazione che anticipa il cinema. Puccini aveva tante debolezze e tanti difetti che però ce lo rendono umano, vicino a noi. Eppure a lungo è stato considerato troppo semplice. Musica da sartine. Al punto che alla Scala è stato, di fatto, estromesso sia durante la gestione Abbado sia durante quella di Muti”.
Beatrice Venezi: “Come fare a giudicare con le lenti di oggi chi, è nato e cresciuto durante il regime”
Il direttore d’orchestra parla poi della “Turandot” rimasta incompiuta sul letto di morte: “Puccini, modernissimo, vi intravede la violenza che allora stava cominciando a pervadere la società. Il coro esprime la schizofrenia tipica del nostro tempo: un momento è folla brutale, quello successivo, all’improvviso, mostra empatia”. Poi svela: “Puccini si iscrisse al partito fascista, ma della politica si disinteressava. Infatti l”Inno a Roma’, che ho diretto l’anno scorso suscitando tante, inutili polemiche, non è affatto legato al regime. Puccini lo compose nel 1919 per celebrare la fine della Grande Guerra. Poi fu assunto dal Msi come colonna sonora dei comizi – ma, d’altronde, la sinistra non ha usato Califano per i suoi? La mia scelta di eseguire l”Inno’ voleva essere una provocazione culturale, senza alcuna connotazione ideologica, così da far sorgere nella gente la domanda: una certa opera appartiene a chi la scrive o a chi se ne appropria?”.
Beatrice Venezi parte dall’arte per parlare di politica: “Come fare a giudicare con le lenti di oggi chi, nato e cresciuto durante il regime, e conoscendo solo quel mondo, a un certo punto ha scelto di volerlo difendere partecipando all’esperienza di Salò? Mi pare un atteggiamento umanamente molto comprensibile. Il mio riferimento, in questo senso, è il libro ‘A cercar la bella morte’ di Carlo Mazzantini”.
“Guai se una donna di cultura cura troppo il proprio aspetto. A questa ideologia mi ribello”
Il direttore d’orchestra affronta anche il tema delle donne che ricoprono un ruolo come il suo: “Difficile nel nostro Paese essere accettata come donna leader. Una difficoltà che invece non ho trovato in una società iper maschilista come quella giapponese, dove forse mi accolgono senza batter ciglio in quanto artista e in quanto straniera. Il fatto è che, da noi, il pensiero unico di un certo femminismo ha preteso che una donna, se vuole ottenere certi incarichi, non debba troppo ostentare il suo esser donna, rinunciando perfino alla maternità”. Poi aggiunge: “L’artista impegnata non deve concentrarsi sull’apparire. Anzi, deve proprio mostrarsi trasandata. Guai se una donna di cultura cura troppo il proprio aspetto. Ma a questa ideologia mi ribello. E, per fortuna, anche le giovani generazioni hanno superato tali pregiudizi”.
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“Con il Maestro Muti abbiamo grande rispetto reciproco”
Dal pubblico qualcuno le chiede cosa ne pensa di Fedez: “A parte il cattivo gusto nell’estetica – ammette – non credo che possa essere definito musicista uno che senza l’autotune non riesce a cantare”. E del Maestro Muti? “Abbiamo grande rispetto reciproco. Ha speso per me parole belle, con molta onestà intellettuale; e non è usuale nei miei confronti. Le sue lezioni su Verdi trasmesse in tv, pur se molto tecniche, sono interessanti anche per un pubblico di neofiti. Tuttavia il mio approccio alla divulgazione è diverso. Più pop, così da poter portare tutti a bordo”. Infine, Beatrice Venezi racconta di aver collaborato due anni fa a un libro scolastico di educazione musicale.
“Un progetto innovativo, con video lezioni e podcast di ascolti guidati. Ma non basta. Ho incontrato il ministro Valditara perché è urgente cambiare la metodologia d’insegnamento della musica alle medie”. “Mi auguro che presto il ministero istituisca una task force: via il flauto, e molto, molto canto corale”, conclude.