18 Gennaio 2024, 10:36
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Anna Mazzamauro, o come la conoscono tutti la signorina Silvani, racconta del suo rapporto con il personaggio che le ha dato la popolarità. La signorina Silvani era il sogno proibito del ragionier Fantozzi e l’attrice, a distanza di molti anni, la porta sul palco nel suo ultimo spettacolo teatrale, “Come è umano lei, caro Fantozzi”. In un’intervista rilasciata a “Today”, Anna Mazzamauro parla del suo rapporto con Paolo Villaggio, e dei pregiudizi sul suo aspetto fisico con cui ha sempre dovuto fare i conti.
L’attrice definisce “conflittuale” il suo rapporto con la signorina Silvani. “Se avessi aspettato il teatro per avere popolarità – spiega – non mi sarebbero bastati trecento anni e non me lo potevo permettere. Sono grata alla Silvani, a Paolo Villaggio, a tutto quel mondo per avermi dato la popolarità, ma questo mi ha allontanato da Medea, il personaggio che tutte le attrici che iniziano a teatro considerano il punto di arrivo. Il mio punto di arrivo non poteva essere parlare con Giasone e dirgli: ‘Giasone, lei è una merd****a schifosa’. In questo senso la odio, ma la amo perché altrimenti oggi non mi fermerebbero per strada per chiedermi un selfie e non verrebbero nemmeno a teatro”.
L’attrice parla del suo ultimo spettacolo teatrale, inspirato proprio a Fantozzi e ai suoi personaggi. “In scena siamo in tanti. C’è Paolo Villaggio, Fantozzi, Anna, la Silvani, Filini, la signora Pina, Mariangela. Racconto quel mondo fantozziano, ma più che altro villaggiano. Quando parliamo di Villaggio inevitabilmente si parla solo di Fantozzi, ma Paolo è stato un grande in tutti i sensi“. Poi spiega la scelta del titolo “Come è umano lei, caro Fantozzi”: “Ho centellinato parola per parola. ‘Come è umano’ sarebbe bastato per fare riferimento al modo di parlare di Fantozzi verso i potenti, ‘ancora’ rappresenta l’eternità del personaggio. ‘Caro’ perché vive tra noi”.
Di Paolo Villaggio conserva un ricordo bello e affettuoso. “Lui era umano, anzi umanissimo. Aveva un grande rispetto per gli attori. Era sempre disponibile a ripetere le scene, veniva nella mia roulotte per ripassare e non chiedeva a me di andare nella sua. Però c’era sempre questa parete bianca tra me e lui, soprattutto all’inizio che non ero nessuno, avevo un fermo nei suoi confronti”. Poi sottolinea: “Non siamo mai stati amici, solo ottimi colleghi. Era rispettoso, intelligente, straordinario in tutto. Poi nella vita, fuori dal set, uno fa quello che gli pare”.
Anna Mazzamauro ammette di non avere nostalgia di quegli anni: “Mi mancano gli anni della mia giovinezza, questo sì, ma non gli anni di Fantozzi e di quel tipo di clima. Adesso posso essere relativamente serena e pensare che qualcosa ho combinato, ma allora, soprattutto all’inizio di quella saga, nessuno di noi supponeva che sarebbe diventata una pagina importante per il cinema italiano. Si prospetta un successo, si desidera, ma non se ne ha la certezza. Ero così incerta del mio futuro in quel periodo, ero rabbiosa perché non si concretizzava quello che desideravo. Distrattamente, anche se con attenzione professionale, facevo il cinema nonostante non avessi mai ambito a farlo. Ambivo a fare Medea, non Rebecca la prima moglie o Via col vento. Nessuna nostalgia, soltanto della mia giovinezza”.
L’attrice rimpiange la giovinezza, però ammette di avere un vita bellissima: “Mi piace talmente tanto vivere, sono così felice. Usiamolo questo termine. Sono felice, ho una figlia meravigliosa, un lavoro che funziona, una casa bella. Non vedo perché poi debba sottostare ai voleri della morte, della natura, e rinunciare a tutto questo. Mi sembra di aver vissuto inutilmente. Tutte le rabbie, le gioie, le fantasie, i sogni, gli odi, gli amori. Puff, se ne vanno. Inutile discutere su questo, perché tanto non c’è niente da fare, però mi fa rabbia”.
Quando le chiedono se abbia mai pensato a qualche ritocchino, lei risponde: “Per carità! Ho voglia di giovinezza ma ho anche voglia di affrontare la natura intelligentemente. Non posso contrastarla tagliando, tirando, distorcendo… Mamma mia! Diventa ridicolo. Vedo delle mie ex compagne di scuola che hanno la mia età e sembrano delle cinquantenni. Penso che vivono male. La donna oggi deve avere le gambe attaccate ai lobi delle orecchie, il sedere attaccato alla nuca, le attrici si devono ritoccare il naso, gonfiare le labbra, tendere all’eterna giovinezza. Che caz***a paurosa”.
Riguardo alla bellezza atipica della signorina Silvani racconta: “Mi è capitato di vedere sul web un’immagine della Silvani, sotto c’era scritto ‘Potrai fare quello che ti pare ma non sarai mai sexy come la signorina Silvani’. Questo mi riempie di gioia perché vuol dire che il personaggio è azzeccato, ma soprattutto significa che la donna atipica può vincere. Forse in questo senso ho dato un valore in più alle donne atipiche. Non brutte, perché brutta significa sporca e volgare, ma atipiche. Ho dato loro la possibilità di introdursi nel mondo femminile”.
Anna Mazzamauro ammette di aver dovuto subire parecchi pregiudizi. “C’è una grande ipocrisia – afferma -. Una volta sono stata ospite di una trasmissione, ma non faccio nomi. In studio trovo una scritta enorme alle mie spalle, ‘L’elogio della bruttezza’. Ero seduta con questa scritta dietro di me. Ma porca miseria! Sei una giornalista che fa evidentemente finta di essere dalla parte delle donne – non tu eh, ma questa che mi ospitava – che quando va in televisione racconta delle vittorie delle donne, e poi mi ospiti e scrivi in grande che sono l’elogio della bruttezza? Bruttezza? Tu sei brutta, perché sei scema”. Poi aggiunge: “Volevo mandarla a quel paese in diretta e andarmene. Sono rimasta perché ho rispetto del pubblico. Dopo le ho scritto un messaggio che se lo ricorderà a vita. L’ho bloccata. Le scrissi che non doveva neanche rispondermi perché non mi avrebbe fatto piacere. Sono passati anni ma ho ancora questa piccola cicatrice dentro di me”.
L’attrice ammette con amarezza di aver dovuto lottare contro i pregiudizi estetici. “Ho dovuto sempre combattere, ma ormai dico gioiosamente, perché in fondo questa atipicità è stata la mia vittoria. Sono stata capace di trasformarla in qualcosa di vincente, altrimenti non sarebbe esistita la signorina Silvani, odiandola e amandola, come ho detto prima, ma soprattutto dandole un significato preciso, ovvero che ognuno è come gli pare. Tutti hanno una caratteristica. Perché lottare per diventare altro?”.
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La commedia italiana degli anni ’80 e ’90 era impregnata di una cultura maschilista, ma l’attrice spiega come Paolo Villaggio fosse diverso. “Osservava la donna con ironia e intelligenza – svela -. Questo modo di fare la commedia all’italiana in quegli anni era coinvolgente, sì, ma poco arguto. Ho lavorato molto, purtroppo e fortunatamente, con Lino Banfi, in teatro e in televisione. Abbiamo fatto insieme due spettacoli, una serie televisiva tanti anni fa, di Maurizio Costanzo, ma quando lui oggi parla della sua carriera ama parlare di Edwige Fenech e non mi nomina mai”. E aggiunge: “Questo è sintomatico. Gli fa più piacere aver lavorato con una gran figa che con una grande attrice. Permettimi”.
Riguardo ai progetti per il futuro dice: “Vorrei fare ancora Medea, anche se adesso potrei fare la nonna di Medea che osserva il suo passato. Scherzi a parte, sto già scrivendo lo spettacolo per il prossimo anno. È un modo per abbattere quella che gli altri chiamano vecchiaia e che io chiamo prolungamento della giovinezza”. “Avere progetti è un’esortazione che faccio a tutti, qualsiasi sia la professione. Anche fare la madre a tempo pieno è una professione importantissima. È l’unico modo per restare vivi e giovani. Pensiamo a cosa faremo noi domani, senza fermarci davanti al televisore per guardare i progetti degli altri. Mai fermarsi”, conclude.
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18 Gennaio 2024, 10:36