29 Agosto 2024, 10:29
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L’amiloidosi è la malattia che ha colpito Oliviero Toscani. I sintomi e le terapie ci sono nonostante si tratti di una patologia rara. Il celebre fotografo ne ha parlato in un’intervista rilasciata alla giornalista Elvira Serra del “Corriere della Sera” dove ha dichiarato: “Ho l’amiloidosi. In pratica le proteine si depositano su certi punti vitali e bloccano il corpo. E si muore. Non c’è cura”. Ma a quanto pare non è proprio così. Non si tratterebbe di una malattia incurabile, come ha chiarito Michele Emdin, docente alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore del dipartimento cardiotoracico della Fondazione Monasterio intervistato dal “Quotidiano Nazionale”. Il medico è anche il cardiologo personale del fotografo e dopo aver letto l’intervista ha voluto chiarire alcuni aspetti. “Dopo avere letto la sua intervista – dice – gli ho scritto un messaggio per ricordargli che se l’amiloidosi è una patologia faticosa per ogni paziente, si può curare e lui si sta curando con grande forza”.
“La ricerca scientifica ha fatto grandi progressi e continua a farne aiutando così a dare risposte cliniche sempre più efficaci”, aggiunge il medico.
Il medico ha voluto spiegare lo stato d’animo del suo paziente, ma anche chiarire alcuni aspetti scientifici. “Le sue battute sono lucide, provocatorie e affilate come rasoi perché lui è sempre stato così – spiega Michele Emdin -. Ma non tolgono nulla alla determinazione con la quale Oliviero si sottopone alle cure. Oltre alla terapia tradizionale con farmaci regolarmente reperibili in commercio per stabilizzare la proteina ‘malata’ e frenare la malattia lui ha scelto di aderire, parallelamente, anche a un programma per testare l’efficacia di un farmaco che si trova ancora nella fase sperimentale”. Il messaggio è chiaro: “L’amiloidosi non è una malattia incurabile, anzi ci sono già efficaci terapie per curarla. E il nostro centro della Fondazione Monasterio, a Pisa, è un riferimento internazionale per la cura di questa patologia che non è rara come si riteneva in passato, ma diffusa tra chi ha oltre 70 anni”. Inoltre sottolinea che “la ricerca scientifica è fondamentale per dare risposte cliniche efficaci con diagnosi precoci”.
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Ma di cosa si tratta e quali sono i sintomi? “Le amiloidosi sono un gruppo di malattie causate dal deposito tissutale, principalmente extracellulare, di proteine misfolded (mal ripiegate), che si aggregano in fibrille insolubili, costituendo la cosiddetta sostanza amiloide. Sono malattie sistemiche e coinvolgono molti organi e tessuti. L’interessamento del cuore definisce l’amiloidosi cardiaca, che può manifestarsi clinicamente con i segni e i sintomi dello scompenso cardiaco e/o con alterazioni del ritmo. Il coinvolgimento cardiaco è legato nella maggior parte di casi a due tipi di amiloidosi, quella da catene leggere delle immunoglobuline (AL) e quella da transtiretina, la stessa di cui soffre Toscani”. Ma ci sono le cure e sono efficaci. “Per quanto in entrambe le forme di amiloidosi – continua Michele Emdin – sia necessaria una terapia di supporto cardiologico diretta a trattarne le manifestazioni cardiache e in particolare lo scompenso”
“Il trattamento eziologico dell’amiloidosi cardiaca è molto diverso a seconda della patologia – spiega ancora il cardiologo -. Per quella da transtiretina sono in fase di studio numerose molecole in grado di arrestare in diversi punti il processo di deposizione del materiale amiloide, così da rendere sempre più efficaci le terapie di cura”.
Una malattia rara e subdola, quella che ha colpito Olivieri Toscani. Si conoscono oltre trenta tipi diversi di amiloidosi, che possono colpire diversi organi del nostro organismo. Il successo della terapia dipende dalla precocità e dall’accuratezza della diagnosi che non è semplice. I sintomi più frequenti sono l’ingrossamento della lingua o un particolare tipo di macchie intorno agli occhi. Un campanello d’allarme è la perdita di peso involontaria e problemi cardiaci, così come è successo a Oliviero Toscani. Ma anche difficoltà gastrointestinali o problemi renali. La diagnosi viene normalmente fatta tramite esami del sangue e delle urine e una biopsia tissutale, esaminando un piccolo campione di tessuto al microscopio per la presenza di depositi di proteine amiloidi.
L’incidenza è bassissima: circa una persona ogni 100mila. In Italia esiste una rete di centri di riferimento cui rivolgersi. Il più accreditato è quello della Fondazione IRCCS San Matteo di Pavia, attivo dal 1986, dove si svolgono le sperimentazioni cliniche dei nuovi farmaci per arginare l’avanzare della patologia e allungare la vita del paziente.
Foto copertina da Instagram Elvira Serra
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29 Agosto 2024, 10:29