Oggi pomeriggio, a Labico, nella campagna laziale, Alberto Matano si unirà civilmente con il compagno, l’avvocato cassazionista Riccardo Mannino. La cerimonia si svolgerà nel resort dello chef Antonello Colonna, lo stesso dove nel 2019 si unirono civilmente Eva Grimaldi e Imma Battaglia. Per anni l’ex mezzobusto del Tg1 ha tenuto il compagno lontano dai riflettori. Sette mesi fa, il coming out durante una puntata de “La Vita in Diretta” dopo lo stop al ddl Zan in Senato. A poche ore dal sì, Alberto Matano si confessa a cuore in un’intervista rilasciata a Walter Veltroni per il “Corriere della Sera” e parla per la prima volta del suo promesso sposo.
“Oggi celebreremo un amore che merita un vestito formale”
“Sono quindici anni che stiamo insieme – confida – Durante una cena, un paio di mesi fa, Mara (Venier, ndr.), la nostra amica del cuore che oggi celebrerà, ha detto che sarebbe stato bello che noi ci sposassimo. Riccardo ha subito detto di sì. Era euforico. Io anche ero contento. Poi, nel fine settimana, sono entrato in crisi. Ho pensato a tutto quello che ci circondava, alla dimensione esterna di qualcosa che ci riguardava così privatamente. La sera, a casa, abbiamo parlato, abbiamo discusso, ci siamo accapigliati, ci siamo abbracciati e abbiamo deciso che sì, era la cosa giusta da fare. Oggi celebreremo un amore che merita un vestito formale”.
“Ho sofferto il bullismo, mi isolavano e mi prendevano in giro”
Il giornalista ripercorre la sua infanzia e la sua adolescenza a Catanzaro. Se i primi anni della sua vita furono sereni, lo stesso non si può dire per i successivi. “Attorno ai 14 anni mi sono accorto con dolore che non crescevo – racconta – I miei amici erano almeno venti centimetri più di me. E allora la mia stanza si chiuse a chiave, come un riparo dal mondo. Perché fuori mi sembrava che le cose andassero a rovescio. Ho sofferto il bullismo. Mi isolavano dai giochi, mi prendevano in giro, mi sentivo ai margini della vita. Ma ho combattuto, non mi sono piegato. Mi sono detto che ce la dovevo fare. Ho trovato la forza e tutto quello che di buono mi sta accadendo è figlio di quella volontà di non subire. In terza liceo, dopo un’estate, sono cresciuto e sono diventato come sono ora”.
“La mia stabilità è stata una persona, non un’identità”
“All’inizio ho avuto una vita eterosessuale, avevo successo con le ragazze – svela – A 24 anni ho interrotto una storia d’amore. Capivo che dentro di me c’era altro, che dovevo esplorarmi, capirmi. Per dieci anni sono stato irrequieto. Cercavo un’appartenenza, anche esasperata. Pensavo che questo mi desse sicurezza. Qualcuno ci riesce. A me invece un’identità chiusa stava stretta. Una mia amica psicoterapeuta un giorno mi ha parlato del continuum psicosessuale come di un punto dove ciascuno di noi si può trovare, che non è mai uguale a quello di un altro. Poi è arrivato Riccardo e tutto, nella mia vita, si è stabilizzato. La mia stabilità è stata una persona, non un’identità”.
“Ero uno spirito libero, nella mia stanza c’era il mondo intero”
“Per me, in ogni campo, i recinti sono l’antitesi della libertà – spiega – Ho capito negli anni che le persone hanno bisogno, per rassicurare sé stesse, di dare te o anche di assegnare a sé stessi una categoria, una casella, un’appartenenza, sessuale, politica, anche sul lavoro. Tutto questo rassicura, ma è fragile. Nell’adolescenza dovevo uscire da un ambiente chiuso, opprimente. Detestavo gli stereotipi, ero uno spirito libero. Nella mia stanza c’era il mondo intero”.
“Per i miei genitori, Riccardo è il quarto figlio”
Matano torna indietro con la memoria alla sera in cui decise di condividere con i genitori il suo travaglio interiore: “Sono tornato a casa, ho spento la televisione che stavano vedendo e gli ho detto che volevo parlargli. I mei fratelli sapevano ed erano solidali. Quella sera è stata la chiave di risoluzione della mia vita. La svolta della mia vita emotiva interiore è stata proprio quando ho raccontato a loro come stavano le cose. Per loro non è stato semplice, nelle prime ore, accettare tutto questo, lo capisco. Poi da quel momento sono stati sempre al mio fianco, sempre accoglienti, solidali. Ora Riccardo viene vissuto come il quarto figlio. Oggi due cose mi fanno davvero felice: lo sguardo di Riccardo e la partecipazione serena dei miei genitori a questo momento”.
“Io e Riccardo siamo due anime che si sono cercate e trovate”
Il giornalista è colpito dall’ondata di affetto che lo ha travolto in questi giorni. “Non percepisco attorno alla scelta mia e di Riccardo nessuno stupore, nessuna morbosità – dice – Siamo travolti dall’affetto di persone che capiscono che siamo due anime che si sono cercate e trovate. Due persone che si amano. Tutto qui. Ed è bello. Ti racconto questo. L’altro ieri sera mia madre ha ricevuto una telefonata da una sua vecchia amica, militante sindacale come lei, che le ha detto: ‘Sono molto colpita perché tuo figlio, con questo gesto, sta continuando le nostre battaglie’. La sua commozione e la mia mi hanno detto che tutto quello che ho fatto nella mia vita, anche questa scelta, è frutto del clima respirato dentro quella famiglia, del rifugio sicuro che ho avuto, dell’esempio avuto a da loro che sono due persone perbene, semplici, sane, aperte e anche coraggiose”.
I dettagli delle nozze
Oggi pomeriggio a Labico, nel resort di Antonello Colonna, nel cuore dei Castelli Romani, sono attesi 200 invitati tra cui Francesca Barra e il marito Claudio Santamaria e Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro. Dopo il sì, per sposi e invitati ci sarà l’aperitivo tra i campi di grano e a seguire la cena stellata. Il menu sarà “al buio”, nel senso che neanche Alberto Matano e Riccardo Mannino lo conoscono. “Gli sposi mi hanno lasciato carta bianca – ha raccontato Antonello Colonna al quotidiano “La Repubblica” – Sarò libero di esprimermi come chef. Ma molti invitati li conosciamo già, frequentano il resort e conosciamo i loro gusti”. Antonello Colonna ha un curriculum di tutto rispetto. Nel 1991 cucinò per David Bowie, mentre nel 2000 curò e realizzò il pranzo che l’allora premier Giuliano Amato offrì alla regina d’Inghilterra Elisabetta II. Danilo Giovannoli, sindaco di Labico, si è detto orgoglioso di ospitare questo evento nel Comune da lui amministrato. “Porterò i saluti e la fascia (tricolore, ndr.) a Mara Venier – ha detto al quotidiano “La Repubblica” – Sarò alla cerimonia prenderò un aperitivo e andrò via. Ho degli impegni politici da rispettare”.