Che fine ha fatto il piccolo Andrea della serie “Licia dolce Licia”? Il bambino che lo interpretava si chiama Valerio Floriani. Dopo la prima stagione ne sono seguite altre due, anch’esse fortunatissime, “Teneramente Licia” e “Balliamo e cantiamo con Licia”. Quel bambino oggi ha 43 anni e dopo 30 tutti lo associano ancora a quel bambino dai riccioli biondi. In un’intervista rilasciata a “Fanpage.it”, Valerio Floriani ha raccontato come quell’esperienza ha cambiato la sua vita. Quando ha iniziato a interpretare Andrea in “Licia dolce Licia” aveva 5 anni e oggi racconta come ha ottenuto quel ruolo. “Andavo all’asilo ma non mi trovavo bene. Piangevo, piangevo, piangevo così i miei genitori decisero di cambiare asilo – ricorda – Il caso volle che lì registrassero una puntata in cui c’era una sorta di concerto dei ‘Bee Hive’. Erano presenti i produttori, incluso Cip Barcellini. Io lo chiamo destino. Chiesero alla mia maestra di potermi parlare. Mi domandarono se mi piacessero i cartoni animati e se conoscessi Cristina D’Avena. Chi non la conosceva ai tempi? Mi dissero: ‘Ti piacerebbe lavorare con lei?’. Lasciarono il numero alla maestra che lo passò ai miei. Mi invitarono a fare il provino o meglio una chiacchierata davanti alle telecamere. Mi chiesero se mi sarebbe piaciuto lavorare con Cristina D’Avena e da lì fui catapultato nella serie”.
L’attore racconta come ha conquistato il ruolo di Andrea in “Licia dolce Licia”
“Quando iniziai a frequentare la scuola elementare a Monza ero già diventato famoso – ricorda ancora Valerio Floriani – quindi entravo dieci minuti dopo e uscivo dieci minuti prima rispetto agli altri bambini, altrimenti si creava un putiferio. Alle 12:30 passava a prendermi una macchina della produzione. A bordo c’erano l’autista e mia nonna. I miei lavoravano. Mi accompagnavano a Cologno Monzese dove c’erano gli studi e lì trascorrevo tutta la giornata, dalle 13:30 alle 19:30. Magari erano un paio d’ore di registrazione, il resto trucco e parrucco”. Per l’attore sono ricordi felici: “Per me era un parco giochi colorato, tutti volevano giocare con me. Mi vestivano, mi truccavano, mi passavano il piegaciglia. La truccatrice e la sarta mi facevano fare i compiti. Nel tardo pomeriggio arrivavano i fan a chiederci gli autografi. Io non sapevo scrivere, facevo le X. Inoltre, ricevevo sacchi pieni di lettere. Chi mi scriveva aveva tra i 10 e i 15 anni. Dicevano di volermi conoscere, mi regalavano valanghe di peluche. Però non è stato tutto rose e fiori”.
“Non potevo fare tante cose -ammette – Non potevo uscire, andare a giocare a calcio o al cinema. Quelle poche volte in cui andavo a fare la spesa con i miei genitori si bloccava l’intero supermercato perché le persone mi riconoscevano. Riuscivo a giocare solo con i miei compagni di classe, che non vedevano la differenza tra l’amico e il bambino che stava in televisione. Mi hanno riconosciuto fino a 14, 15 anni”.
“Con Mirko, Pasquale Finicielli, mi sento ancora, è uno di famiglia”
Di Cristina D’Avena ricorda: “ Era una ragazza d’oro. Ai tempi era una giovane ventenne. Mi considerava il suo fratellino e anch’io mi sentivo tale con lei. Abbiamo lavorato insieme per quattro anni. Sono cresciuto accanto a lei passando da cinque anni a nove. Ci siamo persi di vista. L’ho incontrata una volta a ‘Meteore’. Ogni tanto mi scambiavo qualche messaggio con la sorella Clarissa. Cristina è l’unica tra noi che è andata avanti, quindi immagino abbia altri impegni”. Nella serie, Andrea era il fratellino di Mirko interpretato da Pasquale Finicelli. “Lo sento ancora – rivela -. Mia nonna, che come dicevo mi accompagnava sul set, era di Roma e lui napoletano. Si era creato un legame tra loro. Pensa che è venuto anche all’inaugurazione del bar di mia nonna, è una persona di famiglia”.
La sua carriera è finita a 10 anni. “Mi sono chiesto se volessi continuare a recitare – racconta-, ma ci tenevo a frequentare le scuole superiori. Nel frattempo c’è stato un buco, non ci sono più stati format italiani, dominavano quelli americani come ‘Beverly Hills 90210’ o ‘Melrose Place’. Quando hanno ricominciato a proporre serie italiane ero già su altri lidi. Probabilmente non sono riuscito a rimanere nel giro talmente tanto da superare “l’invasione americana” dei format. È un mondo crudo. Quando sei fuori dal giro, fai fatica a rientrare. Se io dico di no, ce ne sono altri venti pronti a dire di sì”.
“Con quei soldi mi sono laureato alla Bocconi, un’università privata”
Dei guadagni accumulati in quegli anni d’oro Valerio Floriani racconta: “Siamo andati in vacanza, ma il resto lo abbiamo tenuto da parte per future esigenze. Se provieni da una famiglia semplice, non sperperi i soldi. Mi sono laureato alla Bocconi, un’università privata che ha un suo costo e me la sono pagata con quei soldi. Intendiamoci, non erano cifre per cui dici: ‘Non lavorerò mai più nella vita’, ma sicuramente erano tanti soldi, nonostante non lavorassi tutti i giorni. Su quattro anni di durata totale, in realtà ho lavorato circa un anno e 9 mesi. Erano contratti ‘a chiamata’. Le riprese di una stagione duravano quattro mesi e io lavoravo 40 giorni. A 5 anni, lavorando 7 giorni al mese, guadagnavo il doppio dello stipendio di un impiegato. I miei genitori, due impiegati appunto, mi hanno raccontato: “Noi guadagnavamo più o meno la metà di quello che tu guadagnavi in quel mese’”.
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“Oggi sono dirigente. Ho il ruolo di HR Director, direttore delle Risorse Umane”
La notorietà è durata parecchio, anche dopo la serie. “Ricordo le prime uscite con la ragazzina di allora, non ero più in TV ma al cinema mi riconoscevano – svela – Crescere in una famiglia estranea al mondo dello spettacolo credo mi abbia aiutato a soffrirne meno e a gestirla correttamente. Con il tempo, poi, ho completamente cambiato registro, mi sono visto più incline a una carriera meno patinata ma che dà più soddisfazioni. Quell’esperienza resta una parte importante della mia vita. Devo dire che non guardo tanto la TV. Non so bene che programmi trasmettano, però mi piacerebbe fare ‘L’isola dei famosi’, ma non mi chiamano mai”. Dopo l’esperienza televisiva Valerio Floriani ha cambiato vita. “Mi sono laureato in Economia, organizzazione aziendale e change management alla Bocconi nel 2005. Sono dirigente. Ho il ruolo di HR Director, direttore delle Risorse Umane. Sono arrivato a questo ruolo dopo circa 15 anni in aziende di consulenza internazionali. Ho girato mezzo mondo – Mosca, Rio de Janeiro, l’America, l’Europa, l’Africa – per clienti di tutti i tipi e grandi gruppi italiani. Mi piace quando mi scrivono gli ex fan di Licia dolce Licia perché sento di aver lasciato un bel ricordo”.
“Nostalgia di quei tempi? Un po’ mi mancano, mi piaceva essere su un palco, avere l’affetto del pubblico – conclude – Ricordo un concerto dei ‘Bee Hive’ a cui ero presente. Fu una serata incredibile. Ci scortarono fuori, non perché ci fosse un pericolo ma per il troppo affetto delle persone nei nostri confronti. Tornai a casa con la canottiera strappata, non capivo più niente. Dovemmo uscire perché altrimenti la gente non andava via. Mi fa tenerezza pensare che ci siano ancora persone che ci guardano e ricordano con piacere”.