Bruno Vespa compie 80 anni e fa un bilancio della sua vita e della sua carriera in un’intervista al “Corriere della Sera”, ma di ritirarsi dalla professione non ci pensa ancora. “Il giornalismo si fa con la testa – esordisce – che ancora funziona bene. Il ritiro lo deciderà il mio editore di riferimento: il Padreterno. L’editore è il Parlamento. Ma anche alla Bbc, in Francia o in Spagna i dirigenti non li porta la cicogna”. “Come mi definisco? Né rancoroso, né vendicativo – afferma – non ho mai agevolato una persona a danno di un’altra, Non ho rimpianti ma sono convinto che, se fossi stato di sinistra, la mia carriera sarebbe stata più agevole. Per esempio, non avrebbero ridimensionato o cercato di chiudere ‘Porta a Porta’”.
Poi racconta: “Nel 1992, da direttore del Tg1, fui il primo a dare la notizia dell’avviso di garanzia a Craxi. La notizia era nell’aria, lo chiamai per chiedergli una conferma, lui iniziò a urlare al telefono che era una mascalzonata. Gli risposi, bluffando, che stava per scriverlo l’Ansa. Poco dopo richiama: ‘L’Ansa non scrive nulla!’. Tg3 e Tg2 tacquero. Diedi la notizia e l’Ansa mi venne dietro, citando il Tg1. Per fortuna la notizia era vera”.
“Mai partecipato a riunioni politiche e mai incontrato in privato un solo esponente politico”
“Non mi definisco né di destra né di sinistra, sono un moderato. E se mi chiede che cosa s’intende per moderato le rispondo che sono decenni che mio figlio Alessandro ogni volta mi chiede per chi ho votato. Non l’ha mai scoperto”. Di lui dicono che sia il consulente occulto di Giorgia Meloni per la comunicazione. “È ridicolo anche solo pensarlo – sottolinea -. Nella Prima repubblica, al contrario di tantissimi altri colleghi, non ho mai partecipato a riunioni politiche e mai incontrato in privato un solo esponente politico. Tranne una volta, Giulio Andreotti. Volevano impormi al Tg1 la nomina di una caporedattrice di scarso valore dicendo che la voleva il presidente del Consiglio. Andai a Palazzo Chigi per chiedergli se era vero, Andreotti non ne sapeva nulla”.
Poi racconta un aneddoto: “Nel 1972, governo Andreotti-Malagodi, congresso del Partito liberale. Malagodi arriva prestissimo e dice alla mia regista di non inquadrare le minoranze. Intervengo io: ‘Onorevole, quando mi assumerà lei, faremo come dice lei. Nel frattempo…’. Venne fuori un servizio con tantissimo spazio per le minoranze. Ebbi poi un forte contrasto col Quirinale all’insaputa del povero Leone e poi ci fu la lite con Mariano Rumor, che poverino non c’entrava nulla: arrivato a Fiumicino, il suo portavoce venne con delle domande scritte. Mi tolsi dall’inquadratura, montai le risposte di Rumor e uscì fuori una schifezza che non aveva capo né coda. Lo stesso Rumor si scusò. Ma fino al ’76 non mi affidarono mai servizi sulla Dc”.
“Papà rappresentante di medicinali, mamma maestra elementare”
Bruno Vespa fa un passo indietro e ricorda i suoi genitori: “Papà rappresentante di medicinali, mamma maestra elementare. Si sposarono il 24 luglio 1943. Con gran tempismo, direi. Il viaggio di nozze durò un giorno, il tempo di andare e tornare da Rivisondoli. L’albergo era stato bombardato. I miei genitori votavano per la Dc”. Attorno a Bruno Vespa c’è una diceria che lui trova divertente: la detenzione di Mussolini a Campo Imperatore alimenta la storia secondo cui sarebbe figlio del Duce. “Non tornano i conti – spiega lui divertito -. Mia madre andò a insegnare ad Assergi, ultimo paese prima della funivia per Campo Imperatore, dove avevano mandato Mussolini, solo nel 1949. Quando ‘papà’ era già morto da qualche anno. Questa storia mi fa sorridere. A mio fratello Stefano, invece, questa cosa lo faceva imbestialire”. Poi aggiunge: “Della mia infanzia ricordo che non sono mai andato all’asilo o alla scuola materna. Direttamente alle elementari, a 5 anni”.
“Nel 1968 ho partecipato al concorso in Rai e mi classificai primo”
“In Rai ho iniziato a lavorare il primo settembre 1962 – raccontaBruno Vespa ricordando gli esordi – facevo servizi per la Radio regionale. L’Aquila credo abbia il tasso di consumo di musica classica più alto al mondo per numero di abitanti, da lì passavano tutti i più grandi, che ho intervistato: Rubinstein, Benedetti Michelangeli, Rostropovic… Quando venne Svjatoslav Richter, era la sua prima volta in Occidente, scomparve poco prima del concerto. Iniziarono a urlare che l’aveva preso la Cia; lo trovammo incantato di fronte alla facciata rinascimentale della Basilica di San Bernardino. Prima ancora, a sedici anni, avevo iniziato a fare corrispondenze dall’Aquila per il Tempo. Nel 1968 ho partecipato al concorso in Rai e mi classificai primo. Ero talmente spaesato che a Piazzale Clodio chiesi a un passante dove fosse viale Mazzini. Con me c’erano Paolo Frajese, Angela Buttiglione, Bruno Pizzul, Nuccio Fava”.
“Mi assegnarono al telegiornale – ricorda -. Alla prima telecronaca, alla regata delle Repubbliche marinare di Pisa, Tito Stagno mi accompagnò perché non si fidavano a mandare da solo uno così giovane. Mi insegnò due cose: quando sei seduto metti la giacca sotto il sedere; e poi, dai mance laute ai camerieri perché da te se lo aspettano”.
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“Aldo Moro sembrava senza materia, dopo il sequestro pensai come avessero osato toccarlo”
Bruno Vespa ricorda il suo primo incontro con Aldo Moro: “Era il congresso Dc del 1976 gli dissi: ‘Lei è un grande mediatore’. Lui mi gelò: ‘Io non sono un mediatore, io rappresento posizioni politiche’. Mi sembrava fosse senza materia, te ne rendevi conto dandogli la mano. Quando mi dissero di correre in onda perché l’avevano sequestrato le Br, la prima cosa che pensai fu come avessero osato toccarlo”. Di Enrico Berlinguer raccontò i funerali. “Feci la prima diretta tv da Botteghe Oscure per un comitato centrale del Partito comunista. Intervistare Berlinguer era affascinante: padronanza assoluta di linguaggio, mai una contestazione a una domanda, mai un appunto. Solo che non faceva interviste in diretta: ‘Non mi gioco la carriera politica per un aggettivo sbagliato’”, ricorda.
In seguito ci fu l’incontro con Silvio Berlusconi: “La prima volta era il 1991, a un convegno organizzato dal ministero delle Poste, io rappresentavo la Rai e Gianni Letta la Fininvest. La volta dopo lo rividi nella campagna elettorale del 1994, in una trasmissione che facevo nel pomeriggio. Tutti facevano le prime serate, io ero stato confinato là. C’era la Rai dei Professori, l’aria che cambiava, la caccia all’uomo. Come un cretino, mi ero dimesso dalla direzione del Tg1 senza paracadute”.
“Alla mia prima trasmissione politica c’erano Berlusconi, Fini, Bossi, Occhetto. Tutti”
Tutto cambia nel 1994 quando a Bruno Vespa assegnano la conduzione della diretta per le elezioni: “Mi spedirono al quartier generale di Forza Italia – ricorda – dove Berlusconi mi dette la prima intervista. Il giorno dopo i risultati, senza avvertire il direttore del Tg1 Demetrio Volcic, mi telefona Gianni Locatelli, direttore generale della Rai: ‘Bruno, in seconda serata c’è uno spettacolo di Renato Zero. Perché invece non organizzi una trasmissione politica?’ Andai da Berlusconi a via dell’Anima, che si mise una risma di fogli bianchi sulle ginocchia: ‘Vede, sto già lavorando al programma di governo!’. Vennero lui, Fini, Bossi, Occhetto, tutti. Martinazzoli annunciò in diretta che si sarebbe dimesso e non sarebbe più tornato a Roma. Ripartii da lì”.
Il giornalista racconta infine la nascita del suo programma “Porta a Porta”. “Ero a Palermo per seguire il processo Andreotti – svela -. Una sera, in albergo, vidi per caso uno spot della Rai che diceva ‘la seconda serata è… Carmen Lasorella!’. A quel punto vado dalla presidente Moratti e le dico: la Rai mi ha tolto dal Tg, dalla prima serata, da tutto. A questo punto, fate fare qualche seconda serata anche al sottoscritto. Ne diedero tre a Carmen e due a me. Sono passati ventotto anni. ‘Porta a Porta’ sta ancora là”.