Tra Massimo Segre e Cristina Seymandi è botta e risposta a distanza. Due giorni fa, il commercialista e banchiere torinese ha indirizzato una lettera al direttore de “La Stampa” in cui ha affermato tra le altre cose che “dire la verità” sulla sua ex compagna, ovvero raccontare pubblicamente dei suoi presunti tradimenti preconiugali, “non è violenza”. Massimo Segre ha anche negato di avere un ruolo nella diffusione del video girato nel giardino della sua villa che ha innescato un vero e proprio putiferio. “Ieri mattina ho potuto leggere una lettera di Massimo Segre rivolta al direttore di un quotidiano, dove, per l’ennesima volta, la mia vita e il nostro comune percorso insieme erano messe in evidenza a tutta pagina, sulla cronaca nazionale, mescolate, nell’articolo, con la pubblicità per le future iniziative imprenditoriali delle aziende del mio ex compagno (iniziative alle quali peraltro lavoravamo insieme da anni)”, scrive Cristina Seymandi in una lettera indirizzata al “Corriere della Sera” – Massimo, in quella grande, disorientante, pagina di giornale parla molto di sé stesso: sostiene che «non vi è violenza nell’affermare la verità pubblicamente», riferendosi alla decisione – quella di mettere in piazza il nostro privato – che forse ha preso, quella sera del 27 luglio, convinto dai discorsi di chi – accanto a lui – non ha mai voluto la nostra felicità, ma ha solo desiderato ‘distruggere’”.
“Massimo non perde l’occasione di sottolineare il valore materiale di quell’anello”
C’è un passaggio nella lettera inviata a “La Stampa” in cui Massimo Segre fa riferimento all’anello di zaffiro di sua madre che tre anni fa “infilai al dito di Cristina chiedendole di sposarmi e ottenendone l’assenso”. Cristina Seymandi racconta un retroscena inedito su quell’anello: “Parla, Massimo – forse con l’intento di attirarsi le simpatie di qualcuno – dell’’anello di fidanzamento di proprietà di sua mamma’, il nostro anello fidanzamento, di cui non perde l’occasione di sottolineare il valore materiale specificandone le caratteristiche, anello al quale ero affezionatissima come ad una delle mie cose più care, misteriosamente sparito (guarda caso) da casa nostra 15 giorni prima di quella tristissima serata salita agli onori delle cronache, a riprova, forse, che c’è chi la vendetta la programma minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo”. E a proposito dei presunti tradimenti di cui l’ex compagno la accusa aggiunge: “Massimo scrive, infine, che ‘l’amore dovrebbe essere una splendida esclusiva’, affermazione che mi stupisce sentir pronunciare proprio da lui… ma sulla quale preferisco non soffermarmi, perché, a differenza di Massimo, io non sento di avere alcun diritto di erigermi nel contempo a giudice e boia degli eventuali errori delle persone con le quali percorro un pezzo di vita, che siano compagni, familiari o amici, emettendo un giudizio definitivo e applicando anche la massima pena, senza peraltro neppure un minimo di contradditorio. Ebbene, se i mass-media si aspettavano mie risposte piccate, repliche inacidite o addirittura vendette, così da alimentare il gossip estivo un’uscita dopo l’altra, saranno stati delusi: le parole chiave per me sono state, nell’immediato, ‘sconcerto’ e ‘incredulità’, e, successivamente, ‘delusione’, ‘amarezza’, ‘dolore’”.
“Ci sono stati messaggi violenti, tipici di quella mascolinità tossica che ancora pervade la nostra società”
La sposa mancata si lascia poi andare ad una riflessione: “In questi giorni di enorme pressione, da donna emotivamente risolta e professionalmente affermata, mi sono trovata in molte occasioni, durante le lunghe giornate nelle quali ho cercato di ritrovare equilibrio, e anche nelle notti passate insonni, a pormi un’insistente domanda: ma se tutto ciò fosse invece capitato a una ragazza o ragazzo di 20 anni, a una giovane donna o uomo per mille motivi più fragile di me, cosa sarebbe successo…? Al netto della retorica del ‘cavaliere senza paura che prende la parola in pubblico per riportare giustizia’, quale sarebbe stato l’impatto sulla vittima destinataria della gogna mediatica? (…) Ci sono stati anche i messaggi violenti, tipici di quella mascolinità tossica che ancora pervade la nostra società: minacce, insulti, epiteti di ogni genere, offese, umiliazioni. E non sono mancate aspre critiche anche da parte di donne. Non voglio drammatizzare, ma le cronache ci raccontano di persone in difficoltà che in situazioni di questo genere possono arrivare a gesti di autolesionismo o, nei casi peggiori, a togliersi la vita, non riuscendo a reagire a una umiliazione e diffamazione pubblica sui mass-media e tramite social e web”.
CLICCA E SEGUICI SU FACEBOOK
“Questa vicenda ci insegna che la vendetta fine a sé stessa è una pessima consigliera”
Cristina Seymandi ‘infilza’ il suo promesso sposo: “Il signor Segre pone sé stesso al centro di tutta la narrazione: la sua necessità di prendere parola, le sue vere o presunte difficoltà nel forzarsi a farlo (e faccio fatica a pensarlo, visto che tutto è parso meticolosamente organizzato…), i suoi ‘valori’, le sue aziende, il suo pensiero… proseguendo con una lunga lista di ‘aggettivi possessivi al maschile singolare’. Io, sommessamente, vorrei invece allargare lo sguardo, a ciò che il mio ex compagno probabilmente, complice l’ego, non vede: chi sta attorno a noi, il destinatario dello sfogo, chi patisce, soffre, non comprende il perché di tanta umiliazione in pubblico e sul web, e alle persone a quest’ultimo collegate, come i figli, che necessariamente ne patiranno le conseguenze. Soprattutto, la consapevolezza che se c’è una cosa, tra le tante, che questa vicenda ci insegna, allora è proprio questa: che la vendetta fine a sé stessa è una pessima consigliera”.
“Ho dato il massimo in questa relazione, mi spiace non essere stata all’altezza delle sue aspettative”
“Ho letto online commenti quali ‘è un signore, è un idolo!’, e mi chiedo: se fosse capitato a voi, a vostra figlia o figlio, direste le stesse cose? – incalza l’ex collaboratrice dell’ex sindaca di Torino Chiara Appendino – Con un’ingenuità disarmante, crediamo alle parole di chi parla con tono pacato e camicia bianca elegante, senza conoscere nulla del suo passato, e per contro condanniamo per stereotipo il fatto che una donna più giovane stia con un uomo più maturo, presumendo lo faccia solo per interesse. Inoltre, se questa storia non avesse avuto i Social a contorno, si sarebbe consumata tutta in un banale chiacchiericcio cittadino: quanto accaduto sottolinea allora, una volta di più, l’impatto di questi strumenti, e la necessità di una regolamentazione più seria, come il saggio richiamo del Garante della Privacy, l’altro ieri, ci ha giustamente ricordato”. “Sono convinta di aver dato il massimo in questa relazione, e mi spiace molto, sinceramente, per il disagio che posso aver creato a Massimo Segre, se – come lui sostiene – non sono stata all’altezza delle sue aspettative come compagna, ma nel merito di questa triste vicenda – anche considerato il fatto di non aver avuto, per sua scelta, nessuna possibilità di confronto con lui, l’uomo con cui condividevo la mia quotidianità da 3 anni – non penso di aver altro da aggiungere”, conclude Cristina Seymandi.