“Se per esempio muori all’improvviso di notte, tante cose rimangono incompiute. Oggi so che ho il dovere di di comportarmi in un certo modo nei confronti delle persone, di mia moglie, delle mie figlie perché non so quanto vivrò”. Così parlava Gianluca Vialli, morto a 58 anni, nell’intervista a cuore aperto concessa ad Alessandro Cattelan e andata in onda su Netflix. Un documento eccezionale che oggi suona come una sorta di “testamento”. L’ex bomber di Sampdoria e Juventus spiega il suo rapporto con quel mostro chiamato “cancro” che nel 2017 si è impossessato del suo corpo. L’ex calciatore lo definisce “un nuovo compagno di viaggio” che lo ha portato a rivedere tutte le sue priorità.
“Ecco qual è il segreto della felicità”
Ecco l’insegnamento che Gianluca Vialli lascia alle sue figlie, Sofia e Olivia (ma non solo a loro): “Sono convinto che i nostri figli seguano il nostro esempio più che le nostre parole. Credo di avere meno tempo per essere da esempio, adesso che so che probabilmente non morirò di vecchiaia. Spero di vivere più a lungo possibile, però mi sento molto più fragile di prima e quindi ogni mio comportamento mi porta a ragionare così. In questo senso cerco di essere un esempio positivo: cerco di insegnare loro che la felicità dipende dalla prospettiva con cui guardi la vita, cerco di spiegare loro che non ti devi dare delle arie, ascoltare di più e parlare di meno. Devi cercare di migliorarti ogni giorno, ridere spesso, aiutare gli altri. Secondo me, questo è il segreto della felicità. E soprattutto cerco di fare in modo che loro abbiano l’opportunità di trovare la loro vocazione”.
“Cerco di non perdere tempo, ho paura di morire”
“Sento di avere meno tempo per poter essere un buon padre e un buon esempio per loro – prosegue – però mi rendo conto che da parte loro c’è la paura di perderti e il desiderio di dimostrarti quanto ti vogliono bene. E non parlo solo delle mie figlie ma anche di mia moglie e di tante altre persone che in questo periodo mi stanno dimostrando un affetto che quando lo dico mi commuovo. Da parte mia cerco di non perdere tempo, di dire ai miei genitori che gli voglio bene. E poi mi sono anche reso conto che non vale più la pena perdere tempo e fare delle stron**te. Fai le cose che ti piacciono, di cui sei appassionato. Il resto no! Non c’è tempo! Siamo qui per cercare di capire il senso della vita e io ti dico: ho paura di morire”.
“Io e mia moglie abbiamo deciso di dire la verità alla nostre figlie”
Vialli spiega quanto sia difficile ma anche necessario non nascondere ai propri figli la malattia: “C’è sempre il dubbio se sia giusto dirglielo e creargli l’ansia e la paura. C’ho pensato molto con mia moglie e con lei abbiamo parlato con persone che hanno più esperienza e che hanno sempre detto che se racconti delle bugie non le proteggi perché il giorno che lo scopriranno penseranno che tu non ti fidi di loro. E se tu non ti fidi di loro come faranno nella vita a fidarsi di loro stesse? Certo che gliela metti giù nel modo meno traumatico possibile, però devi essere chiaro e dire loro: ‘Papà ha il cancro, ci sono molte possibilità che stia bene, però dovrà gestire un periodo di cure, non sarà facile’. Noi abbiamo deciso di affrontarla così, di essere chiari, non dico dal primo giorno, però dopo un mese glielo abbiamo detto”.
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“Quella col cancro non la considero una battaglia, ne uscirei distrutto”
“La malattia non è esclusivamente sofferenza – conclude – Ci sono dei momenti bellissimi. Credo, e non l’ho detto io, che la vita sia per il 20% quello che ti succede e per l’80% come tu reagisci a quello che ti succede. La malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, ti può spingere anche più in là rispetto al modo magari superficiale in cui viviamo la nostra vita. La considero anche un’opportunità. Non ti dico che arrivo fino a essere grato nei confronti del cancro, però non la considero una battaglia. L’ho detto più volte. Se mi mettessi a fare la battaglia col cancro ne uscirei distrutto. Lo considero una fase della mia vita, un compagno di viaggio, che spero prima o poi si stanchi e mi dica ‘Ok, ti ho temprato. Ti ho permesso di fare un percorso, adesso sei pronto’”.