La corsa contro il tempo per salvare il campione dopo lo schianto a Imola
- Il medico del 118 era in servizio sul circuito: “Quando sono arrivato, era in coma”
- Sull’elisoccorso il cuore di Senna ha subito un rallentamento
- L’arrivo in ospedale e l’ingresso in stanza di Berger
Ventisette anni fa, a seguito di un tragico incidente durante il Gran Premio di Formula 1 di San Marino, moriva Ayrton Senna, uno dei piloti più grandi di tutti i tempi. A raccontare le ultime ore di vita del campione è oggi in un’intervista a “La Gazzetta dello Sport” il 67enne Giovanni Gordini, all’epoca responsabile del 118 di Bologna.
In quel 1° maggio 1994 era in servizio sul circuito e fu tra i primi ad assistere Senna al Tamburello. Gordini svela che, una volta arrivato sul posto, “Senna respirava ancora autonomamente ma era entrato in coma: aveva perso molto sangue dalla ferita sopra all’occhio destro, oltre ad avere una frattura alla base del collo per colpa della sospensione che si era staccata dalla sua Williams”.
“Senna non dava nessun segnale di vita”
“Le manovre di rianimazione erano già iniziate, ma lui non dava nessun segnale di vita – ricorda – Capimmo tutti subito la gravità della situazione e decidemmo di fare scendere l’elicottero in pista per portarlo all’ospedale Maggiore. Fatto quasi unico, in F1 non ricordo dinamiche simili di salvataggio. Il giorno prima Roland Ratzenberger, pilota della Simtek morto durante le qualifiche alla curva Villeneuve, era infatti stato prima portato all’ospedale del circuito”.
“Sull’elicottero il suo cuore ha subito un rallentamento
Sull’elicottero prima di raggiungere l’ospedale, le condizioni già critiche del pilota hanno registrato un peggioramento: “Senna era già stato immobilizzato, lo avevamo intubato facendogli una tracheotomia. Sull’elicottero continuava a respirare ancora con il ventilatore meccanico polmonare. Il suo cuore ha anche subito un rallentamento del battito ma siamo riusciti a farlo ripartire. Nel frattempo abbiamo allertato la dottoressa Maria Teresa Fiandri, all’epoca Primaria del reparto di Rianimazione e del 118 del Maggiore, che ha radunato tutta l’equipe medica, della quale facevo parte, per farsi trovare pronti al nostro arrivo”.
L’arrivo all’ospedale Maggiore di Bologna
Segue il racconto dell’arrivo all’ospedale Maggiore di Bologna dove il cuore del pilota della Williams si ferma alle 18.37 nel reparto di rianimazione.
“Abbiamo portato subito Senna nell’emergency room del pronto soccorso e dopo avergli abbassato la parte superiore della tuta, abbiamo controllato il livello del sangue e fatto una Tac – racconta Gordini – Lì ci sono diverse camere, noi l’abbiamo messo in quella dell’accettazione. Quindi ci siamo diretti in rianimazione all’11° piano dell’ospedale. Eravamo in 10 ad assisterlo. Dalle prime immagini abbiamo capito quanto la situazione fosse critica, la conferma l’abbiamo avuta poi con l’elettroencefalogramma: era piatto, il suo cervello non rispondeva agli stimoli elettrici”.
“L’emorragia era troppo grande e il suo cervello si è spento”
“L’emorragia era troppo grande e diffusa – prosegue – per colpa sia della lesione al lobo frontale destro che della frattura alla base del cranio. Ricevendo poco sangue, il cervello di Senna si è spento andando in quello che noi definiamo silenzio elettrico. Nonostante la grande quantità di sangue perso in pista, presentava solo un gonfiore al viso. Un effetto naturale dovuto al trauma e alle terapie di salvataggio molto aggressive che vengono fatte ai pazienti non coscienti. Il corpo rimase immutato”.
“Le abbiamo provate tutte, non c’è stato nulla da fare”
“Abbiamo instancabilmente continuato con le manovre di rianimazione – aggiunge – e fatto, con i macchinari a nostra disposizione, tutto quello che non si può fare direttamente sul luogo dell’incidente: ci siamo occupati degli accessi vascolari con delle infusioni nelle vie più stabili, cambiato la tracheotomia mettendone una più consistente, somministrato alcuni farmaci. Posso assicurarlo, le abbiamo provate tutte, ma non c’è stato nulla da fare. Con la morte celebrale di Senna e dopo che il suo cuore ha smesso di battere, ci siamo trovati di fronte a un altro arduo compito: dare l’annuncio della morte ai tantissimi presenti all’ospedale”.
L’ingresso in stanza di Berger
A colpirlo maggiormente nelle ultime ore di vita di Ayrton fu “l’ingresso in stanza di Berger”. “Mi fece impressione il fatto che è voluto a tutti i costi entrare per vedere un suo amico che stava morendo – confessa – Lui che era già stato ricoverato nella stessa camera nell’aprile 1989. Un gesto raro e pieno di significato. Io riuscii a parlarci poco, era di poche parole, rimase muto e addolorato in disparte. Non aveva voglia di conversare, sapeva già cosa sarebbe successo”.
“Dopo la morte di Senna, la F1 è cambiata”
“Da quell’incidente è cambiata la F1, soprattutto dal punto di vista della sicurezza” – conclude Gordini – Provammo a salvare Ratzenberger sabato e Senna domenica, ma non ci fu proprio nulla da fare. Una cosa però ci tengo a dirla: quel maledetto weekend del 1994, dove si infortunò seriamente anche Rubens Barrichello ha dimostrato al mondo come un sistema di emergenza deve lavorare in questi casi”.
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